Sulla “t”, proprio preciso preciso sulla “t” si incollava la sfera di cuoio. Da lì, a volte rimbalzava sul rettangolo verde per essere poi accarezzata dal piede sinistro ed indirizzata là, dove “lui” voleva andasse, ed a volte al piede sinistro, ci arrivava senza il rimbalzo. A volte, va detto, la sfera di cuoio, arrivava in rete, sì insomma era goal! Alcuni portieri ancora se li ricordano quei goal! Ma di quale “t” parliamo?
Parliamo della “t” al centro della parola “Buitoni”. E “Buitoni”, il marchio che proprio nelle ultime ore ha subito un duro colpo sul mercato italiano perchè scomparirà da alcuni prodotti come pasta secca e prodotti da forno, era stampato sulla parte frontale della maglia dei giocatori del Napoli, nelle stagioni in cui nel Napoli giocava, numero 10 stampato sul retro della maglia, un giovanotto con i capelli neri riccioluti, un napoletano nato in Argentina, un napoletano che adesso, ma tu pensa, ha dato il nome allo stadio del Napoli. A fare sforzo di memoria, addirittura sovviene il suo nome: Diego Armando Maradona.
Diego Armando Maradona con la maglia del Napoli
I tempi d'oro del ricco calcio italiano
Bei tempi. Bei tempi in tutti i sensi: per i tifosi del Napoli, innanzitutto, e anche per tutti gli amanti del gioco del calcio. Si andava allo stadio perché c’era Maradona, andava bene anche che fosse avversario: il bel gioco era garantito. Bei tempi anche perché all’epoca il campionato di serie A era considerato il campionato europeo più importante, solo dopo (forse un ex-aequo) venivano Francia, Germania, Inghilterra e Spagna. Oggi non è più così. E oggi sono cambiati anche gli sponsor delle squadre di calcio della serie A.
Quando lo sponsor del Napoli era Buitoni, anche altre squadre avevano sponsor aziende di punta del nostro agroalimentare: la Fiorentina aveva Sammontana, la Lazio aveva Cirio e il Parma aveva Parmalat. Insomma, ci poteva stare un pranzo completo, primi piatti di pasta con sughi vari e per finire un bel gelato. E adesso? Ad analizzare adesso gli sponsor di maglia, notiamo che oltre al food c’è anche il beverage.
Food&beverage sulle maglie di oggi
E difatti, il marchio Lete (Acqua Lete) è main sponsor del Napoli. Il latte Arborea e la birra Ichnusa (entrambi sardi) sono sponsor della maglia del Cagliari. Si torna al cibo con il marchio Beretta (Salumificio F.lli Beretta) official sponsor del Torino. Sleeve sponsor, sempre di lavorazione di carne suina del Salumificio F.lli Beretta trattasi (in questo caso il wurstel) il N. 38 Wuber.
Second sponsor di maglia del Bologna è Selenella, un Consorzio di produttori, cooperative e operatori della provincia di Bologna riunitisi con l’obiettivo di valorizzare la produzione locale di patate. Il Prosciutto di San Daniele Dop è sleeve sponsor dell’Udinese. Dalle maglie viola della Fiorentina degli scorsi decenni, Sammontana trasmigra sulle maglie dell’Empoli di cui è sponsor.
Il caffè Motta è sponsor della Salernitana. Becher (Salumificio Becher) è sponsor del Venezia. Il totale dei ricavi da queste sponsorizzazioni è all’incirca di 8 milioni di euro su un totale di circa 196 milioni inteso, ribadiamolo, come totale complessivo dei ricavi da sponsor di maglia delle 20 squadre di serie A. Quindi, il settore agroalimentare incide il 4% circa. L’incidenza del settore agroalimentare del nostro Paese sul Pil è del 3,8%! Sarà mica solo un caso?