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Più che un gufo è un avvoltoio TheFork spenna i ristoranti

TheFork e TripAdvisor vogliono tenere sotto scacco i ristoratori. La piattaforma di prenotazioni online di proprietà del Gufo ha imposto infatti che i pagamenti avvengano tramite TheFork Pay. Un’operazione tesa a speculare sui ristoranti oggi in difficoltà, già provati dal calo drammatico di clientela per effetto della pandemia.

di Alberto Lupini
direttore
 
05 ottobre 2020 | 12:52

Più che un gufo è un avvoltoio TheFork spenna i ristoranti

TheFork e TripAdvisor vogliono tenere sotto scacco i ristoratori. La piattaforma di prenotazioni online di proprietà del Gufo ha imposto infatti che i pagamenti avvengano tramite TheFork Pay. Un’operazione tesa a speculare sui ristoranti oggi in difficoltà, già provati dal calo drammatico di clientela per effetto della pandemia.

di Alberto Lupini
direttore
05 ottobre 2020 | 12:52
 

Oggi il problema vero di bar e ristoranti sono le possibili nuove restrizioni di orario che potrebbero decidere a breve Governo e Regioni. Ma non è che sul cammino di una lenta e difficile ripresa non ci siano altre mine. Una è caricata per esplodere mercoledì 7 ottobre, giusto quando dovrebbero essere approvati i nuovi decreti anti Covid. Questa bomba però è made in Usa, anzi “made by TripAdvisor”, ed è una nuova gabella per i pubblici esercizi che utilizzano TheFork. A ben guardare, nemmeno Equitalia si è mai mostrata esosa come TheFork. Approfittando dello stato di crisi dell’intero comparto, e del fatto che le prenotazioni sono oggi quasi “obbligate” per lavorare con un minimo di garanzie, ecco che il portale controllato da TripAdvisor getta la maschera e svela il suo lato più autentico: imbrigliare i ristoranti e spremerli il più possibile. E lo fa proprio adesso che, causa Covid-19, le aziende sono più deboli, con scarsa liquidità e assenza di margini. Probabilmente pensa che sia meglio ottenere il più possibile adesso piuttosto che rischiare di perdere per strada questi “clienti-ristoranti”, visto che sul mercato si stanno organizzando nuove società pronte ad offrire anch’esse servizi di prenotazione online. Magari meno coinvolte coi pasticci e gli imbrogli sulle recensioni della casa madre TripAdvisor...

Più che un gufo è un avvoltoio TheFork spenna i ristoranti

La reazione arrabbiata di centinaia di ristoratori è più che comprensibile. TheFork ha infatti introdotto un nuovo costo: il versamento di commissioni sui pagamenti che i clienti-consumatori dovrebbero fare online col cellulare, ma al portale e non al locale dove pranzano. Un salasso inaccettabile per molti gestori. TheFork ha tentato il colpaccio perché si sentiva forte e in grado di fare digerire anche “TheFork Pay”, il suo nuovo sistema di pagamento con un’app sul cellulare del cliente. Questo perché forse pensava di contare sul sostegno e l’appoggio di alcune importanti associazioni di categoria, con le quali ha rapporti commerciali o di partnership, dalla Fipe a Confesercenti, da Identità Golose ad Apci e Guida Michelin.

Ma forse non aveva considerato che, tolto un comprensibile interesse a favorire l’ammodernamento del sistema, non tutte le federazioni avrebbe potuto sostenere il gruppo TripAdvisor in un’operazione tesa a speculare sui ristoranti oggi in difficoltà. E infatti, proprio la più importante associazione nazionale, la Fipe, è scesa in campo denunciando come “balzelli insostenibili” e “assolutamente irricevibili” le richieste di TheFork. E che lo abbia fatto per bocca del vicepresidente Aldo Cursano, il dirigente che più di tutti si era speso per cercare di migliorare e rendere più corrette le pratiche del gruppo TripAdvisor, la dice lunga sul livello - altissimo - di irritazione della Fipe. Al punto che la federazione si è già attivata per avviare azioni legali a tutela dei soci.

