Risale a poco più di due mesi fa la mozione approvata dalla Camera che impegnava il Governo ad accelerare l’adozione dei decreti attuativi della legge sull’etichettatura, approvata nel gennaio 2011, e a premere sull’intervento dell’Unione europea. «La consapevolezza dell’importanza del sistema agroalimentare nazionale - aveva spiegato in quell’occasione l’on. Luca Sani, uno dei firmatari della mozione - è stata la molla che ha spinto tutti i gruppi parlamentari a collaborare alla stesura di una mozione unanime e articolata in più punti. In Italia l’agroalimentare garantisce 34 miliardi di export (+8% nel 2013) su 245 miliardi di euro di fatturato nazionale (17% del Pil)».
A distanza di oltre tre anni da quella legge, il 33% della produzione complessiva agroalimentare venduta in Italia ed esportata come made in Italy, contiene materie prime di provenienza straniera, senza che i consumatori ne siano al corrente. Lo conferma Roberto Moncalvo (nella foto), presidente della Coldiretti dal 2013.
«La legge sull’etichetta di origine - dichiara Moncalvo in un’intervista al Corriere della Sera - che ottenemmo con non poca fatica nel 2011, non ha mai avuto i decreti attuativi. Dagli anni 2000 a oggi gli unici prodotti in cui abbiamo ottenuto questa obbligatorietà dall’Unione europea sono quelli per cui si sono verificate pesanti crisi di sicurezza alimentare. La carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza, il pollo dopo l’emergenza aviaria, l’ortofrutta fresca. Ma in generale si può dire che l’etichetta è anonima per circa la metà della spesa degli italiani».
Affinché questa situazione cambi, è necessario che il nostro Governo sia unito nella convinzione che il made in Italy va sostenuto al meglio, essendo uno tra i maggiori fattori di traino dell’economia. «Manca la volontà politica - continua Moncalvo nell’intervista al Corriere della sera - e speriamo che con questo governo le cose possano prendere un’altra piega. Purtroppo sulla legge dell’etichettatura ha vinto la forza delle lobby dell’agroindustria italiana che continua in modo miope a credere che il made in Italy sia solo una questione di ricette a prescindere dall’origine del prodotto».
Suscita stupore proprio il fatto che siano le grandi aziende agroalimentari italiane a sfruttare la mancanza di trasparenza, in nome di un guadagno sicuro. «Dall’inizio della crisi - aggiunge Moncalvo - le frodi in questo settore sono triplicate, le persone si vedono costrette ad acquistare prodotti che costano meno, ma comprano confezioni che richiamano al made in italy e dell’Italia hanno poco o niente».
La legge 4 del 2011 sarebbe fondamentale per porre fine alla vendita e al consumo di prodotti che di italiano hanno ben poco; se è vero che il ministero della Salute, come sostiene Moncalvo, è in possesso di tutti i dati necessari per reprimere questa tendenza, allora intervenire è suo preciso dovere; purtroppo però «questi dati - conclude il presidente di Coldiretti - sono trattati come se fossero un segreto di Stato. Se queste informazioni fossero pubbliche sarebbe facile capire quali sono le industrie che importano prodotti dall’estero e poi li piazzano sugli scaffali con il bollino made in Italy».
In nome della qualità che ha reso l’agroalimentare made in Italy un’eccellenza riconosciuta nel mondo, è doveroso intervenire per porre fine alle falsificazioni e alla mancanza di trasparenza, che stanno colpendo il nostro mercato.
Per questo motivo Italia a Tavola, anche a nome di tutti coloro che credono nel valore del Made in Italy agroalimentare, chiede ufficialmente un chiarimento al ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, nella speranza che si possa finalmente arrivare ad una legge chiara e definitiva sull'etichettatura dei prodotti alimentari a tutela del made in Italy, che ci rende unici nel mondo.