Mancano camerieri, cuochi, pizzaioli o pasticceri. L’allarme era già scattato alla prima ripartenza dell’estate scorsa, ma ora è una vera emergenza che colpisce ogni attività dell’Horeca, dai locali stellati ai bar di quartiere. Le ragioni sono tante, ma strettamente collegate fra loro, e da mesi Italia a Tavola sta insistendo su questo problema per i rischi che si possa pregiudicare la ripresa del turismo. Si va dalla scarsa formazione scolastica alla crescente disaffezione verso un lavoro pesante e a volte scarsamente remunerativo, ma enfatizzato in modo esagerato da una comunicazione assurda che aveva fatto degli “chef” i nuovi “star symbol”, come un tempo i calciatori o le veline. Il tutto in un mix che, con l’aggiunta della ciambella assistenziale del reddito di cittadinanza (che in alcuni casi rende più conveniente stare a casa) e di stage non pagati e lavoro in nero, nel dopo pandemia ha fatto esplodere l’emergenza personale per bar, ristoranti e hotel.
L'emergenza lavoro colpisce ogni attività dell’Horeca, dai locali stellati ai bar di quartiere
Se da un lato spira un vento di ottimismo dopo i buoni andamenti dei ponti di Pasqua e 25 aprile, tanto che in molte località si azzarda già un tutto esaurito per l’estate, dall’altro c’è una crescente preoccupazione perché ad essere in crisi è tutto il mondo del turismo: non mancano solo camerieri o cuochi, non si trovano nemmeno bagnini o guide.
C’è bisogno di personale qualificato, non improvvisato
In queste condizioni, le aziende che più hanno sofferto durante la pandemia, perché costrette alla chiusura o a limitazioni, potrebbero non riuscire a intercettare fino in fondo la voglia di ripartenza degli italiani e degli stranieri che tornano a mettere l’Italia al primo posto dei desideri. Il timore di un po’ tutti i gestori è che ristoranti o alberghi non riescano a rispondere ad una domanda che oggi più che mai vuole servizi e sicurezza che richiedono personale possibilmente qualificato, non improvvisato all’ultimo momento. Non possono bastare extracomunitari impreparati o studenti alle prime armi a risolvere il problema. Al massimo possono essere una “pezza”.
Si deve intervenire sull’offerta formativa
Le cose da fare sono tante, ma al momento forse due possono essere quelle determinanti.
Si deve migliorare l’offerta formativa per avere personale più specializzato
Nel medio periodo bisogna riportare i giovani ad apprezzare un lavoro che è fatto soprattutto di relazioni personali, e per farlo si deve lavorare sulla formazione scolastica (su cui da anni Italia a Tavola chiede riforme radicali che dalle scuole alberghiere portino anche a facoltà di accoglienza) e sperare di avere dei risultati apprezzabili entro 4-5 anni. Vanno cambiati radicalmente alcuni programmi scolastici, va fatta una selezione all’ingresso nelle scuole alberghiere per evitare che solo il 20% degli studenti faccia poi quel lavoro. Si deve puntare su una formazione sempre più alta e specializzata (dalla sala alla mescita, dalla cucina all’accoglienza) attraverso ITS e corsi para-universitari.
Sospendere i contributi previdenziali per garantire stipendi più alti
Nell’immediato si deve però superare l’emergenza con pochi interventi chiari e trasparenti per cercare di riportare al lavoro in sala o dietro un bancone circa 250mila persone. E il buon senso invita ad intervenire sul costo del lavoro per garantire stipendi più alti. E in questo caso la strada potrebbe essere quella della sospensione dei contributi previdenziali (trasferendoli a carico dello Stato) almeno per un periodo transitorio, rendendo più remunerativo lavorare nelle aziende dell’Horeca. Una strada che richiede una scelta politica chiara a cui si deve però accompagnare anche quella di controlli e sanzioni pesantissime (fino alla chiusura definitiva dei locali) per estirpare la piaga dei troppi esercizi in cui si consente il lavoro in nero e/o la gestione da parte della criminalità per riciclare denaro sporco.