Dal 1° aprile prende il via l’etichettatura d’origine delle carni fresche. Lo scorso 17 dicembre 2013, infatti, la Comunità europea ha adottato una norma d’attuazione del Regolamento 1169/2011 (relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori) che fissa le regole per l’indicazione del Paese o luogo di provenienza delle carni fresche, refrigerate e congelate di suino, ovi-caprino e di pollame.
Dal primo aprile 2015 sull’etichetta delle carni di suino, ovino, caprino e volatili in vendita, dovrà dunque essere riportata una delle due seguenti indicazioni:
- “Allevato in…” seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo e poi “Macellato in…”, seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo;
- “Origine…”, seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo ma solo se l’animale è nato, allevato e macellato in un unico Stato membro o Paese terzo.
«Accogliamo con favore la
norma - ha affermato il direttore di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi),
Davide Calderone - perché consentirà ai consumatori europei di conoscere l’origine e la provenienza delle carni suine. Con questo intervento la comunità pone una serie di regole chiare, uniformi e auspicabilmente stabili per gli operatori del settore. Si tratta di una soluzione che Assica ha sempre appoggiato per evitare di aggiungere solo all’industria nazionale i costi di un’etichettatura obbligatoria, visto che l’etichettatura di origine volontaria è sempre stata possibile».
«Il settore dell’industria di macellazione - ha concluso Calderone - si augura che l’introduzione dell’indicazione dell’origine delle carni porti ad una maggiore valorizzazione delle carni suine italiane, riconoscendo il contenuto qualitativo della produzione suinicola nazionale. Il suino italiano tradizionale, infatti, viene allevato per fare i prosciutti Dop e ha carni più mature del suino leggero europeo, carni che contengono meno acqua. È questo il tratto distintivo della qualità che dovremo essere capaci di comunicare».
Dalla nuova norma restano escluse la carne di coniglio, particolarmente diffusa a livello nazionale, e quella di cavallo oggetto del recente scandalo, ma anche le carni di maiale trasformate in salumi. Su questi prodotti come su altri l’eventuale obbligo dell’origine dipenderà dagli studi di impatto che la Commissione europea sta realizzando, con un certo ritardo sui tempi previsti dal Regolamento 1169/2011, nonché dalle successive valutazioni politiche degli Stati membri.
Nel 2013, secondo i dati Istat sono stati macellati in Italia circa 11 milioni di capi suini per un fatturato di circa 2,8 miliardi di euro. Lombardia ed Emilia Romagna sono le Regioni italiane dove si effettuano il maggior numero di macellazioni, circa il 76% del totale, seguite a notevole distanza da Piemonte, Veneto e Umbria. Queste regioni ospitano anche le aziende di maggiori dimensioni.