Che relazione c'è tra le tariffe postali e una corretta informazione? Il raddoppio di alcuni costi di gestione per gli editori quanto può influire sulla possibilità di fare aggiornamento in un settore come la ristorazione o l'enogastronomia? A queste domande di alcuni lettori, colpiti dalla durezza con cui nei giorni scorsi abbiamo accusato il Governo di aver compiuto un vero e proprio attentato alla libertà di stampa, rispondiamo senza alcuna esitazione: il provvedimento dei ministri Scajola e Tremonti è grave, ignobile e, soprattutto, pericoloso perché mira a strangolare quelle realtà che, come la nostra, vogliono restare indipendenti per poter dare voce a tutti, al di là del 'colore” di chi governa a Roma o sul territorio.
Neanche in un Paese sotto dittatura succede che il Governo, in segreto, emana un decreto con cui aumenta a dismisura le tariffe di un'azienda privata (tali sono le Poste), senza che nemmeno questa ne sia al corrente, tanto che sul suo sito sono passate almeno 48 ore prima che ci fosse un aggiornamento...
L'effetto del decreto è devastante soprattutto per la piccola e media editoria (a cui apparteniamo) anche se in apparenza spaventa i grandi. Senza rimborsi postali il costo per spedire un libro a casa passerà da 1 euro a 7 euro. Per spedire una rivista (quelle generaliste, quelle specializzate o quelle delle Diocesi, poco importa) o un semplice foglio di aggiornamento (come nel caso di associazioni no profit e sindacati di categoria) in alcuni casi si arriva ad aggravi del 500%. Molte società editrici saranno costrette chiudere, con ricadute sulle tipografie che stamperanno di meno... Ma così non sarà per tutti. I grandi gruppi tipo Mondadori (Mediaset), Confindustria e Rizzoli potranno infatti negoziare direttamente con le Poste e spuntare buoni prezzi a spese dei piccoli. E se i più piccoli chiuderanno, più pubblicità potrà tonare al circuito televisivo, avvantaggiando - guarda caso - soprattutto Mediaset che non ha tetti alla raccolta pubblicitaria... Come dire che questo decreto sembra fatto apposta per accelerare il processo di concentrazione editoriale che in silenzio sembra stare a cuore agli occupanti di Palazzo Chigi, da cui ci attendiamo una scossa per smentire questi sospetti che non vengono da Di Pietro o dalle 'toghe rosse”, ma da aziende che magari votano anche per il centrodestra.
Il decreto firmato da un ministro 'farlocco” come Scajola potrebbe mandare in crisi un intero settore e mettere sulla strada migliaia di addetti. Quello che indigna, fra l'altro, è che in questo momento di crisi (che colpisce duramente anche tutta l'editoria) Poste italiane non risulta in crisi, anzi. L'ex azienda pubblica, oggi privata, sbandiera sul suo sito risultati economici brillanti e il Governo non ha nemmeno l'alibi di salvare i suoi conti. Come se non bastasse, non è che il Governo toglie con una mano agli editori dando dall'altra, come avviene nel resto dell'Europa. Non c'è infatti alcun incentivo a chi vuole trasferirsi su web (come 'Italia a Tavola” ha peraltro già fatto). Né c'è un programma di sviluppo di internet su banda larga, così da dare impulso a nuove forme di comunicazione e informazione. L'unica cosa che è stata fatta è l'attivazione della piattaforma del digitale terrestre per la tv, che esclude i piccoli e, guarda caso, ha fra i suoi partner la famiglia Berlusconi. Per non parlare della mancanza di possibilità normatiove per creare un circuito alternmativo alle Poste...
In fondo la piccola e media editoria libera non chiede niente, né sussidi, né aiuti: basta non aumentare in maniera assurda i costi di gestione. Solo così possiamo fare il nostro lavoro e non limitarci a spacciare marchette per articoli o valorizzare 'sgallettate” di turno o qualche vino solo perché piacciono a qualche potente. Vogliamo solo poter sopravvivere con le nostre gambe e camminare senza piegare la schiena.
E a proposito di camminare, all'inutile ministro Scajola (che si sorprende che aumentano i costi della benzina in assenza di rincari sui mercati del petrolio...), ci permettiamo di ricordare quanto proprio lui è finora costato ai cittadini solo perché abita ad Imperia. Nel vicino aeroporto di Albenga, da quando è ministro (dal 2002), Alitalia e Air One hanno infatti istituito dei voli con Fiumicino assolutamente inutilizzati se non da lui. Aerei desolatamente fermi sulle piste con tanto di equipaggio a disposizione del solo Ministro. Il tutto pagato con fondi del Governo. E la lista di quanto ci costa è molto più lunga...
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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