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Abuso di alcol fra i giovani Allarme in Gran Bretagna

I ricercatori della Joseph Rowntree Foundation hanno analizzato le statistiche britanniche sul consumo di alcol degli ultimi 20 anni: la percentuale di donne che alzano il gomito nel fine settimana è raddoppiata, stabile quella degli uomini. In Italia si vendono ancora troppi alcolici ai minorenni

 
07 maggio 2009 | 10:43

Abuso di alcol fra i giovani Allarme in Gran Bretagna

I ricercatori della Joseph Rowntree Foundation hanno analizzato le statistiche britanniche sul consumo di alcol degli ultimi 20 anni: la percentuale di donne che alzano il gomito nel fine settimana è raddoppiata, stabile quella degli uomini. In Italia si vendono ancora troppi alcolici ai minorenni

07 maggio 2009 | 10:43
 

Riportiamo da Corriere.it il seguente articolo.

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 Il fenomeno preoccupa oltremanica, e basta uscire per le strade di una città inglese durante il weekend per rendersi conto che i dati raccolti dalla Joseph Rowntree Foundation non sono campati per aria, ma fotografano una realtà assai diffusa in Inghilterra: in giro, il venerdì e il sabato sera, ci sono molti ragazzi e ragazze ubriachi. I ricercatori, che hanno analizzato le statistiche nazionali di consumo d'alcol degli ultimi 20 anni, spiegano che sono soprattutto le donne ad aver cominciato a bere di più nel fine settimana: all'inizio degli anni '90 lo faceva solo il 7% delle donne, oggi la quota è raddoppiata e tocca il 15%. Negli uomini, invece, il fenomeno è rimasto quasi stabile (i 'bevitori del weekend” erano il 22% nel 1990, sono il 23% oggi). Questo succede nel Regno Unito, dove le abitudini sono diverse rispetto all'Italia a cominciare dal tipo di alcolici in voga: fra gli anglosassoni vanno per la maggiore birra e superalcolici, da noi è ancora il vino la bevanda più amata. Ma le differenze non si esauriscono qui: secondo il rapporto Istat 2008 sull'uso e abuso di alcol in Italia, nel nostro Paese gli uomini che cedono al binge drinking sono il 12,1%, le donne appena il 2,8%.

L'allarme non ci riguarda, quindi? «Meno di quanto si potrebbe temere», giudica Andrea Poli, direttore della Nutrition Foundation of Italy. «La nostra tradizione ci protegge: da noi è abituale ripartire il consumo di alcol in varie dosi, distribuite lungo l'arco della giornata e della settimana e non concentrate in una singola occasione. Anche una nostra ricerca ha dimostrato, su un campione rappresentativo di adulti fra 40 e 79 anni, che in media gli italiani consumano 10 grammi di alcol al giorno: più o meno un drink, di certo un utilizzo moderato. Tra l'altro bere molto soltanto in sporadiche occasioni è il peggior modo di consumare alcol, perché se ne perdono del tutto i vantaggi sul sistema cardiovascolare: il binge drinking è anzi associato a un maggior rischio di ictus, oltre naturalmente ai pericoli immediati derivanti ad esempio dalla perdita del controllo e dalle modifiche del comportamento».

Gli italiani, si sa, sono un po' esterofili. Aggiungiamoci che le cattive abitudini si prendono ben prima di quelle virtuose e la domanda è d'obbligo: non finiremo per accodarci anche noi agli inglesi, andando a ingrossare le file degli ubriachi del fine settimana? «Credo che le nostre tradizioni siano più forti: la maggioranza degli italiani ama ancora bere di qualità anziché in quantità», risponde Poli. A ben guardare però qualche altro dato che non lascia dormire sonni tranquilli c'è, di qua e di là dalla Manica. Secondo le stime inglesi, infatti, il consumo medio settimanale di alcol dei ragazzini fra 11 e 15 anni è raddoppiato negli ultimi 20 anni; i dati Istat rivelano che nel 2008 il 17% degli under 15 ha consumato almeno una bevanda alcolica (il 19,7 dei maschi e il 15,3% delle femmine). E basta diventar maggiorenni perché i dati di consumo degli alcolici siano in media col resto degli italiani adulti: a 19 anni bevono alcol il 75% dei maschi e il 58% delle femmine. Se i primi approcci alla bottiglia arrivano così presto, non c'è il pericolo che le prossime generazioni indulgano di più in sbronze e bevute? Poli chiama di nuovo in causa le nostre tradizioni: «Il dato italiano parla di ragazzini che hanno bevuto almeno un drink alcolico in un anno: molti di loro si saranno probabilmente limitati a una sola bevanda alcolica bevuta in una singola occasione, magari lo spumante al cenone di Natale o al compleanno della nonna. Fermo restando che fino a 18 anni si dovrebbe bere solo acqua o al massimo succhi di frutta, se il primo approccio all'alcol avviene in un contesto familiare ci sono i presupposti perché non sia pericoloso e non degeneri facilmente in un consumo smodato», dice Poli. è soprattutto il modello familiare di riferimento, quindi, che può educare a bere responsabilmente.

«Detto questo, la comunità giovanile è un mondo a parte in cui è senz'altro vero che la bevanda alcolica viene consumata anche nella ricerca dello sballo», avverte l'esperto. Se pure in Italia i contorni della faccenda non sono preoccupanti come nel Regno Unito, insomma, c'è una quota non indifferente di adolescenti che bevono spesso e volentieri, e che non si fanno mancare neppure le sbronze. Colpa della pubblicità ammiccante e accattivante degli alcolici, come accusano gli esperti inglesi? «Non credo che la pubblicità sia così determinante nei comportamenti dei giovanissimi: da noi la pubblicità al fumo è vietata, ma la percentuale di adolescenti fumatori non è molto diversa rispetto ai Paesi dove il divieto non esiste - prosegue Poli -. è anche vero che i ragazzi che bevono per sballare sono un fenomeno molto difficile da fronteggiare: possiamo dir loro qualunque cosa, non ascoltano. Inutile minacciarli con gli effetti a breve e lungo termine dell'alcol, non si impauriscono affatto. Sarebbe di sicuro più utile essere granitici nel rispetto delle norme che vietano di vendere alcolici ai minorenni: non transigere potrebbe aiutarci a contenere il fenomeno dello sballo nei giovanissimi», conclude Poli.

Elena Meli
Corriere.it


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