Altro che buonismo e canzoni condivise dai balconi. È bastato allentare un po’ i vincoli del lockdown e tutta la solidarietà e il senso di responsabilità che come italiani avevamo dimostrato sembrano scomparsi. È un po’ come la fantastica qualità dell’aria che avevamo respirato in quei giorni anche in città: è bastato un po’ di traffico e siamo ritornati alle polveri sottili che da sole causano più morti ogni giorno del covid-19. Ma tant'è, dobbiamo pur tornare alla “normalità”, secondo il mantra che ci sentiamo ripetere da politici o tecnici di cui pochi ormai si fidano.
I conti di chi ha riaperto non tornano
Già, ma davvero questa normalità, col dramma in cui viviamo, può essere quella in cui torna ad esplodere la divisione tutta italiana su ogni cosa?
Governo contro Regioni su come fare i test. Sud che contesta il Nord sul piano del rigore (
lo sceriffo campano De Luca contro il tentennante lombardo Fontana). Maggioranza e opposizione che si insultano speculando sui morti o sugli aiuti di un’Europa che si sta finalmente
svegliando dopo troppo torpore. Gli immunologi che si danno degli incapaci in televisione dopo averci costretto a chiuderci (magari inutilmente) in casa per mesi.
La grande industria e la finanza che pretendono di avere subito soldi a gratis dallo Stato, incuranti che a oggi
cuochi, camerieri o baristi non hanno ancora ricevuto un euro della cassa integrazione di marzo. E che importa se la Fiat, anzi la Fca, per non pagare le tasse in Italia ha sedi legali all’estero (e vuole 6 miliardi pubblici per pagarsi i dividendi) o Autostrade del gruppo Benetton deve ancora pagare il suo “debito” per l’indegna manutenzione di ponti e viadotti. Peccato che intanto i gestori di bar e ristoranti hanno difficoltà persino ad ottenere dalle banche i prestiti di 25mila euro (che ora dovrebbero salire a 30mila) che alla fine servono solo per pagare tasse e imposte che il
Governo ha solo rinviato!
Dopo la preoccupazione ora la rabbia
Per non parlare delle autoreferenziali associazioni dei consumatori che per dimostrare di esistere lanciano ignobili campagne di denigrazione contro quei baristi che (davvero pochi) per sopravvivere e pagare stipendi e affitti hanno magari ritoccato il costo della tazzina di caffè. Oppure inventano battaglie contro ritocchi alle tariffe in genere che, chissà perché, solo i pubblici esercizi non potrebbero toccare. Paladini dei cittadini che però tacciono su chi vende l’
alcool denatura a 3 volte più del prezzo massimo avanti coronavirus. E non apriamo un discorso sulle assurde multe che i
disperati sindaci italiani applicano ai gestori di bar solo perché (a seguito delle liberalizzazioni delle Regioni) “fuori” dai loro locali troppi giovani stanchi di clausura e "messaggi" incoerenti dei politici festeggiano con esuberanza la fine della "prigionia". Quasi che il "liberi tutti" sia una scelta dei baristi e non già il frutto di una cialtronesca gestione di una Fase 2 che ha dato l'impressione di una farsa sul piano della sicurezza. Il passaggio dai 4 metri quadri per cliente al metro (ma anche niente se "congiunti"), non è che ha dato l'idea che sul distanziamento i politici avessero le idee chiare.
Insomma, con serenità possiamo dire che siamo di nuovo al tutti contro tutti e al tentativo dei soliti furbi, o dei più forti, di mungere le mammelle di uno
Stato sempre più burocratico e gestito da incompetenti che invece di fare scelte, anche drastiche e impopolari, a chiacchiere dicono di volere aiutare tutti, e nei fatti distribuiscono solo soldi a pioggia o incoraggiano ancora di più l’assistenzialismo, non contenti di avere già fatto danni enormi, in periodo avanti coronavirus, con la quota 100 e il reddito di cittadinanza.
Molti locali a rischio chiusura
Se poi pensiamo ai continui allarmismi sul contagio che, chissà perché, sembra riguardare solo bar, ristoranti o spiagge (col risultato che sono davvero pochi quelli che frequentano i locali), verrebbe da sintetizzare il tutto con una sola espressione: uno schifo!
Il punto è che la paura che ci aveva come congelati e resi apparentemente più responsabili, ha solo coperto abitudini e istinti negativi che tanti danni hanno fatto in passato. E ora che questa paura allenta un po’ sta emergendo un altro sentimento che va subito disinnescato e controllato: la rabbia. Se alla paura qualcuno opponeva la sfiducia verso i politici o gli scienziati, rifugiandosi in quel negazionismo che strizza l’occhio ai sovranisti alla Trump, contestando l’uso di mascherine o il distanziamento, ora la rabbia di chi non ha soldi per la famiglia o per pagare i dipendenti rischia però di caricare di esplosivo questi stati d'animo.
Ora la paura non sarà solo quella di ammalarsi, ma anche quella di non sapere come sopravvivere a fronte di una crisi economica che sta già mostrando il conto. E non è garantendo le vacanze agli italiani che si porranno molti rimedi. O le istituzioni intervengono in fretta (
cassa integrazione, finanziamenti a fondo perduto per le piccole imprese, sblocco dei cantieri, ecc), oppure il Paese diventerà una polveriera. Il dramma e la
preoccupazione dei gestori dei pubblici esercizi dopo una settima di riapertura sono solo un campanello d’allarme su cui non si può non riflettere.