Il Tartufo bianco della Valle Ghenza, in Basso Monferrato, è stato il protagonista di una serata al ristorante MaMì di Milano, all’interno dell’Hotel Melià di via Monte Bianco. Meno conosciuto di quello di altre zone d’Italia, a cominciare dalla vicina Alba, ma dal carattere forte, con profumi e sapori intensi. E, nella guida alla scoperta di questo piccolo tesoro del cuore della terra monferrina, la chef Patrizia Grossi ha proposto un menu in esclusiva, accompagnato dai vini della cantina Castello di Uviglie.
Il Tartufo bianco della Valle Ghenza protagonista a Milano
Il Tartufo bianco della Valle Ghenza
La Valle Ghenza, che si estende da Stevani di Rosignano Monferrato fino a Frassinello, presenta un terroir particolare con terreni compatti che favoriscono la crescita del tartufo anche a profondità di 50 cm nei prati di fondo valle. Questo ambiente produce un tartufo dalle caratteristiche uniche, espressione autentica del territorio, con profumi (e aromi) intensi. Oltre al suo valore gastronomico, il tartufo della Valle Ghenza rappresenta un elemento chiave di un sistema agricolo sostenibile. Le tartufaie coesistono con prati dedicati alla produzione di fieno per le Fassone piemontesi, mentre pratiche tradizionali come la “Fujà” hanno contribuito a creare un ecosistema favorevole alla crescita dei tartufi. Le famiglie locali custodiscono saperi e tecniche tramandati nel tempo, garantendo la continuità di questa produzione per le future generazioni.
La Valle Ghenza presenta un terroir particolare
Emanuele Rendo, agronomo dell’Associazione Tartufai della Valle Ghenza (attiva dal 2017), ha spiegato: «Il Monferrato - non per merito ma un po' per negligenza - è stato abbandonato negli anni ‘50-‘60 dove tutti andavano a Torino e Milano per lavorare ed è ancora una zona dove sopravvivono tantissime tartufaie naturali, tantissimi boschi e comunque una certa biodiversità del paesaggio. Questa è stata anche un po' la nostra fortuna perché il Monferrato è territorio di autenticità culinarie e naturali. Nel tempo i tartufai hanno cercato di acquistare dei terreni e di fare degli impiantamenti e di delimitare la zona: stiamo parlando di una tatufaia controllata, una riserva, di 52 ettari, ma di una superficie non chiusa di più di 90 ettari di tartufaie naturali che fino a poco tempo fa erano aperte a tutti». E ancora oggi, quella dei tartufai, è una tradizione che si passa di generazione in generazione.
Quella dei tartufai è una tradizione che si passa di generazione in generazione.
E se gli si chiede quale sia la differenza con il Tartufo d’Alba, con una punta di ironia, ma senza scherzare troppo, spiega: «La differenza è che il tartufo d'Alba è sempre stato spesso quello del Monferrato». «Possiamo dire - aggiunge scherzando Silvia Sassone, responsabile del progetto “Rosignano Accoglie - in modo assolutamente goliardico, che noi siamo la boutique e Alba è il supermercato». Tuttavia, come detto, il Tartufo della Valle Ghenza, anche per le difficoltà di crescere in terreni così compatti, riesce a sprigionare aromi e sapori ancora più intensi, come dice ancora Sassone: «È una zona con una produzione molto limitata, poiché il tartufo bianco cresce in pianura. Questo ambiente presenta condizioni pedoclimatiche più difficili, rendendo la crescita del tartufo più impegnativa. Tuttavia, quando riesce a svilupparsi, è un vero portento: concentra in sé tutte le proprietà organolettiche in modo straordinario».
Rosignano accoglie, non solo Tartufo bianco
La valorizzazione del Tartufo bianco della Valle Ghenza è un elemento centrale del progetto “Rosignano Accoglie - Saperi e Sapori in Monferrato”, vincitore del Bando Borghi del PNRR, anche grazie alla spinte del sindaco Cesare Chiesa. Questo progetto, finanziato dall’Unione Europea, ha l'obiettivo di trasformare Rosignano Monferrato (Al) in un punto di riferimento per cultura, enogastronomia e innovazione. Il progetto prevede la realizzazione di un Centro culturale presso Casa Cassano, dedicato alla tutela e alla divulgazione della cultura enogastronomica locale. È prevista anche l’istituzione di una Scuola del Gusto, con laboratori e spazi polivalenti, per catalogare ricette, riti e tradizioni locali. In collaborazione con la Fondazione Casa Artusi, sarà avviata una scuola di cucina.
