Franceschini, ci sei o ci fai? Da mesi si cercava chi fosse nel Palazzo il
vero nemico di ristoratori e baristi, chi nell’ombra avesse tramato per addossare a loro il
falso ruolo di untori. Altro che inutili allarmismi dei virologi o il silenzio assordante del ministro della Salute
Roberto Speranza o, peggio ancora, le bugie dell’ex premier
Giuseppe Conte. Stavolta il ministro della Cultura ha finalmente gettato la maschera e ha svelato il suo vero volto: è lui il
“killer” dei pubblici esercizi. Con abilità da politico della Prima Repubblica,
Dario Franceschini era sempre riuscito a nascondere la mano dopo aver tirato il sasso. Né qualcuno avrebbe mai pensato di fare l’antica prova del guanto di paraffina al Ministro che quale titolare “anche” del Turismo avrebbe dovuto essere il difensore d’ufficio del mondo dell’accoglienza, e invece usava una P38 contro chi serve spritz o spaghetti al pomodoro.
È bastato che nel nuovo Governo il
Turismo prendesse una sua autonoma identità, con tanto di ministro ad hoc, perché Franceschini si liberasse del fardello che lo angustiava da sempre:
per lui bar e ristoranti dovrebbero stare chiusi per sempre, o quasi, perché sarebbero luoghi pericolosi. E la confessione non l’ha fatta in Chiesa o in un gruppo ristretto di amici. L’ha dichiarato pubblicamente in un’
intervista al Corriere della sera dove sembra che l’unica cosa che lo rassereni sia essersi liberato di questa
zavorra che non avrebbe mai gradito: «In questi mesi - ha dichiarato - abbiamo capito che i luoghi più pericolosi sono quelli dove ti togli la mascherina: ristoranti, bar, case private». Questa la
follia di un Ministro che senza una sola prova scientifica, anzi contro i pareri dello stesso Comitato tecnico scientifico, spara a zero nel mucchio senza che nessuno (Draghi dove sei?) lo richiami all’ordine.
Una semplice riga in cui si mettono alla berlina le
imprese che più di tutte hanno pagato prezzi altissimi e spesso senza ragione, nonostante le prove di serietà e sicurezza date in più occasioni. Un’operazione che sul piano sociale e culturale si può tranquillamente definire da
criminalità politica. Ma perché queste idiozie non le ha dette quand’era anche ministro del Turismo? Quindi per Franceschini nelle zone gialle chi frequenta un pubblico esercizio è come se entrasse nella tana del mostro Covid...
Peccato che non ci siano stati focolai accertati nei ristoranti, mentre episodi di contagi a catena ci sono stati in occasione di spettacoli, che pure per Franceschini sono invece “sicuri”. «Nei teatri e nei cinema - ha aggiunto nella sua delirante dichiarazione - già nella riapertura estiva, c’erano misure di sicurezza molto rigide che si sono rivelate efficienti: mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali».
Ma il ministro della
Cultura ha forse alzato il gomito? Non lo sa che
i protocolli di sicurezza dei ristoranti prevedono le stesse cose (mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali)
e anche di più? Se poi pensiamo che in un teatro o in cinema nessuno può controllare se per circa due ore al buio l’utente indossa o meno la mascherina, c’è da chiedersi come faccia a sedere al governo.
In un altro Paese, dopo simili dichiarazioni ci sarebbero state sollevazioni di piazza e magari le dimissioni immediate dell’improvvido ministro. Ma siamo in Italia e concludiamo con l’amaro commento del direttore generale di Fipe,
Robeto Calugi, secondo cui «lascia stupiti leggere queste dichiarazioni, in particolare da un Ministro della Repubblica. Se si applicano i protocolli previsti dal Comitato tecnico scientifico i ristoranti sono luoghi assolutamente sicuri. Basta ricordare che
furono riaperti il 18 di maggio e non ci risulta che a giugno, a luglio o ad agosto ci furono impennate dell’epidemia.
La ristorazione e i pubblici esercizi in generale meritano certamente maggior rispetto, dopo un anno drammatico come questo». E forse ha ragione Calugi, meglio fermarsi qui. Scrivere di più sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.