Sul quotidiano online Affaritaliani.it il cuoco Paolo Manfredi (nella foto) del ristorante milanese 'I Valtellina” espone il proprio punto di vista sul recente caso di Equitalia e dell'indebitamento nei confronti dello Stato, che in molti, troppi casi ha portato a scelte estreme come il suicidio. Su questi avvenimenti e sul ruolo di Equitalia, stretta tra la funzione di agente pubblico di riscossione e le sempre più numerose minacce e intimidazioni da parte di ignoti, si è espresso di recente su Italia a Tavola il presidente del Consorzio Cuochi e Ristoratori di Lombardia, Matteo Scibilia, che ha chiesto un ritorno della politica a una posizione di mediazione e contenimento delle tensioni sociali. Scibilia inoltre ha sottolineato, così come fa ora Manfredi, la necessità di fare distinzioni tra chi paga le tasse in ritardo e chi invece evade il fisco.
Per l'interesse pubblico e la rilevanza della questione, riteniamo interessante riportare integralmente qui di seguito l'intervento di Paolo Manfredi.
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I marziani esistono e sono tra noi! Dimenticatevi degli omini verdi e dell'Area 51, gli extraterrestri sono in mezzo a noi, e la Repubblica (organo ufficiale dei belli, bravi, buoni ed educati che non buttano le carte per terra, fanno raccolta differenziata e soffrono per le ingiustizie del mondo) ce ne ha addirittura offerto un dialogo. Uno scooppone che neanche il Blick (quotidiano svizzero caro all'editore del Giornale di Quelli che Hanno Ragione, che risiede in Svizzera ma solo perché ama il cioccolato).
Il primo marziano era Massimo Giannini, firma di punta della Repubblica dei Giusti, mentre il secondo era nientepopodimeno che Attilio Befera, il Gran Gabelliere. Che non si scherzava un cazzo era chiaro dall'occhiello che prometteva e minacciava: 'L'Italia deve tornare alla legalità. Da febbraio nuovi blitz stile Cortina”.
Ora, confesso da vecchio cuoco affezionato alle istituzioni che leggere un'intervista in prima pagina ad un civil servant di primissimo piano mi ha fatto un po' specie: ero rimasto che la politica dichiarava e disponeva e i grands commis eseguivano solerti e silenziosi. Ma sono vecchio, appunto, il mondo è cambiato, con il golpe degli Intelligenti i politici stanno ai giardinetti a giocare (poco male) e gli intelligenti usciti finalmente dalle loro aule e dai loro uffici ci illuminano, e governano il paese, Eletti non eletti.
Poi, lo sappiamo da Mork & Mindy, i marziani non sono come noi e non li tieni fermi e zitti, soprattutto dopo che sono andati a vedersi 'Vacanze di natale a Cortina” (pagando il biglietto, of corse), si sono indignati e tornati in ufficio hanno deciso di raddrizzare la schiena a questo popolo di finti nullatenenti con il Cayenne e l'aereo privato.
Sono andati nella 'Gomorra delle Dolomiti” i nostri marziani (Sankt Moritz ringrazia) convinti di trovarvi la Ferilli e De Sica, e hanno portato a casa qualche commerciante furbetto e qualche svizzero di comodo, ma ormai il solco è tracciato e allora saranno 10, 100, 1000 Cortina, ché i marziani quando si mettono una cosa in testa non ce n'è.
Tutta l'Italia sarà cortinata, è il senso del dialogo di sociologia marziana fra il giornalista del Bene, che sudava indignazione come fosse in sauna e il Gran Gabelliere che indicava dritto come un fuso la retta via senza una concessione, un dubbio, un forse: chi non è con me è un grande evasore e morta lì.
Certo, il sordido evasore affamapopolo con le dita grassocce sul volante di un Suv nero intento a spaventare i ciclisti mentre parla al cellulare con a fianco la moglie finta bionda con le tette finte e la pelliccia in direzione di Cortina dove si spenderà i soldi guadagnati in nero dalla vendita delle armi ai bambini del Darfour mentre risulta nullatenente non fa simpatia a nessuno.
Solo i marziani, i pirla e i bugiardi possono pensare che tutto il recente casino su Equitalia, comprese le manifestazioni criminali, nasca dall'esigenza popolare di difendere tali figuri, e infatti non è così. Se il Gran Gabelliere e il suo fido scrivano volessero chiudere il testo di sociologia marziana e aprire un qualunque libro onesto di sociologia economica terrestre (ad esempio l'ottimo 'Luigini contro Contadini” di Gabrio Casati), scoprirebbero che questa categoria odiosa è in compagnia di altre categorie un po' meno mediatiche.
