Non mi importa sapere che sono amici dell’ex Primo ministro Renzi, che nelle loro iniziative sono agevolati da enti pubblici, ma fino ad oggi hanno dato fiato all’agricoltura e all’enogastronomia italiana. Scrivo di Oscar Farinetti, ideatore di Eataly, e di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Insieme - con l’aiuto del Comune di Bologna, Coop ed altri - stanno realizzando a 11 chilometri da Bologna, su una superficie di 72 ettari, in mezzo a svincoli e viadotti, quella che sarà la Disneyland del cibo italiano, il cui nome sarà “Fico” (Fabbrica italiana contadina). L’inaugurazione è già fissata al prossimo 4 ottobre.
«Datemi 100 milioni di euro e un treno veloce - aveva detto Farinetti - e vi porterò 10 milioni di donne, bambini e uomini. Non più Eataly a Boston, Chicago o Riad per proporre le eccellenze enogastronomiche italiane, ma una grande Eataly in Italia, così grande e attrattiva da far venire la voglia a tutto il mondo di prendere l’aereo e venire a provare».
Il progetto si sta avverando, con 80mila metri quadrati di superficie, 10 aule didattiche, 2mila aziende coinvolte, 3mila posti di lavoro. Nel mezzo 25 ristoranti, negozi, botteghe, la possibilità di girare in bicicletta, di seguire corsi di cucina, un parco giochi e altro ancora. Il cibo italiano resta però al centro di tutto. Tra le aziende che hanno già aderito, Lavazza, Venchi, Granarolo, Consorzio Parmigiano Reggiano, Balocco. Anche chef stellati incominciano ad aderire: tra i primi, Carlo Cracco e Antonino Cannavacciuolo.
Se il turismo - come stiamo scrivendo da più di 30 anni - deve essere la prima risorsa economica dell’Italia, una larga percentuale toccherà al turismo enogastronomico, che già oggi muove un buon numero di food lovers. Una Disneyland del cibo italiano alla periferia di “Bologna la grassa” mi sembra un’idea cui fare tanti calorosi auguri.