Sono passati 50 anni da quando Giancarlo Begnoni (nella foto, a destra) decise di dedicare ai millesimi migliori un Amarone in cui l’eleganza dei profumi e la morbidezza del gusto si abbinassero alla stoffa abitualmente poderosa di questo rosso tra i più celebrati d’Italia. Con l’annata 2007, infatti, la famiglia Begnoni dell’azienda Santa Sofia di Pedemonte di Valpolicella (Vr) festeggia i primi 50 anni del suo prestigioso Gioè, un Amarone in cui l’eleganza dei profumi e la morbidezza del gusto, abbinati alla stoffa abitualmente poderosa, lo ha reso un vino tra i più celebrati d’Italia. Da allora Gioè è stato prodotto soltanto in diciassette annate e in un numero di bottiglie limitato, che si è assestato negli ultimi anni intorno alle 15 mila unità.
«Il Gioè - racconta Giancarlo Begnoni - rappresenta l’impegno di tutta la mia vita, quello di produrre vini di qualità che sappiano dare piacere a chi li beve». Era il 1964 quando, giovane enologo, Giancarlo trovò sulla sua strada la «botte favolosa», per dirla con le sue parole, che ha dato inizio alla storia del Gioè, ma anche al suo percorso di enologo e imprenditore. «Il vino di quella botte - ricorda Giancarlo Begnoni - era talmente speciale che non poteva non essere valorizzato con un nome e un’etichetta speciali».
Per capire la portata dell’intuizione bisogna andare indietro con la memoria. Erano i tempi in cui si cominciava a discutere delle denominazioni di origine controllata (per l’Amarone della Valpolicella sarebbe arrivata nel 1968), tempi in cui non c’erano regole produttive e l’Amarone non era il vino di successo che è oggi. «La produzione - racconta Giancarlo - era dominata da bottiglioni e damigiane, una situazione che mi stava stretta. Ambivo a produrre vini di qualità e capivo la necessità di ammodernare le strutture di cantina e imbottigliamento, perché anche da lì passa la strada per la qualità». Una strada in salita, insomma, che Giancarlo ha affrontato con intuizioni e scelte che oggi, dopo 50 anni di storia del vino, possono sembrare ovvie, ma che allora erano davvero lungimiranti.
A dare vita al Gioè sono le migliori uve provenienti dai vigneti collinari delle zone più vocate della Valpolicella Classica nelle annate più felici. «Se le uve sono fondamentali, altri due sono gli elementi cruciali: la vinificazione e la maturazione in legno. È nel corso della lunga maturazione in cantina - 24 mesi in botti di rovere di Slavonia e 18 in botticelle da 225 litri di rovere francese - che si determina il risultato, in particolare per quanto riguarda il bouquet. Solo quando sono profondamente convinto di trovarmi di fronte a un Amarone di eccezione nasce il Gioè».
Diciassette annate in mezzo secolo, che si festeggia nel 2014 con il millesimo 2007 e un’etichetta speciale. «Il 2007 è stata quella che si può definire un’ottima annata - sottolinea Giancarlo - ma con un andamento meteorologico particolare. All’inverno mite e scarsamente piovoso ha fatto seguito una primavera con temperature al di sopra della media e un’estate afosa. Le piogge di agosto hanno risolto le difficoltà delle viti e le successive condizioni di bel tempo hanno permesso una maturazione perfetta e una vendemmia ottima anche se penalizzata nella quantità».
L’etichetta del 2007, l’annata del cinquantenario, è volutamente differente da quelle delle 16 anni precedenti ed è densa di elementi simbolici. «Osservandola in controluce - spiega il figlio Luciano Begnoni (nella foto, a sinistra), che si occupa del marketing e delle vendite - si possono leggere tutte le diciassette annate in cui il Gioè è stato prodotto. La disposizione delle date richiama le colonne della villa palladiana sede della nostra azienda, mentre il logo del cinquantenario rimanda a un particolare del fregio della copertina dei Quattro libri dell’architettura di Andrea Palladio, ripreso nelle etichette dei nostri vini più pregiati».
