Correva l’anno 1969 (e quell’anno correva davvero veloce per quanti sconvolgimenti sociali portò in buona parte dell’Europa) quando, nei mesi di gennaio e febbraio, a Santa Barbara, lungo le coste della California, una fuoriuscita di greggio provocò il più grave disastro ambientale negli Stati Uniti. Successivamente, giusto per non stare allegri, altri due eventi furono ancora più disastrosi: l’Exxon Valdez (1989) e, primo in assoluto, il Deepwater Horizon (2010). Il disastro ambientale di Santa Barbara uccise decine di migliaia di uccelli, delfini e leoni marini, sollevando per la prima volta il "problema petrolio".
Si cominciò a comprendere che è l’economia che deve adeguarsi alle regole della biodiversità, giammai il contrario.
L’anno successivo si celebrò l’Earth Day nella giornata del 22 aprile e l’egida dell’Onu arrivò nel 1971. Da allora la Giornata mondiale della Terra, che cade un mese ed un giorno dopo il solstizio di primavera (appunto, il 22 aprile) è celebrata in tutto il mondo.
La salute della Terra in mano anche ai cuochi
Tema dell'anno: Restore our Earth
Il tema di quest’anno è
“Restore our Earth”. La rinnovata attenzione degli Usa ai temi dell’ambientalismo e della sostenibilità è resa evidente dall’invito del Presidente
Joe Biden a un summit virtuale di 40 leader mondiali con l’obiettivo di pianificare
azioni più forti in favore del clima.
Illuminanti, circa il problema della
salute del nostro pianeta, le parole di
Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Si’ scritta nel 2015: “La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale”.
Parole scritte ben cinque anni prima della tempesta del Coronavirus.
Guardando al nostro Paese, potrà apparirci strano, le
condizioni volte ad assumere comportamenti responsabili e concreti da parte dei governanti ci sono. Ovviamente tutto verrebbe vanificato senza l’imponente intervento del
Recovery Fund e l’efficace partecipazione delle persone e delle imprese a questo sforzo comune.
Si tratta di investire in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Questa transizione verso l’economia green del prossimo decennio ha
impatto forte sulla filiera agroalimentare e, in funzione di essa, sulla ristorazione in accezione ampia, ovvero sull’
intero settore dell’hospitality.
Difendere il pianeta, una grande occasione
Difendere l’ambiente e affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma è la grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e quindi più capace di disegnare un futuro dove sia alta per tutti la
qualità della vita.
Si faccia caso a
quanto presente nella ristorazione, grazie a chef ben preparati, e ben propensi alla divulgazione seria e non pensata in chiave audience, sia non soltanto la
green economy ma anche l’economia circolare, il cui paradigma, nel caso di specie diviene la “cucina circolare”. Cucina circolare da intendersi non semplicemente come un modo di trattare i prodotti o di stupire i palati. Si chiama cucina circolare perché lo stesso ingrediente viene declinato in diversi modi in base ai diversi metodi di
preparazione e di cottura, così ottenendo consistenze diverse, diversi gusti ed anche diversi aspetti che traggono tutti origine dalla stessa materia prima. Un approccio ragionato quindi, al
riciclo e all’uso efficiente delle risorse. Circolarità fa rima con
qualità, efficienza e sostenibilità, ovvero con i tre fattori alla base di un’economia sana.
Il nuovo ristoratore protagonista della green economy
Questo Earth Day si celebra
pochi giorni prima della riapertura, parziale quanto si voglia, dei ristoranti. Per il bene di tutti, ma proprio tutti, ed anche per il diritto che abbiamo a fruire di spensierati momenti di convivialità a tavola, auspichiamo che, passata l’euforia (legittima, sia chiaro) del ritrovarci a tavola, assumendo per scontata la qualità di cucina e di sala e il rispetto e la pratica della nuova igiene, il
ristoratore “nuovo” al cospetto del cliente “nuovo” si rapporti come attore protagonista della transizione verso la green economy e stia concretamente attento a praticare la cucina circolare.
La green economy
attraversa tutti i settori e coinvolge tutte le filiere produttive; tuttavia assume maggiore efficacia e, sia detto, grande piacevolezza di attuazione, allorquando il punto di partenza è la
ristorazione.
Una
nuova generazione di cuochi sta crescendo avendo bene in mente che non si può andare avanti come si è allegramente fatto nel passato, quando sprecare era la consolidata e scellerata prassi quotidiana. Nulla ha capacità infinita. Nuove generazioni di clientela pongono prerequisiti alla frequentazione del ristorante, l’accorta politica di acquisti equi e sostenibili, la trasparenza, la tracciabilità. Pratiche queste, che concorrono a tutela la
salute del nostro pianeta e pertanto la salute di noi tutti. Un pianeta di riserva ancora non lo abbiamo trovato e né, per quanto è così bello questo qui, ci aggrada più di tanto andarcelo a cercare. Ce lo curiamo, ce lo coccoliamo e lo trattiamo proprio bene bene.
E oggi, con il dovuto rispetto e con grande amore, lo celebriamo, augurandogli lunga vita in piena salute.