Dunque il Forum di Raffaele Alajmo è saltato. Peccato: un'altra occasione persa. Non che ci si potesse aspettare molto di diverso pensando a come era partita l'operazione e a come uno dopo l'altro i suoi pur selezionatissimi compagni di viaggio lo avevano lasciato solo. Ma poiché la speranza è sempre l'ultima a morire, contavamo su uno scatto di reni finale di Alajmo, giusto per non disperdere del tutto il buono che era stato fatto. Già il mettere insieme alcune sigle che coinvolgevano circa 3-400 locali di alto livello, giustamente in concorrenza fra loro, sembrava un risultato importante. Purchè, come avevamo avvertito fin dall'inizio, quella fosse solo la prima fase: una sorta di appello ai grandi nomi del settore per poi dare vita ad un movimento che potesse rappresentare sul serio tutta la complessa realtà della Ristorazione e delle Cucine italiane. Dagli stellati agli agriturismi, dalle pizzerie ai ristoranti d'hotel.
Ma su questo punto Raffaelle Alajmo è stato irremovibile. Nostante gli inviti che 'Italia a Tavola” (pronta a sostenerlo fin dall'inizio) gli rivolgeva perchè si ponesse alla guida di 'tutti”, il giovane direttore di sala si è ostinato ad immaginare una sorta di Superclub dei "migliori", ponendo anzi dei veti alle aperture ed alle disponibilità espresse dalle associazioni che, almeno sul piano dei numeri, rappresentano realmente il settore. No alla Fipe perchè composta da troppi 'bottegai”. No alla Fic perchè ha troppi cuochi 'dipendenti” (come se tali non sono anche quelli del GVCI che gestiscono ristoranti in tutto il mondo). No all'Amira perchè di vecchio stile. E tutto ciò senza neanche voler sostituire queste associazione perchè ritenute inadeguate, ma solo perchè per una sorta di snobbismo lui e i suoi fedelissimi (a partire da Massimo Bottura) si sentivano quasi geneticamente 'diversi”.
Se non si tiene conto di questo dato non si capisce perchè Alajmo si sia trovato alla fine solo, salvo forse il supporto di qualche giornalista solitamente attento più alle stelle (meglio se rosse) che alla Cucina di tutto il Paese.
Chi scrive lo aveva invitato a considerarsi il capotreno di un lungo convoglio in cui potessero trovare posto tutti i diversi operatori della ristorazione italiana. Soprattutto quelli che magari in silenzio, ma in centomila locali in Italia ed in qualche altro migliaio in giro per il mondo, tengono alto il valore della nostra Cultura, delle nostre tradizioni e del Made in Italy a Tavola. Ma purtroppo la strada scelta è stata un'altra. Viaggiare in Roll Royce con l'autista.
Con una sorta di autoinvestitura mai ratificata ufficialmente da nessuno (invece di accusarle ora di gelosie o invidie, avrebbe dovuto chiedersi perchè le varie associazioni lo hanno lasciato solo....), Raffaelle Alajmo ha così scritto a Berlusconi proponendosi come "il rappresentante" della Ristorazione italiana. Ma senza truppe non si può vincere nemmeno una scaramuccia.... e infatti dal Governo non è arrivata alcuna risposta.
Ma non è vero che questo Governo non si stia interessando della Ristorazione o che l'abbia snobbato. Tutt'altro. Ha solo snobbato chi non rappresenta altri che se stesso e pochi amici. Anzi, a ben guadare non c'è mai stato un esecutivo così attento ai segnali che possono venire dal nostro mondo. Per la prima volta nella storia della Repubblica, ci sono almeno tre membri del Governo che hanno rapporti seri con la Ristorazione e l'enogastronomia. Il ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, ha nominato suo consigliere un cuoco, Matteo Scibilia, proprio per avviare iniziative per proteggere il valore culturale della nostra Cucina. Il ministro delle Poliche agricole, Luca Zaia, ha dato il via ad operazioni di serio controllo delle materie prime per tutelare al meglio il Made in Italy a tavola. Il sottosegretario al Turismo, Michela Brambilla, ha costituito una task force per il turismo enogastronomico. Interventi concreti e innovativi che per risultare davvero efficaci avrebbero bisogno di interlocutori capaci di rappresentare tutti gli interessi in campo, e non già antistoriche divisioni fra operatori di serie A e di serie B.
Da tempo ripetiamo che quella della rappresentanza è la vera sfida per la Ristorazione italiana. I singoli nomi, per quanto di famiglie importanti e di successo, non bastano. Con la politica si fanno i conti con i numeri, non con le stelle Michelin, le forchette o i cappellini delle guide.
Ci spiace apparire magari impietosi con Raffaele Alajmo che non lo merita di certo per l'impegno disintersessato e l'entusiasmo che aveva messo nel suo impegno, forte di un curriculum professionale di tutto rispetto. Abbiamo però voluto ricordare quelli che che per noi sono gli errori commessi (che sono poi addebitabili in gran parte ai suoi elitari amici che lo hanno mal consigliato...) perchè resti una traccia. Questa generosa sfida non può infatti finire qui. Sarebbe bello se lo stesso Raffaele Alajmo, che ha ammesso la sconfitta di una strategia sbagliata, ripartisse con più umiltà e cercando i consensi dalla base. Ma se non lo farà lui, prima o poi toccherà a qualcun altro raccogliere questa sfida. E i giochi si dovranno ancora fare con la capacità di rappresentare sul serio una categoria che deve poter contare di più, nell'interesse degli operatori e di tutto il Paese.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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