Più che un gufo è un avvoltoio TheFork spenna i ristoranti

Ma qual è realmente la questione? Pur incassando i canoni pagati mensilmente dai locali che usano il suo software di prenotazione (da 49 a 90 euro al mese) e la media di 2 euro per ogni coperto prenotato e poi confermato (spesso con sconti o offerte), TheFork vuole ora guadagnare anche sul pagamento che il cliente potrebbe fare attraverso il cellulare. Al di là delle clausole contrattuali, ciò che stupisce è come TheFork abbia deciso in autonomia di sostituirsi alle banche nel gestire i sistemi di pagamento imponendo ciò al ristorante. Mentre fino ad oggi il pagamento del cliente viene infatti incassato direttamente dal ristorante (in contanti o tramite Pos), dal 7 ottobre la società americana vorrebbe incamerare direttamente i soldi del conto e solo dopo qualche giorno, dopo essersi trattenuta una commissione media del 3% (molto di più di quanto un locale paga per gestire carte di credito o bancomat), girare l’incasso al ristorante.

Nel presentare TheFork Pay a giugno, il portale Usa spiegava ai ristoratori che ci sarebbero stati vantaggi con questo sistema, ma i “Partner di TheFork” si sono accorti che così non è. Il portale insiste molto sulla convenienza di adottare questo sistema, ma in verità a guadagnarci (sulla liquidità che si trattiene e sulla commissione) è solo TheFork che sostiene per parte sua che così il locale risparmierebbe anche sui costi del Pos. Una bugia colossale visto che il Pos è obbligatorio per legge e ogni ristorante deve averlo, anche perché, per fortuna, solo una minoranza dei consumatori utilizzerebbe TheFork Pay.

Più che un gufo è un avvoltoio TheFork spenna i ristoranti

C’è poi la pretesa di giustificare questa novità col fatto che il gestore risparmierebbe tempo (quello per incassare) dedicandolo alla sala. Quasi che il contatto col cliente, anche in sede di pagamento, non sia un’occasione preziosa per confermare rapporti o acquisire informazioni poi utili al gestore. Non dimentichiamo infatti che oggi più che mai avere dettagli sui clienti, per realizzare una rubrica a cui inviare eventuali proposte, è fondamentale. E non a caso TheFork vorrebbe sottrarre questo rapporto al gestore, così da poterlo condizionare sempre di più.

C’è poi un’ultima cosa da non dimenticare. Forse la più importante, ed è quella sorta di ricatto morale, subdolo, che ha finora fatto la fortuna di TheFork: dietro il portale c’è TripAdvisor (oggi alleato con la guida Michelin). Chi paga per usufruire del servizio di prenotazione (che tanti altri portali oggi possono offrire) ha la quasi matematica certezza di non essere penalizzato nelle ricerche su TripAdvisor. È questo l’ulteriore elemento negativo del gruppo TripAdvisor, che anche con questi strumenti di fatto cerca di gestire un mercato violando la libera concorrenza, falsata da recensione tarocche e da classifiche farlocche. Oggi poi, col calo drammatico di clientela per effetto della pandemia, tutto diventa più difficile. E il portale americano, novello Dracula, cerca di approfittarsene. E lo potrà fare finché non ci sarà una società italiana capace di bonificare il mercato offrendo servizi di prenotazione a prezzi corretti, o magari anche in forma gratuita grazie ad accordi con il sistema bancario o con Nexi (la società che gestisce i Pos). Sarebbe il vero salto di qualità che serve al comparto e che libererebbe il mondo del turismo italiano dagli artigli ormai insopportabili del Gufo che ha speculato troppo sui ristoranti e gli alberghi italiani. Vogliamo essere ottimisti... è anche su questo piano che si gioca il futuro del nostro turismo, evitando di fare ulteriormente spennare ristoranti e hotel.

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