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Cosa mangiava D'Annunzio? Lo svela un vecchio libro di ricette della sua cuoca

Le ricette di Martina, cuoca di D'Annunzio, raccolte in un elegante volume, rivelano un'arte culinaria raffinata e antica, da valorizzare negli istituti alberghieri per la loro sapienza

 
24 luglio 2024 | 15:54

Cosa mangiava D'Annunzio? Lo svela un vecchio libro di ricette della sua cuoca

Le ricette di Martina, cuoca di D'Annunzio, raccolte in un elegante volume, rivelano un'arte culinaria raffinata e antica, da valorizzare negli istituti alberghieri per la loro sapienza

24 luglio 2024 | 15:54
 

«Le ricette di Martina, Clarissa d'Annunziana» potrebbero insegnare molte cose agli chef e ai cuochi del giorno d'oggi, malati di protagonismo televisivo. Una miniera d'oro raccolta in un elegante volumetto pubblicato alcuni anni fa dalla famiglia di Gabriele Seresina di Villa Sostaga di Gardone Riviera.

Cosa mangiava D'Annunzio? Lo svela un vecchio libro di ricette della sua cuoca

In un libro le 114 ricette di Martina Bazzani Seresina, cuoca di D'Annunzio

Martina Bazzani Seresina, la cuoca di D'Annunzio che scrisse 114 ricette

Così lo scritto originale del Vate in apertura: «Dichiaro - con intiera sincerità - che Martina Bazzani Seresina governò lungamente la mia foresteria della Mirabella con perizia, con diligenza, con probità esemplari. Passò poi al servizio del Vittoriale e moltiplicò le sue belle qualità per eccesso di devozione. Grande è il mio rammarico che, per necessità familiari, ella sia costretta a lasciare la mia casa. Ma la seguono la mia riconoscenza e i miei auguri. 21 febbraio 1931. Firmato: Gabriele D'Annunzio». La governante-cuoca, per undici anni al servizio del Vate, aveva scritto diligentemente gli ingredienti e la dettagliata preparazione di ben 114 ricette: dalle minestre, alle paste, alla superba polenta alla tedesca, le carni, i pesci di lago; e ancora i dolci con in testa la torta autarchica fino al ricostituente e al decotto aperitivo. Altro che "nouvelle cousine"! Scoprire per credere: dai prodotti esclusivamente locali fino alla minuziosa descrizione dei tempi di cottura. Un manuale da far conoscere negli istituti alberghieri perché è anche un trattato di sapere culinario. Impossibile descriverle tutte, interessante invece la prefazione della professoressa Elisabetta Conti dell'Università Cattolica.

«Le ricette di Martina - scrive - sono il frutto di un'arte antica e diligente. Tra riso e agnolotti, carne di manzo e pesci di lago, uova a centinaia dalle galline ovaiole del Vittoriale cotte ad arte ("La gente sciocca pensa che cuocere un ovo in guscio o un ovo sodo sia facile. È arte difficile e di rari maestri, è più difficile del comporre un incensurabile sonetto" dal "Libro Segreto" di D'Annunzio) fanno capolino i dolci ed i gelati in vera ghiottoneria maniacale. Non manca la frutta amata sinceramente dal D'Annunzio parco e attento alla propria salute, così alternativo al D'Annunzio buongustaio, amante del cibo come ornamento estetico dell'attività amorosa». Insomma, sapienza di un'arte che si fa rito: "Cinque le dita e cinque le peccata". Questa frase è incisa sulla stanza delle reliquie del Vittoriale. Per il Vate i vizi capitali erano solo cinque e non sette, perché la lussuria e l'avarizia - ricorda sempre la professoressa Conti - per lui non erano da considerare peccati. La gola era invece contemplata tra i peccati e tutto ciò che riguardava il cibo era propedeutico al tema dell'eros.

Il Vate poi, mistico giocatore di ruoli tra il sacro e il profano, provava affetto per tutte le sue Clarisse, semplici domestiche o governanti della casa. Erano figure care al Poeta quando le aveva scoperte visitando il santuario di San Damiano ad Assisi. «Le Clarisse si affacciano alle finestre - da l'Allegoria dell'Autunno -, vanno e vengono, scendono nel chiostro, risalgono, spiano, aspettano, anelano. È un gran pigolare, e un gran ciacolare tra le colonne e gli arbusti..». È così colpito da queste donne viste nel coro di nostra dama la povertà, da usare questo termine per indicare le donne che lo accudivano al Vittoriale. Attraverso le "ricette di Martina", D'Annunzio ricorda infine che la mensa era un rito al quale partecipavano gli ospiti secondo regole di raffinatezza stabilite da un anfitrione attento alla cucina e alla presentazione del cibo, un rito che diventa estetismo estremo per soddisfare palato e vista. Ma anche la gola all'insegna, spesso dell'eros!

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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