Oltre 1.300 eventi in calendario, con al centro l’Expo 2015 e il tema del food. Dal 24 gennaio scorso è sbarcata in rete la piattaforma verybello.it, presentata dal ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini (nella foto), che l’ha descritta come «l’occasione per lavorare sul modello del museo diffuso, per valorizzare l’offerta turistica del Paese: abbiamo una forza unica, abbiamo lavorato sull’unicità del sistema Italia».
“Verybello” raccoglie eventi culturali di ogni genere, dall’arte alla musica, dal teatro all’archeologia, che si svolgeranno durante il periodo dell’Expo. Un portale che è costato 35mila euro solo per l'ideazione e la progettazione, ma che rientra all'interno di un'iniziativa di comunicazione più ampia per la quale, ha spiegato Franceschini, «il ministero dei Beni culturali e del Turismo ha messo a disposizione 5 milioni di euro».
Un investimento di non poco conto, quindi, ma che non è bastato per realizzare al meglio il progetto iniziale. Dobbiamo purtroppo ricordare come l’Italia abbia sempre avuto grosse difficoltà con i siti istituzionali... Basti pensare all’incredibile vicenda di Italia.it, il portale per il turismo in Italia voluto dall’allora ministro Michela Vittoria Brambilla e costato diversi milioni di euro, che non ha portato alcun beneficio al turismo sia a causa degli imbarazzanti problemi tecnici, sia a causa dei numerosi errori e strafalcioni degni di una guida di terz’ordine.
Nel caso di “verybello”, la situazione appare forse ancora più imbarazzante. E i motivi sono tanti. Innanzi tutto non si può non notare come un portale che dovrebbe essere al servizio dei circa 20 milioni di turisti attesi per l’Esposizione universale non sia disponibile in lingue diverse dall’italiano, nemmeno il basilare inglese. Stando agli annunci ufficiali, il sito sarà tradotto in altre otto lingue e presentato ai presidenti dei padiglioni stranieri il 7 febbraio a Milano, ma allora non si capisce l’utilità di avviare un servizio che per due settimane resterà pressoché inutilizzato dai primi destinatari dell’iniziativa, ovvero i turisti stranieri.
In secondo luogo, si sono riscontrati numerosi problemi tecnici. Faticosamente caricabile (tanto da andare in blocco già nella giornata inaugurale), non ha una struttura editoriale capace di attrarre subito l’utente e soprattutto non è in grado di spiegargli bene lo scopo della navigazione. Inutile dire che anche su smartphone o tablet la navigazione è difficoltosa. “Verybello” risulta infatti ancora privo di app, e nessun comunicato ufficiale cita la futura realizzazione di un’app a supporto del sito, che consenta la navigazione tramite piattaforme “mobile”. Mancano poi i pulsanti essenziali dedicati all’interattività, ad esclusione dei due social Facebook e Twitter, su cui si possono condividere gli eventi.
Tante sono poi le perplessità relative ai criteri con i quali sono stati selezionati gli eventi, scelti non si sa bene da chi... Una selezione che può risultare discutibile dal momento che non ci sono, ad esempio, eventi organizzati da privati (anche quando si tratta di fondazioni), e non c’è nulla per quanto riguarda le gallerie d’arte.
Infine, il nome scelto... che più che valorizzare l’internazionalità dell’iniziativa sembra scimmiottare il modo di parlare degli stranieri che conoscono poche parole della nostra lingua (o, viceversa, gli italiani che conoscono poco l’inglese...). Lo spirito con cui si è creato questo neologismo poteva forse essere divertente e avere buone intenzioni, ma l’effetto immediato è stata una pioggia di commenti scherzosi o, peggio, denigratori sui social network: su Twitter, ad esempio, nelle prime 24 ore, sono apparsi oltre 13mila tweet contenenti l’hashtag #verybello... E il ministro Franceschini, dal canto suo, nel pieno delle polemiche, non ha saputo scrivere niente di meglio che questo tweet: «In 6 ore 500.000 accessi a verybello.it! Come speravamo grande pubblicità da ironie, critiche e cattiverie sul web... Verygrazie!».