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Cultura dell’accoglienza Leva di business nel “post Covid”

I nuovi modelli di mercato emersi in seguito all’emergenza sanitaria impongono nuove strategie e processi. Il “rinascimento” del foodservice & hospitality passa non solo da igiene e sicurezza, ma anche dal saper investire su uno sviluppo positivo e su azioni di marketing mirate.

di Massimo A. Giubilesi
Founder & Ceo Giubilesi & Associati, Chairman FCSI Italian Unit
 
18 luglio 2020 | 08:30

Cultura dell’accoglienza Leva di business nel “post Covid”

I nuovi modelli di mercato emersi in seguito all’emergenza sanitaria impongono nuove strategie e processi. Il “rinascimento” del foodservice & hospitality passa non solo da igiene e sicurezza, ma anche dal saper investire su uno sviluppo positivo e su azioni di marketing mirate.

di Massimo A. Giubilesi
Founder & Ceo Giubilesi & Associati, Chairman FCSI Italian Unit
18 luglio 2020 | 08:30
 

Viviamo in un mondo in continuo cambiamento che vede mutare in tempi velocissimi regole e abitudini che trasformano le certezze in buon auspicio e la speranza in unico segno di positivismo sotto lo slogan “andrà tutto bene”. Conosciamo il destino di chi vive sperando o rincorre la fortuna, e dunque ripetere ancora una volta che gli ultimi mesi hanno messo il settore della ristorazione e l’ospitalità a dura prova potrebbe sembrare addirittura banale, anche se, nella crisi che stiamo attraversando e soprattutto nella gravità delle conseguenze in prospettiva, di banale c’è ben poco.

Il cliente di oggi è esigente, informato e pretende eccellenza sia per il cibo che per l’ambiente in termini di igiene e salubrità - Cultura dell’accoglienza Leva di business nel post Covid

Il cliente di oggi è esigente, informato e pretende eccellenza sia per il cibo che per l’ambiente in termini di igiene e salubrità

Tuttavia esistono alcuni approcci e soluzioni “evergreen” che nel tempo si sono confermati come insuperabili punti di forza di chi ha fatto e continua a fare bene il proprio business, registrando successi e misurando la propria crescita in continuo aumento, alla faccia della crisi e delle mode del momento. Parlo degli imprenditori F&H (Foodservice & Hospitality), che non si sono limitati ad essere semplici operatori cavalcando l’ennesima onda di qualche moda alimentare o format di accoglienza “vincente”, ma che hanno saputo creare e governare un proprio sistema e modello di successo, che hanno saputo differenziarsi in un mercato altamente competitivo e pieno di insidie. Come fanno, quali sono le risorse e le strategie che mettono in campo, in altre parole qual è il segreto del loro successo?



I fattori che garantiscono il successo di una qualsiasi attività nella filiera agroalimentare, soprattutto nel segmento B2C, sono molteplici e intrecciati tra loro: la posizione geografica, la location, il prodotto, l’offerta, il prezzo, la food experience, solo per citarne alcuni, perché ogni elemento ha la sua importanza nell’insieme dei fattori necessari per avere un sistema di business vincente. I componenti veramente rilevanti sono tutte le attività che riguardano la corretta progettazione (anche concettuale) e le strategie di gestione che devono inglobarsi in un costante flusso di azioni mirate di comunicazione e marketing.

Aggiungo un altro elemento fondamentale (per non dire il più importante) che durante i trent’anni di attività di consulente si è rilevato di gran lunga quello che ha fatto e continua a fare la differenza tra le attività di successo e quelle che di fronte alle prime insidie e difficoltà chiudono i battenti. Tra gli errori sistematici che fanno gli imprenditori F&H c’è quello di concentrare gli sforzi e l’attenzione esclusivamente sul prodotto finito, sul piatto che esce dalla cucina, sull’arredo della sala o della camera, sul design, cioè sul cosiddetto “output”. Senza nulla togliere alla necessità di presentarsi bene, perché sappiamo che anche l’occhio vuole la sua parte, l’importanza della forma non deve prevalere sulla sostanza, sarebbe come confondere contenitore con contenuto, senza dimenticare che bisogna mantenere un equilibrio stabile tra identità, visione, competenze, adattamento.

Come ben sappiamo, il cliente di oggi è esigente, scaltro, informato e pretende eccellenza sia per il cibo in termini di qualità e sicurezza che per l’ambiente in termini di igiene e salubrità. Offrire un servizio che garantisce la soddisfazione del cliente e far sì che la gente ritorni da noi per rivivere la stessa piacevole (e sicura) esperienza, ci porta soprattutto oggi, nell’era “post” virale, a dover riflettere con maggior attenzione per rielaborare il concetto di accoglienza.

