Quella che sembrava la nuova rivoluzione delle abitudini alimentari degli italiani sarebbe solo un modo brillante di evadere le tasse e di non rispettare le norme sull’igiene che valgono per i ristoranti. Per il
ministero dello Sviluppo economico non ci sono dubbi: con gli “
home restaurant” (le cene a pagamento in casa di sconosciuti che si prenotano su internet) si fa attività di esercizio pubblico, stante il corrispettivo pagato per mangiare. E quindi anche queste abitazioni private devono seguire le norme di chi somministra cibo o bevande. Dopo le contestazioni di Italia a Tavola e della Fipe, giunge finalmente una risoluzione governativa che non lascerebbe adito a dubbi. Ma siamo in Italia e il condizionale è d’obbligo.
Sulla carta il chiarimento del Ministero potrebbe dare un colpo di freno deciso ad aziende come Gnammo che su questa tendenza hanno costruito un business di tutto rispetto, sostenendo la tesi che si tratta di attività minori fra privati entro redditi modesti (5mila euro l’anno). Come pure alle aspirazioni di troppi novelli “masterchef” casalinghi intenzionati ad arrotondare stipendi o pensioni. Ma siamo sicuri che questo intervento fermerà il fenomeno o almeno farà in modo che sia regolamentato sul serio?
Se da oggi Agenzia delle entrate e Guardia di finanza, da un lato, Asl, Comuni, Nas e tutti gli altri enti interessati, dall’altro, sanno che devono fare dei controlli, chi può seriamente pensare che questi scatteranno? Già pare di sentire i sostenitori delle novità e delle libertà (?) a tutti i costi, pronti a opporsi a interventi burocratici e sanzioni per pochi spiccioli in nero e qualche colica addominale... Per non parlare dei controllori a cui girare per abitazioni private creerà non pochi fastidi.
Il problema di fondo è che incastrare qualche cuoco stellato, o ristorante di nome, perché qualcuno in cucina ha sbagliato nel mettere un’etichetta sui prodotti nell’abbattitore, fa notizia. Ma per un funzionario sanzionare un privato perché ha servito nel suo tinello una pasta al pesto senza avvertire gli ospiti paganti che era surgelata, o perché la ricevuta non è regolare, sarebbe solo fonte di seccature.
Onestamente il chiarimento del mistero dello Sviluppo economico ci sembra il solito compromesso all’italiana. Fare home restaurant non è vietato, ma si devono seguire le norme per gli esercizi pubblici. Ma poiché non sono esercizi pubblici, non è automatico capire che tipo di controlli e sanzioni si dovranno applicare. In Italia siamo sempre maestri nell’arte di complicare la vita con mille norme, ma tropo spesso evitiamo di fare regole chiare con sanzioni precise. A pagarne le spese in questo caso rischieranno di essere i ristoratori onesti e gli ingenui consumatori che penseranno di trovare occasioni di genuinità rischiando magari di intossicarsi a casa di qualche apprendista cuoco.