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Sbarra (Cisl): «Alzare il costo del tempo determinato». Ma non è quello che serve alla ristorazione

La proposta della Cisl aggraverebbe una situazione già resa critica dalla mancanza di personale, dall’assenza di voucher e dal reddito di cittadinanza. Così bar, ristoranti e hotel chiudono

di Alberto Lupini
direttore
 
13 settembre 2022 | 17:18

Sbarra (Cisl): «Alzare il costo del tempo determinato». Ma non è quello che serve alla ristorazione

La proposta della Cisl aggraverebbe una situazione già resa critica dalla mancanza di personale, dall’assenza di voucher e dal reddito di cittadinanza. Così bar, ristoranti e hotel chiudono

di Alberto Lupini
direttore
13 settembre 2022 | 17:18
 

Per ora è solo un sasso in piccionaia, ma chissà che i partiti alle prese con le promesse più assurde della campagna elettorale non si decidano a chiarire cosa vogliano fare per favorire l’occupazione e il lavoro per bar, ristoranti e alberghi. Il tema centrale, su cui non se ne viene a una da mesi, è quello della mancanza di personale, che fra assenza di flessibilità e livello degli stipendi, sta mettendo in crisi tutto il mondo del turismo e dell’accoglienza. E proprio su questo problema è intervenuto oggi il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, con una richiesta che sembra andare nel senso opposto a quanto servirebbe alle imprese: «Vanno incentivati i contratti a tempo indeterminato e va alzato il costo del tempo determinato. Meno durata c’è – ha concluso – più deve costare».  

Sbarra (Cisl): «Alzare il costo del tempo determinato»Ma non è quello che serve alla ristorazione

Non demonizzare il tempo determinato 

Se da un lato è auspicabile che si possano avere sempre più occupati “stabili”, francamente sembra assurdo volere demonizzare i contratti a tempo determinato, in molti casi indispensabili: pensiamo solo alle sostituzioni per maternità od infortuni, o per aspettative. Oltre al problema di “formare” in fretta del personale nuovo, si devono avere spesso anche costi superiori! Una proposta che sembra affiancarsi a quella di Enrico Letta, leader del Pd, che propone di eliminare di fatto i periodi formativi di stage, perché troppe aziende ci speculerebbero. Gettando così via il bambino con l’acqua sporca.

Ma il punto vero è che rendere più onerosi i contratti a tempo determinato (e quelli stagionali legati al turismo rientrano in questa logica) vorrebbe dire spalancare la porta a nuove ondate di lavoro nero, che già riempiono l’Italia dopo il sovrapporsi dell’abolizione dei voucher e l’attivazione del reddito di cittadinanza. E non a caso Confcommercio, attraverso la vicepresidente Donatella Prampolini, ha risposto a Sbarra mettendo l’accento proprio sui rischi di incentivare il lavoro nero. «Sui contratti a termine, bisogna intendersi. – ha detto - Non serve renderli più costosi. Perché il punto di fondo è che vi sono esigenze strutturali di buona flessibilità governata e contrattata. E rispondere positivamente a queste esigenze va anche a tutto vantaggio dell’accrescimento del tasso di occupazione e del contrasto del lavoro irregolare».

 

 

Servono certezze

E a questo punto sarebbe meglio mettere davvero tutte le carte in tavola. Bar, ristoranti e hotel, al di là delle incognite che ci aspettano a breve per la crisi energetica (orari ridotti, meno riscaldamento e bollette alle stelle), hanno assolutamente bisogno di poter avere delle certezze per programmare i prossimi mesi di lavoro. Le proteste sotto i palazzi della politicale illuminazioni serali con le candele o l’esposizione delle bollette in vetrina sono solo segnali di un disagio profondo che nasce anche dalla mancanza di personale, che porta molti locali a chiudere in alcuni giorni o in alcune fasce di orario.

I voucher, un toccasana 

Se la risposta a questo problema dovesse essere la ricetta di Sbarra, aumentare il costo del lavoro a tempo determinato, davvero la soluzione non potrebbe che essere una chiusura in massa. È tempo invece di ribaltare questi ragionamenti e di porre con forza, a tutti i livelli, il tema della flessibilità e, quasi per logica, puntare ad una reintroduzione dei voucher che per l’Horeca e l’agricoltura sarebbero un toccasana, favorendo la regolarizzazione di troppe posizioni in nero e una possibilità di aumentare il reddito di tutti quelli che lavorano in un locale, garantendone al tempo stesso turni ragionevoli e meno stressanti. Chissà se Meloni, Letta, Calenda, Conte, Salvini o Berlusconi avranno voglia di fare meno promesse irrealizzabili e di dare risposte concrete al mondo dell’accoglienza.

 

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