Cultura dell’accoglienza Leva di business nel post Covid
Bisogna adeguarsi in maniera vincente alla nuova realtà

Il processo di accoglienza infatti deve essere agevolato, ma non correlato alle condizioni fisiche dell’attività: la cultura dell’accoglienza diventerà sempre di più il fattore trainante che farà la differenza, sia che si tratti di un bar sia di un ristorante o di un albergo. In questo ambito, l’identità e la reputazione aziendale, sostenute dalle competenze e dalle abilità professionali delle risorse umane a livello direttivo e operativo, sono requisiti indispensabili per la strategia gestionale con la quale si possono governare ostacoli, crisi e difficoltà. Forse è giunto il momento di iniziare a ridisegnare, sempre nell’ambito dell’accoglienza, alcuni approcci trasversali in grado di proporre delle soluzioni che aumentano il valore del servizio e la qualità percepita.

Ragionando in termini di capitale umano, forse alcuni ruoli dovrebbero evolversi a livello professionale per poter rispondere al meglio alle richieste del mercato. La specie che sopravvive è quella che si adatta meglio al cambiamento, ovvero che esprime tempi di azione-reazione più organizzati e veloci, e oggi - aggiungo - all’insegna della filiera “Made in Italy” e della sostenibilità ambientale, quella vera. Se attualmente l’attenzione degli operatori si è concentrata sulla sanificazione come naturale conseguenza dell’emergenza sanitaria, in futuro questa “ossessione” passerà, confermandosi invece come il bisogno legittimo delle persone di vivere, lavorare, studiare, divertirsi in ambienti salubri e sicuri.

Il significato della parola “accoglienza” intende l’insieme del contesto, azioni, parole e gesti con cui riceviamo una persona cara, un ospite di riguardo, sia egli un amico, un parente, un visitatore, un cliente. Accostando poi il concetto di ospitalità che è fortemente radicato nella nostra cultura e sta alla base della ristorazione (“mangiar bene e star bene insieme”) emerge un bisogno intrinseco dell’essere umano non solamente di nutrirsi, ma anche di convivialità e condivisione, che si contrappongono ai limiti imposti dal “distanziamento sociale”.

In pochi ormai si illudono che si tornerà alla “situazione di prima del Covid”. Quanto meno in tempi ragionevoli dal punto di vista imprenditoriale, è più “realistico e salubre” in termini economici che il mondo della ristorazione e dell’ospitalità si adegui in maniera vincente alla nuova realtà. Protocolli sanitari, linee guida, tamponi e analisi del sangue, dispositivi di protezione e prodotti/sistemi di sanificazione sfornati in tempi brevi sotto la pressione della paura di contagio (sostenuti da una certezza di facile guadagno), devono lasciare spazio ad una lucida riflessione per sviluppare metodi e strategie di prevenzione e controllo duraturi.

Per fortuna, tutto il settore agroalimentare è regolamentato da tempo con norme precise per l’analisi del rischio, la gestione dei processi e la prevenzione delle frodi commerciali e sanitarie, al fine di garantire il più possibile la salute dei consumatori. La corretta applicazione del Sistema Haccp - Codex Alimentarius (conosciuto dal 1963, introdotto in Europa nel 1994) con le relative procedure di preparazione, cottura, conservazione, trasporto, distribuzione e sanificazione ambientale, applicate e tracciate in modo costante, sono necessarie e sufficienti per garantire la salubrità degli alimenti venduti o somministrati. Tra le “best practices” troviamo in primis l’organizzazione aziendale e la formazione-addestramento del personale, il controllo dei fornitori, la suddivisione delle aree di lavoro, le procedure per la pulizia degli ambienti, le fasi del processo produttivo e di servizio, l’idoneità dei materiali di contatto alimentare.

La cultura dell’accoglienza diventerà sempre di più il fattore trainante che farà la differenza - Cultura dell’accoglienza Leva di business nel post Covid
La cultura dell’accoglienza diventerà sempre di più il fattore trainante che farà la differenza

Sembra eccessiva la nomina di una figura dedicata esclusivamente alla gestione del rischio biologico attuale (“Covid Manager”), in quanto confinata dalla necessità di risolvere un singolo problema in mezzo a tanti altri pericoli: solo se governati nel loro insieme si potrà garantire e rispondere alle esigenze dei clienti e del mercato. Diventa invece essenziale definire requisiti oggettivi e standard qualitativi misurabili che garantiscano servizi integrati volti a prevenire le contaminazioni di origine biologica, chimica e fisica per garantire la salubrità degli ambienti aperti al pubblico, come i ristoranti e le strutture ricettive.

Da qui sorge anche la necessità di figure professionali multidisciplinari e trasversali che possono affiancare gli imprenditori lungo un percorso di riqualificazione e adeguamento dell’offerta F&H con un obiettivo ben preciso che va oltre il Covid, e cioè il mantenimento di una presenza sul mercato stabile e competitiva. L’effettiva necessità e utilità della messa in opera di politiche e strategie relative a queste tematiche, unite ad una strategia di “business continuity”, possono trasformarsi nello strumento fondamentale per creare nuovi posti di lavoro e promuovere investimenti mirati e di grande impatto positivo a livello di sviluppo sia in ambito nazionale che internazionale.

Per informazioni: giubilesiassociati.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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