Per quanto riguarda l’Esposizione universale, che è iniziata il 1° maggio scorso e che si concluderà alla fine del mese di ottobre, vorrei sottolinearne alcuni aspetti fondamentali, al di là delle comprensibili polemiche sui numeri di affluenza che hanno tenuto banco nei mesi di luglio e agosto. Ho avuto modo di osservare dall’interno e in maniera completa l’Expo di Milano e non saprei dare una stima quantitativa dei partecipanti. Ho notato sicuramente uno squilibrio tra giornate di piena affluenza e periodi di forte calo, ma ciò non toglie che, a mio giudizio, l’Esposizione rappresenti una grande occasione per l’Italia intera.
Ha avuto sicuramente il merito di fare ripartire il mondo del turismo, della ristorazione e dell’hotellerie ed è stato soprattutto, per me e per chi fa il mio stesso mestiere, un grande momento di confronto con cuochi provenienti da ogni parte del mondo. In sostanza, una vetrina importante per il nostro settore, in cui la figura del cuoco già da molti anni svolge un ruolo sempre più importante, e deve continuare a farlo assumendosi maggiori responsabilità.
Al di là della celebrità mediatica, che è comunque importante per mettere in luce presso il grande pubblico il nostro mestiere, ritengo opportuno che il nostro ruolo debba essere valorizzato, e da parte nostra debba esserci sempre un maggior impegno nella valorizzazione del nostro territorio, ciascuno secondo il proprio background.
Spero che l’Esposizione universale possa essere un vero e proprio volano per fare ripartire l’Italia, anche all’estero. Ho avuto occasione di parlare con diverse persone straniere che non erano mai state in Italia, e grazie ad Expo hanno colto l’occasione per visitare anche il nostro territorio. Un’Expo dedicata al cibo non poteva che svolgersi nel nostro Paese, in cui ricopre un ruolo fondamentale. Non c’erano altri Paesi, a parte la Francia, che potevano vantare una tradizione e una cultura del cibo come la nostra. Se un tema come questo fosse capitato alla prossima Esposizione universale, a Dubai nel 2020, non avrebbe avuto senso: negli Emirati Arabi non c’è una tradizione alimentare, il cibo viene perlopiù importato.
In casi come questo le polemiche ci saranno sempre. Ed è pur vero che le cose si potrebbero sempre migliorare. Ho visitato l’Expo di Shanghai nel 2010 e anche lì c’erano grandi pecche e difficoltà logistiche. Ho fatto fatica a trovare persino un bicchier d’acqua e un luogo per mangiare. Al contrario, il problema di Milano è forse che di posti per mangiare ne sono stati allestiti fin troppi, per questo i numeri non sono così esaltanti per alcuni ristoranti, che a volte restano senza clienti. In fin dei conti, non si poteva sapere con esattezza cosa aspettarsi e quanti sarebbero stati i visitatori. Qualche problema organizzativo era inevitabile, ma non per questo deve venir meno il valore della manifestazione.