Dopo Booking ed Expedia, tocca a TripAdvisor. L'Antitrust ha deciso infatti di avviare un procedimento per pratica commerciale scorretta nei confronti del sito di valitazioni di alberghi e ristoranti per verificare se la società adotti misure idonee a prevenire e limitare il rischio di pubblicazione di false recensioni, sia sotto il profilo informativo che relativamente alle procedure di registrazione. La decisione è stata adottata alla luce delle numerose segnalazioni pervenute da parte di consumatori, di proprietari di strutture turistiche (alberghi, ristoranti e altri luoghi di ritrovo) e dell'Unione nazionale consumatori.
Il web è ormai diventato parte integrante della nostra società e promotore di una comunicazione capace di abbattare i confini spazio-temporali, che nel passato rappresentavano un gran limite. Ci affidiamo ad Internet per svolgere ricerche di qualsiasi tipo, e sappiamo bene quanto possa essere utile nella scelta di un ristorante per esempio, o addirittura nell'organizzazione di un viaggio. Le agenzie di viaggi online, come Expedia e Booking, hanno riscosso molto successo proprio per la facilità con cui permettono, in base alla nostra disponibilità economica, di prenotare un volo aereo e un alloggio.
Tuttavia il rischio è che il servizio offerto da queste società non sia del tutto estraneo alle logiche di profitto che governano il mercato. Capita infatti che la stipula di un contratto con alcune catene alberghiere o di ristorazione, comporti inevitabilmente l'esclusione di altre offerte turistiche, magari migliori.
Per questo l'Antitrust ha voluto vederci chiaro, tanto che il 19 maggio scorso ha avviato un'istruttoria nei confronti di Booking ed Expedia per verificare l'esistenza di violazioni concorrenziali. Lo fa sapere l’autorità con una nota sul proprio sito internet. Il Garante per il mercato e la concorrenza intende verificare se le due agenzie turistiche online, attraverso le commissioni e le clausole previste nei contratti con le strutture alberghiere, limitino la concorrenza nei servizi di prenotazione ostacolando la possibilità per i consumatori di trovare offerte migliori.
L’autorità, si legge nella nota, «su segnalazione di Federalberghi, del gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza e Aica ha deciso di avviare un'istruttoria per verificare se le agenzie turistiche online, Booking ed Expedia, limitino, attraverso gli accordi con le strutture alberghiere, la concorrenza sul prezzo e sulle condizioni di prenotazione tra i diversi canali di vendita, ostacolando la possibilità per i consumatori di trovare sul mercato offerte più convenienti».
«Oggetto di analisi dell'Antitrust le clausole previste da Booking ed Expedia che vincolano le strutture ricettive a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale di prenotazione (siti web degli alberghi compresi) - prosegue il comunicato - secondo l'Antitrust, l'utilizzo di queste clausole da parte delle due principali piattaforme presenti sul mercato potrebbe limitare significativamente la concorrenza sia sulle commissioni richieste alle strutture ricettive che sui prezzi dei servizi alberghieri, in danno, in ultima analisi, dei consumatori finali». Il procedimento dovrà concludersi entro il 30 luglio 2015.
Istruttoria anche su TripAdvisor
A seguito di una segnalazione da parte dell’Unione nazionale consumatori, l’Antitrust ha aperto un’istruttoria anche su TripAdvisor, volta a verificare se la società svolga o meno un attività di censura sulle false recensioni online. «La veridicità delle recensioni - dichiara Massimiliano Dona (nella foto accanto), segretario generale dell'Unione nazionale consumatori - è fondamentale per tutelare i consumatori, ma anche per la credibilità degli stessi albergatori».
«Siamo molto soddisfatti - aggiunge Dona - che l'Autorità abbia avviato un procedimento per pratica commerciale scorretta, come si legge nella nota dell'Antitrust, “per verificare se la società adotti misure idonee a prevenire e limitare il rischio di pubblicazione di false recensioni, sia sotto il profilo informativo che relativamente alle procedure di registrazione” anche perché proprio TripAdvisor avrebbe tutto l’interesse a garantire l’attendibilità dei giudizi, pur preservando la libertà della rete, per evitare che un'idea geniale, nata per sfruttare a pieno lo spirito di condivisone di Internet, imploda su se stessa con il sospetto di essere ispirata a logiche di interesse e magari anche da intese anticoncorrenziali».
Anche il vicepresidente vicario Fipe-Confcommercio Aldo Cursano (nella foto sotto), schierato da più di due anni in prima linea per difendere i diritti di critica vera dei clienti e per difendere nello stesso modo la reputazione dei ristoratori, si dichiara soddisfatto dell’attenzione rivolta alla questione delle false recensioni online.
«Finalmente le Istituzioni si stanno muovendo per capire le dimensioni esatte del fenomeno TripAdvisor - dichiara Cursano - che spesso danneggia pesantemente i nostri operatori. Ci auguriamo che l’istruttoria aperta dall’Antitrust possa anticipare un provvedimento legislativo che faccia ordine e chiarezza sui comportamenti da assumere sulla piattaforma virtuale dove si scambiano opinioni, giudizi e commenti relativi ad attività commerciali. Le recensioni fasulle sono frequentemente troppo numerose e inattendibili per non suscitare perplessità e dubbi».
«Abbiamo anche cercato di coinvolgere TripAdvisor - prosegue Cursano - per cercare assieme una soluzione che ponesse il portale al riparo dall’uso scorretto e sospetto che ne viene fatto da parte di agenzie fittizie di web-reputation di cui la stessa TripAdvisor ammette l’esistenza. Purtroppo il dialogo, al di là delle buone intenzioni, non ha portato ancora risultati concreti. Non esiste un modo per verificare che la critica sia frutto di un’esperienza realmente vissuta dal cliente nel ristorante, né esiste ancora un modo per limitare il commento a pura e insindacabile opinione personale del consumatore».
«Troppo spesso - conclude Cursano - ci troviamo di fronte a messaggi che sfociano nella diffamazione. Se consideriamo che le offese vengono lette da un numero incalcolabile di frequentatori del portale, mi pare che ci sia poco da discutere. Prova ne sia una recente sentenza della Cassazione che ha condannato per diffamazione l’autore di un commento offensivo rilasciato su un social network».