Rosignano Monferrato
L'obiettivo è sviluppare Rosignano Monferrato come polo di attrazione a livello nazionale e internazionale, promuovendo l’occupazione e valorizzando l’identità e i processi produttivi locali. Inoltre, il progetto punta a valorizzare il territorio coinvolgendo giovani, famiglie e visitatori in esperienze legate ai saperi e sapori locali.
Tartufo bianco della Valle Ghenza, la cena a MaMì
Al MaMì, la chef Grossi ha proposto un menu semplice all’apparenza, ma ricco di aromi, profumi e sapori. Come entrée sono state serviti del Baccalà in crema tartufata e una Focaccia brie, funghi porcini e Tartufo bianco della Valle Ghenza. A seguire, ecco una Battuta di Fassona piemontese, olio evo del Monferrato e Tartufo bianco della Valle Ghenza. Quindi un Risotto mantecato con parmigiano 30 mesi e tartufo.
Focaccia brie, funghi porcini e Tartufo bianco della Valle Ghenza
1/5
Battuta di Fassona piemontese, olio evo del Monferrato e Tartufo bianco della Valle Ghenza
2/5
Risotto mantecato con parmigiano 30 mesi e Tartufo bianco della Valle Ghenza
3/5
Arrosto alla maniera antica
4/5
Torta di mele di Rosignano Monferrato con gelato e Tartufo bianco della Valle Ghenza
5/5
Previous
Next
La chef ha quindi proposto un Arrosto alla maniera antica, una vecchia ricetta tipica del Monferrato dove l’arrosto di vitello accompagnato da una salsa di con acciughe sotto sale, senape e aceto. Ingredienti tipici della zona dove si è sempre coltivata senape e in cui, facendo parte della Via del Sale, si è sempre fatto ampio uso di acciughe e baccalà dato che erano gli unici due pesci che si riuscivano a conservare nel passato. A chiudere, una Torta di mele di Rosignano Monferrato con gelato e tartufo bianco della Valle Ghenza.
Valle Ghenza, i vini di Castello di Uviglie
Ad accompagnare la cena, i vini di Castello di Uviglie, con sede proprio a Rosignano Monferrato, una cantina storica della zona, come ha spiegato Niccolò Petrilli, sales manager della cantina: «Tartufo e vini sono complementari e si esaltano a vicenda. La Cantina del Castello di Uviglie è attiva nella viticoltura dal 1491, ha completato nel 2020 un'importante ristrutturazione. Ospita le più grandi cave di affinamento vini di tutto il Piemonte. I vini presentati questa sera sono stati selezionati per far conoscere il nostro territorio e, naturalmente, il tartufo, offrendo un'occasione per apprezzarne le qualità e la tradizione». Particolare, in questo senso, il calice di Albarossa degustato con le scaglie di Tartufo. Si tratta del 1491 - il cui nome deriva dalla prima data documentata di prima vinificazione al Castello di Uviglie -, un 100% Albarossa, vitigno figlio di un incrocio floreale della Barbera con il Nebbiolo di Dronero, e di cui, in tutto il Piemonte vengono prodotte appena 300.000 bottiglie. Si tratta di un vino che presenta una spiccata speziatura, una piacevole acidità e una robustezza al sorso la rendono un ottimo abbinamento con piatti speziati e con sapori intensi, incluso, ça va sans dire, il Tartufo: il 1491 è stato servito in accompagnamento all’arrosto. L’Albarossa di Castello di Uviglie, fa una fermentazione in cemento, cui seguono una lunga macerazione e un lungo affinamento prima in legno e poi in bottiglia.
Le Cave - Mandoletta: il Metodo Classico di Castello di Uviglie
Ad accompagnare le entrée, è stato invece servito, Le Cave - Mandoletta, un Metodo Classico che beneficia delle cave di affinamento in pietra da Cantoni, una marna formatasi dall'antico mare che ricopriva il Piemonte. Queste cave, scavate dall’800 d.C. fino al 1960, rappresentano un elemento distintivo della cantina. «Siamo stati i primi - ricorda Petrilli - a produrre il Metodo Classico nel Monferrato, utilizzando Pinot Nero e Chardonnay». Il Mandoletta è compost, infatti, al 50% da Pinot Nero e al 50% da Chardonnay. A seguire, con Battuta di Fassona e Risotto, ecco il Bricco del Conte, una Barbera che subisce una fermentazione parziale in cemento e in acciaio, seguita da un affinamento di un anno in vasca d'acciaio, che le conferisce rotondità, struttura ed eleganza. Il risultato è un vino fresco e corposo, estremamente versatile, che si abbina perfettamente anche con l’aromaticità del tartufo.