Se fosse solo per due settimane, per accompagnare la ripartenza col calo del tasso di contagio, con grande disagio, ma responsabilità, i ristoranti e i bar potrebbero anche accettare l’imposizione "temporanea" di riaprire il 18 maggio con il vincolo dei 4 metri quadrati per commensale. Ma la scadenza del vincolo deve essere assolutamente messa nero su bianco, con la garanzia che sia poi eliminata. Altrimenti sarà scontro. La Fipe, impegnata a tutti i livelli per assicurare la riapertura dei pubblici esercizi, pur giudicando una follia la limitazione immaginata dall’Inail, potrebbe anche accettare la proposta-compromesso del ministro Speranza se, come detto, questo limite fosse abolito con certezza dal 1° di giugno. In caso contrario sarebbe il muro contro muro e la morte della ristorazione italiana.
Ad accennare a questa possibile svolta è Lino Stoppani che, ancora una volta, con equilibrio e senso della realtà cerca di trovare il modo di tutelare il più possibile il mondo dell’Horeca, a tutti gli effetti il più danneggiato dalla chiusura imposta dal Covid-19. «Dobbiamo rimettere in moto al più presto bar e ristoranti - dice - Ne va della filiera dell’agroalimentare e della vita sociale di tutto il Paese, mentre le nostre aziende a oggi hanno già perso 34 miliardi di euro. In questa vicenda le cose più tristi sono state le bare sui camion militari a Bergamo e i messaggi di imprenditori disperati che vedono distrutto l’impegno di una vita e compromesso il futuro dei collaboratori. È pensando a questo che dobbiamo assolutamente riaprire e girare pagina con questa sorta di accanimento insostenibile contro di noi. I negozi alimentari hanno dimostrato che non diffondono il contagio e sulle metropolitane con aria condizionata si viaggia anche a meno di un metro di distanza. Perché solo bar e ristoranti devono avere condizioni che renderebbero impossibile l’organizzazione del lavoro e la gestione economica dell’azienda? Senza contare che è interesse primario nostro salvaguardare la salute delle nostre famiglie, dei dipendenti e dei clienti…E lasciamo perdere la questione inacettabile della responsabilità penale dei gestori in caso di contagio».
Per questo servono dei protocolli precisi che tutelino anche i gestori …. «Su questo punto noi aspettiamo che il Governo ci dia una risposta. Da giorni abbiamo presentato il nostro protocollo, ma nessuno risponde. E già questo distacco è inaccettabile. E la cosa più grave è che l’Italia si sta riorganizzano a macchie di leopardo. Ci sono regioni, come l’Emilia Romagna, le Marche, la Liguria o la Calabria che hanno già adottato il nostro protocollo. Bolzano che ha già riaperto tutto. Cosa aspetta il Governo?».
Magari il problema è che voi avete proposto di distanziare i tavoli di 1 metro, mentre sembra che oggi il Governo possa fissare la distanza di 2 metri.. e non solo per i ristoranti o i bar. «Su questo dobbiamo essere chiari. Che qualcuno decida, ma le regole valgano poi a livello nazionale. E siano sensate. Anche perchè stando alle linee guida dell’Inail se si usano delle barriere, tipo plexiglas, distanze e mq sembra si annullino. L'importante è che ci siano norme ragionevoli e che possiamo condividere».
Lino Stoppani
Ma perché 4 mq a testa per ospite sono così inaccettabili?
«Mi rifaccio ad un’istituzione che non si potrebbe definire “amica” dei pubblici esercizi. Secondo l’Agenzia delle entrate nei soli ristoranti (112 mila locali) ad ogni mq corrispondono 0,7 coperti. Applicando il vincolo dei 4 metri quadrati raggiungeremmo un indice di 0,25, che corrisponde ad una perdita secca di 2/3 dei posti. Con una media di 62 coperti per ristorante abbiamo circa 7 milioni di coperti. Tagliando dei 2/3 vuol dire perdere oltre 4 milioni di pasti ed altrettante cene. Una cifra spaventosa che porterebbe alla morte del nostro comparto e dell'intera filiera dell'agroalimentare di qualità. Se dobbiamo fare un sacrificio per due settimane, giusto per fare calare l’epidemia, possiamo provare. Ma giusto 14 giorni per testare la nuova organizzazione».
Governo bocciato dunque? Neanche il
Decreto legge Rilancio vi soddisfa?
«Non sta a noi bocciare o meno il Governo. Noi rappresentiamo e tuteliamo gli interessi di una componente centrale della nostra economia. Abbiamo un dovere istituzionale di confrontarci col Governo anche se in alcuni casi non ci ascolta. Riguardo al Decreto Rilancio dobbiamo dire subito che si poteva fare di più, ma sarebbe ingeneroso non tenere conto che nel disastro in cui siamo per il nostro mondo c’è una boccata d’ossigeno che almeno in alcuni interventi è in linea con quanto avevamo richiesto».
È un documento a luci e ombre che per gli esercizi pubblici dopo tanta incertezza sembra però cominicare a delineare una possibile via di uscita...
«Il primo punto, che molti sottovalutano, è la cancellazione delle clausole di salvaguardia. Vuol dire avere tolto di mezzo il pericolo di aumenti dell’Iva e delle accise per 24-25 miliardi di euro. Ci sono poi 30 miliardi di garanzie per SACE e Medio credito centrale che dovrebbero sostenere e alimentare i 400 miliardi di finanziamento per le imprese finora bloccati o rallentati dalle banche. C’è poi lo sblocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, che avrà effetti in particolare su chi gestisce mense, il taglio dell’Irap e i
7 miliardi a fondo perduto per chi ha perso del fatturato».
Gli interventi a fondo perduto non sembrano però tenere conto dei veri danni di ristoranti e bar…
«È vero, gli importi sono modesti e sono calcolati solo sul mese di aprile. Già da marzo molti locali erano chiusi ed altri lo saranno anche nelle prossime settimane. Molti non riapriranno con le condizioni rigide del distanziamento sociale. È un punto sul quale chiederemo con forza modifiche al Governo o in sede di conversione o con nuovi provvedimenti».
C’è anche il credito d’imposta, cedibile, che copre il 60% degli affitti di 3 mesi…
«È un altro intervento interessante, soprattutto per la parte di cedibilità del credito d’imposta, che sicuramente da un aiuto anche se non risolve certo il problema della mancanza di liquidità dopo due mesi di fermo. È un po’ come lo spostamento delle scadenze Irpef a settembre. Senza soldi sarà difficile pagare anche le prossime rate, soprattutto se non ci sarà una ripresa a regime, obiettivamente difficile da immaginare».
«Non certo all’ultimo posto per importanza c’è poi l’intervento sulla cassa integrazione, soprattutto per quella in deroga, che garantisce ai nostri collaboratori un po’ di serenità e permetterà alle aziende di non disperdere un patrimonio umano prezioso, mentre riprenderanno gradualmente l’attività».