Non per essere sciovinisti al contrario rispetto ai cugini d’oltralpe, ma francamente siamo davvero stanchi di questi ridicoli piazzamenti (per usare un eufemismo) dei cuochi italiani in quello che si vuole spacciare come il più importante concorso di cucina internazionale. Comunque si cambi la gestione, per la nostra squadra il risultato al
Bocuse d’or è sempre una figuraccia dovendo guardare dal basso un podio europeo sempre occupato da nordici.
Se la cucina mediterranea (sia pure innovativa, creativa e magari sopra le righe...) non piace alle giurie del Bocuse d’or, ma fa riempire i nostri ristoranti di turisti di tutto il mondo, forse è il caso di porsi qualche domanda. E non certo per spirito antisportivo. Anzi.
Da tempo abbiamo contestato gli investimenti fatti per andare a questa competizione. E non già perché vogliamo evitare un confronto. Ma perché ci andiamo azzoppati e in condizioni di inferiorità culturale e professionale visto che la nostra ristorazione (che pure nel mondo è la prima per gradimento) non dispone di un concorso nazionale ugualmente prestigioso e in cui avere una sfida, sulle nostre basi, con cuochi di altri Paesi.
Avevamo un tempo concorsi importanti, ma li abbiamo abbandonati perché molti critici li giudicavano all’insegna di una cucina tradizionale e obsoleta. Forse è tempo di rilanciarne qualcuno o di avviarne uno ex novo. Da Paracucchi a Marchesi, di nomi a cui dedicare un concorso internazionale ne avremmo da scegliere. Questa sarebbe l’occasione per un ragionamento alto sul futuro della ristorazione italiana a cui anche le associazioni più importanti, dalla Uir a Le Soste, dai Jre alla Fipe, potrebbero portare un prezioso contributo.
Per ora lasciamo perdere il Bocuse d’or e dedichiamoci a rafforzarci evitando nuove figuracce. Una volta affermato un concorso italiano, potremo tornare ad inviare i nostri cuochi anche alla gara “francese” dove, forse, non saremo più considerati fra gli ultimi a prescindere dalla qualità dei concorrenti.