Un piccolo
alberello di vite, simbolo della fatica secolare dell’uomo per allevarlo, e al tempo stesso immagine di un territorio speciale posto al centro del Mediterraneo, è diventato patrimonio immateriale dell’umanità e quindi tutelato dall’Unesco. Grazie a Pantelleria, uno dei luoghi più periferici del nostro Paese, per la prima volta viene riconosciuto il valore storico-culturale, oltre che identitario, di una pratica agricola. Finora l’Italia era riuscita a fare iscrivere in questa sorta di albo d’oro di ciò che vale al mondo due territori modellati almeno in parte dall’agricoltura (l’Etna e Langhe-Roero e Monferrato). Ma la tutela di una tecnica agricola in sé costituisce un’assoluta novità e, se ben gestito, questo successo del sistema Italia potrebbe finalmente spalancare le porte ad una valorizzazione autentica di tutta la nostra filiera agroalimentare anche in vista dell’Expo.
È ben vero che avevamo già avuto anche il riconoscimento della
Dieta mediterranea, ma - a parte il fatto che è condivisa con altri Paesi - purtroppo non siamo mai riusciti a farne un valore aggiunto per affermare la qualità e il valore delle nostre produzioni alimentari e della nostra Cucina. Anzi, con vizio tipicamente italiano, abbiamo disperso in mille rivoli le poche risorse disponibili per valorizzare la “dieta”, avviando una diaspora fra le troppe istituzioni e associazioni che la vogliono tutelare. Il tutto nell’indifferenza più totale dei Governi e dei vari Ministri interessati (dalla Salute alle Politiche agricole).
Ora con la vite di Pantelleria possiamo fare partire un ciclo virtuoso forti di una più alta dignità culturale della nostra agricoltura e di tutte le attività che ne derivano. Questo traguardo dovrebbe per esempio aprire la porta al riconoscimento della
pizza napoletana che, oltre alle materie prime di cui è composta, si porta dietro la tecnica di preparazione, una procedura che non può più essere piegata in tutto il mondo ad assurde interpretazioni ed imbastardimenti funzionali ad interessi industriali, spesso incompatibili con la qualità e la salute dello stile italiano a tavola di cui la pizza può essere uno degli esempi più importanti.
In attesa che l’Unesco sforni una pizza tutelata, è però fondamentale che in Italia si dia finalmente il via ad una fase di crescita dell’agroalimentare come perno di nuove strategie di sviluppo. I valori culturali ed economici della terra e dell’alimentazione devono essere proposti fin dalle nuove generazioni e formare generazioni più attente a questi valori. E che questi valori contino, lo dimostra il fatto che agli studenti della Iulm di Roma è ora proposto di coltivare dei piccoli orti per affinare impostazioni utili per la gestione di tempi e risultati. Un’esperienza, va detto, che in modo naturale, anche se a quel tempo innovativo, era proposta in alcuni asili di città ai bambini di mezzo secolo fa. Forse un po’ di attenzione alle nostre tradizioni e al nostro passato aiuterebbe anche in questo...