Il Gioè è un Amarone della Valpolicella Doc Classico. Le uve provengono da vigneti di collina nei comuni di Negrar, Fumane e San Pietro in Cariano, a nord di Verona. Esse sono Corvina e Corvinone (70%), Rondinella (25%), Molinara (5%), con appassimento delle uve per un periodo variante dai 90 ai 120 giorni. Da 100 kg. d’uva si ottengono 40 litri di mosto fiore che hanno un alcool di circa 15,5%; acidità totale 5,5-6‰; estratto secco netto 35-37‰. La maturazione avviene per 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 20 hl e 30 hl con successiva permanenza di altri 18 mesi in barrique da 225 litri di rovere francese di media tostatura. Riposa e si affina per altri 18 mesi in bottiglia.
Descrivendolo possiamo dire che ha colore rosso rubino intenso tendente nel tempo al granato. Ha profumo speziato, caratteristico, con leggeri sentori di vaniglia e liquirizia. In bocca è caldo, ampio, con bella acidità che sostiene bene la tannicità vellutata; nel finale si avverte una giusta tostatura che porta il gusto verso il caffè e le spezie gentili (noce moscata, chiodi di garofano, vaniglia). Un vino da grandi occasioni per accompagnare grandi arrosti, selvaggina da pelo e formaggi stagionati. Si concede gradevolmente anche come vino da meditazione.
Il nome “Gioè” indica la parte superiore del colle Monte Gradella, zona dalla quale si sono sempre ottenute uve qualitativamente superiori sia per le caratteristiche del terreno che per la continua esposizione solare.
La degustazione a Vinitaly
Per festeggiare i primi 50 anni del prestigioso Gioè Amarone della Valpolicella Doc Classico all’ultimo Vinitaly è stata organizzata una verticale di cinque annate (2007, 2000, 1998, 1995 e 1977) e, in chiusura, l’abbinamento con alcune preparazioni del pluristellato chef veronese Giancarlo Perbellini (nella foto sopra, secondo da destra).
Ad aprile la degustazione l’introvabile 1977, a cui hanno fatto seguito il 1995, 1998, 2000 ed ha chiuso l’ultimo in commercio, il 2007. Una degustazione emozionante ed emozionale dove i fortunati ospiti presenti hanno avuto modo di capire cosa ha voluto dire selezionare solo 17 annate su cinquanta. I commenti sarebbero sprecati. L’unica cosa da far rimarcare è la piacevolezza di beva di ognuno di essi con un ricordo al 1977 (vino per filosofi, una esperienza), al 1998 (completo ed equilibrato) e al vintage 2000 (freschezza, armonia, lunghezza e balsamicità).
A fine degustazione, com e accennato, sono stati serviti tre assaggi di piattini presentati e realizzati dal famoso chef veronese Giancarlo Perbellini. Lui stesso ha spiegato: «In abbinamento al Gioè, che è un Amarone molto elegante, ho immaginato tre piatti in un crescendo di intensità. Aprirà una tartare di vitello all’olio crudo con pistacchi di Bronte e fragoline di bosco all’aceto balsamico tradizionale di Modena per la pastosità del pistacchio e il richiamo al frutto rosso. A seguire una spuma leggera di ceci con mozzarella burrata, olio crudo e pepe nero affumicato a complemento dello speziato del vino. Chiuderà un cubo rosa di manzo con salsa al brasato e purè di patate, un classico per l’abbinamento con rossi importanti».
Tra un volo e l’altro per Hong Kong, molto impegnato per l’apertura della sua ultima «creatura», Giancarlo Perbellini ha accettato l’invito di Luciano Begnoni a coronare con le sue chicche e la sua presenza questa storica verticale di Gioè.
Ha condotto la degustazione la brava collega Clementina Palese (nella foto sopra), che ci ha fornito anche i dati per realizzare questo servizio.
Santa Sofia
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