Se per curiosità o per forza vi troverete a passare in una sede di Equitalia difficilmente vi troverete il sordido evasore e più probabilmente incontrerete il vostro barista che ha lasciato indietro qualche rata di contributi ai dipendenti (non, si badi bene, gli stipendi) perché se sei senza soldi prima paghi i dipendenti, poi i fornitori e poi lo Stato. Con questi, gli uomini del Gran Gabelliere (che è direttore dell'Agenzia delle Entrate e Presidente di Equitalia), possono andare tranquilli: tutto è stato dichiarato e poi non versato, non servono i blitz e 007, basta mandare una cartella con una bella cifra sopra e fare partire il tassametro. Più difficilmente incontrerete la terza categoria di questo bel quadretto: l'artigiano che al sud lavora in nero e che costituisce un puntino di quella sterminata economia informale che tiene in piedi le regioni meridionali e che non sopporterebbe la legalizzazione agli attuali livelli di pressione fiscale (non lo dico né io né Bossi ma quel liberale di Sinistra di Gabrio Casati).
Se alzate gli occhi e rileggete il dialogo marziano tra Giannini e Befera pensando al vostro barista o a quel signore che vi ha venduto l'olio in Puglia quest'estate capirete forse che dipingere il lavoro di Equitalia come una crociata del bene contro i signori del male è un tantino forzato. Tra i grandi evasori che sanno come scappare (e all'occorrenza possono patteggiare) e un'economia informale che non può essere intaccata per ragioni di unità nazionale, buona parte del carico di questa crociata sta su artigiani e piccoli imprenditori che avranno pure qualche debito con lo Stato, ma non sono Al Capone e grazie a questo hanno prodotto Pil che altrimenti non ci sarebbe stato (leggetevi 'Storia della mia gente” di Edoardo Nesi). Ma raccontare questa realtà è meno bello e soprattutto non dispone bene verso il nostro ineluttabile destino: pagare sempre più tasse.
Certo, si dirà che l'Agenzia delle Entrate e Equitalia sono meri bracci operativi dello Stato che eseguono direttive della politica. Non potrei essere più d'accordo e infatti penso che l'ottimo Befera prima di tornare in pensione su Marte dovrebbe compiere il suo incarico con la discrezione che è propria dei grandi servitori dello Stato, mentre la politica (se ancora ci sarà) o almeno i membri del golpe degli intelligenti dovrebbero riscrivere le regole per renderle meno italiane (forti con i deboli e deboli con i forti). Propongo una formuletta facile facile: un po' per uno tra grandi evasori, piccole imprese e economia informale. Altrimenti, godetevi la ricetta che vi regalo, ottima per i tempi.
La ricetta
Zuppa di rape, pane e patate
Tra gli aumenti delle tasse, la stretta creditizia e le cortina te di Befera c'è poco da stare allegri. Dimenticata la crapula berlusconiana tuffiamoci nella monacale semplicità che contraddistingue lo stile del golpe degli Intelligenti con questa zuppa che può tranquillamente essere auto prodotta con un pezzettino di orto e del pane (sui quali avrete ovviamente pagato l'Imu e la reintrodotta tassa sul macinato).
Ingredienti: 1 litro di brodo di carne, 3 panini raffermi, 400 gr di rape piccole, 3 patate, olio d'oliva, Grana Padano.
Togliere la crosta ai panini, tagliare a fettine la mollica. Mettere le fettine di pane sulla piastra del forno e farle dorare. Pelare e affettare le rape e le patate e metterle a bollire in acqua salata. Quando sono cotte, scolarle e metterle in una casseruola unta di olio; farle dorare e aggiungere a poco a poco un mestolo di brodo, finché si sfanno. Mettere sul fondo di una zuppiera riscaldata le fette di pane, le rape e le patate, aggiungere il brodo e stemperarlo delicatamente con gli altri ingredienti (la zuppa deve risultare piuttosto densa). Infine spolverizzare di formaggio e passare ancora 5 minuti in forno caldissimo per gratinare leggermente la superficie.
Beveteci sopra un Dolcetto di Dogliani prodotto vicino alla dimora italiana dell'editore svizzero della Pravda dei Buoni o ancora meglio acqua. Del rubinetto però che sennò alla Repubblica dei Puliti se ne hanno a male.
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