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La tridimensionalità gustativa del Cervaro della Sala 2004

Il Cervaro della Sala Castello della Sala, ottenuto con un 90% di Chardonnay e un 10% di Grechetto, è un vino che ha vinto numerosi premi e ottenuto importanti riconoscimenti per la costante qualità dimostrata negli anni

 
04 aprile 2013 | 11:45

La tridimensionalità gustativa del Cervaro della Sala 2004

Il Cervaro della Sala Castello della Sala, ottenuto con un 90% di Chardonnay e un 10% di Grechetto, è un vino che ha vinto numerosi premi e ottenuto importanti riconoscimenti per la costante qualità dimostrata negli anni

04 aprile 2013 | 11:45
 

La storia del più glorioso vino bianco italiano nasce con l’annata 1985 ed è, per stessa ammissione del suo artefice, figlia del caso. Lo svolgimento naturale della fermentazione malolattica fece intuire a Renzo Cotarella, che all’epoca seguiva la tenuta umbra di Antinori sotto la supervisione di Giacomo Tachis, tutte le potenzialità di uno Chardonnay che portasse però l’imprinting della regione di provenienza con un saldo di uve locali (il Grechetto in questo caso).

Considero il Cervaro un “vino amico”, una di quelle etichette che hanno scandito da sempre il mio percorso di amatore (vedi il caso anche qui) con sopraggiunta licenza di scrittura. Un vino che affronto sempre con curiosità al momento della nuova uscita (fantastico il 2010, non a caso il bianco dell’anno in base all’incrocio dei premi delle Guide) e che ho ripercorso più volte con verticali, orizzontali ed ogni altra disciplina enigmistica.

Ne ricordo una in particolare, alcuni anni or sono, in un locale di Orvieto, trasformatasi in una sorta di rito collettivo con ciascuno dei presenti (compresi illustri e solitamente abbottonati “guidaioli”) indotto dall’alchimia della serata ad aprire il cassetto dei ricordi e raccontare un aneddoto, un episodio, qualcosa comunque di intimo legato a quella particolare annata di Cervaro. Ecco la magia del vino, il potere evocativo che lo rende, per quanto mi riguarda, il mezzo di teletrasporto preferito. Tanti i millesimi del cuore, non sempre e non necessariamente i più celebrati dalle sacre scritture della critica, tendente in una certa fase ad osannare la volumetria fine a se stessa.

Vini comunque di lunga gittata, in genere accomunati da una prima plènitude tropicaleggiante e burrosa che, con il riassorbimento del rovere di elevazione, tende a lasciare il campo a lati più intriganti di erbe officinali, resina, nocciola, pietra focaia, tartufo, canfora. Annate fresche, sollevate, come la 1996 e la 1999, passate inizialmente in secondo piano, sono da tempo in uno stato di grazia particolare.

Proprio a pochi giorni dal prossimo Vinitaly, voglio rendere omaggio ad una felicissima degustazione organizzata dagli Antinori al Palazzo della Ragione di Verona durante il Vinitaly dello scorso anno. L’ennesimo crocevia che mi ha messo di fronte alla splendida versione 2004, una delle più ispirate di sempre per tridimensionalità gustativa. E qui si è riaccesa la luce della memoria, la vera spia della grandezza di un vino. Cervaro, amico mio.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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