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O Roma o Orte, dal km zero siamo passati al no degli agricoltori alle politiche green 

Il blocco dei trattori: una protesta agricola che pone questioni cruciali. Gli agricoltori lamentano tasse, tagli ai sussidi, bassi salari, mancanza di mano d'opera, acquisti sottocosto e eccessiva burocrazia

di Alberto Lupini
direttore
 
09 febbraio 2024 | 08:30

O Roma o Orte, dal km zero siamo passati al no degli agricoltori alle politiche green 

Il blocco dei trattori: una protesta agricola che pone questioni cruciali. Gli agricoltori lamentano tasse, tagli ai sussidi, bassi salari, mancanza di mano d'opera, acquisti sottocosto e eccessiva burocrazia

di Alberto Lupini
direttore
09 febbraio 2024 | 08:30
 

Gli agricoltori che hanno bloccato mezza Europa, di ragioni ne hanno tante, e sacrosante. Dall’aumento delle tasse al taglio ai sussidi agricoli, dai bassi salari alla mancanza di mano d’opera, dagli acquisti sottocosto della grande distribuzione all’eccessiva burocrazia. Che i contadini possano lavorare e guadagnare il giusto è nell’interesse di tutti, visto che per ciascuno di noi è di primaria importanza mangiare bene per vivere meglio.

Sono tante le ragioni per cui gli agricoltori si sentono traditi dalla politica, così come dalle associazioni di categoria, al punto di averli spinti ad una protesta che in Italia si è spinta fino a Roma, con tanto di raduno (non certo nostalgico) ad Orte, per difendere il loro lavoro e i benefici sociali che derivano da quello.

O Roma o Orte, dal km zero siamo passati al no degli agricoltori alle politiche green 

Quanto 'pesano' le politiche green?

A ben guardare, i blocchi dei trattori sono un segnale a riflettere su dove tutti (dalle istituzioni europee ai Governi nazionali, dalle associazioni a noi cittadini) vogliamo andare e su cosa vogliamo investire. In ballo non ci sono solo i costi dei carburanti o il riscaldamento delle serre, ma anche cosa arriva sulle nostre tavole. E in mezzo ci sono le politiche green di cui tanto si è parlato e che ora mostrano il conto sempre più caro e che fanno schizzare i costi finali che deve affrontare l’agricoltore, e a cascata il consumatore.

Finora l’attenzione dell’opinione pubblica è stata pilotata su problemi più che marginali o con prospettive lontanissime (dalla carne coltivata agli insetti), tralasciando le questioni centrali che ora vengono al pettine: l’importazione di grano e prodotti provenienti da Paesi che per produrre non sono soggetti ai severissimi (e costosi) disciplinari a cui devono invece rispondere i produttori italiani per garantire salubrità di ciò che mangiamo. 

Sul mercato non possono stare prodotti agricoli coltivati senza rispettare le regole Ue

Sul tavolo si sono sommate in una sorta di tempesta perfetta l’aumento delle materie prime a fronte di prezzi di vendita (alla Gdo e all’industria alimentare) inferiori ai costi di produzione, mentre l’apertura alla carne e all’ortofrutta dai Paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) con cui l’Unione Europea ha definito un accordo di reciproche tariffe doganali uguali, farebbe saltare oi già precari equilibri perchè sono prodotti con costi di gran lunga inferiori a quelli europei.

Se si trattasse di produzioni che seguono le stesse regole e con costi simili, poco male. Vincerebbe, giustamente, chi fa più qualità. Ma così non è, e per questo la protesta dei trattori ha portato la Commissione Europea ad eliminare - al momento - il progetto per ridurre ulteriormente l’uso di pesticidi (costosi) in Europa. Ma fino a quando durerà questa difesa della nostra situazione? L’agricoltura non è a costo zero e a livello mondiale non dobbiamo dimenticare che è il primo settore a livello di inquinamento (seguita dall’industria della moda). Su ciò che mangeremo dovremo sempre più vigilare, altro che illuderci che con il km zero avessimo trovato una soluzione.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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