«Il
Parmigiano Reggiano propone un patto con la ristorazione. Il Consorzio ci metterà le risorse per sostenere la rinascita di un comparto strategico, così che
i ristoranti diventino il palcoscenico naturale per valorizzare il Parmigiano e tutti i prodotti di qualità. Noi rappresentiamo la Dop più importante d’Italia, per storia e per valore, e vogliamo fare la nostra parte per garantire il livello della Cucina italiana».
Nicola Bertinelli,
presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, non ha dubbi e spiega perché il formaggio che tutto il mondo ci invidia vuole essere il partner numero uno di cuochi e ristoratori per promuovere tutta la filiera agroalimentare italiana a partire da Dop e Igp.
Un obiettivo per cui sono
state messe in cantiere iniziative promozionali e attività di formazione per coinvolgere tutta la media e l’alta ristorazione con l’ambizioso obiettivo di rimettere in pista e fare correre di nuovo il mondo del fuori casa, contando anche su quanto può garantire il “nome” del più noto e apprezzato prodotto alimentare italiano. «Uno dei primi passi è stato un
accordo con la realtà congressuale di Identità Golose - spiega Bertinelli - ma certo tutta la ristorazione italiana deve trovare nel Parmigiano Reggiano un alleato per riuscire non solo a offrire piatti ancora più buoni, ancora più sani, ma anche piatti con un “racconto”. Pensiamo che la valorizzazione attraverso prodotti come Parmigiano Reggiano sia un aiuto anche per i ristoratori».
Nel 2020 sono state vendute 3 milioni 940mila forme (+9% a livello mondiale), la produzione più alta nella storia del Parmigiano Reggiano
Serve una legge sulla tracciabilità che garantisca l’origine e la qualità dei prodotti usati in cucina
La realtà da cui si parte è che
territorio e tradizione sono alla base del valore delle cucine italiane, e proprio il formaggio simbolo di questo mondo lo può garantire. Parliamo di una “certificazione” che non può però ovviamente essere solo appannaggio della fascia alta dei ristoranti, dei soli stellati per intenderci. «Il Parmigiano Reggiano è un simbolo dell’Italia e vogliamo contraddistinguere con la nostra presenza nei menu, tutti i ristoranti che lavorano per la buona cucina italiana», sintetizza il presidente del Consorzio. Ma perché questo avvenga, aggiunge, «
è necessario che il formaggio sia davvero utilizzato in cucina e sia proposto con una tracciabilità sicura». Così come oggi molti locali di livello si caratterizzano per offrire in carta acqua San Pellegrino o alcuni vini, allo stesso modo non dovrebbe mancare il Parmigiano.
E questo pone da subito la questione di chi può garantire cosa si usa in cucina e cosa c’è nel piatto, tanto che
Bertinelli rilancia la richiesta di «una legge sulla tracciabilità che imponga di dichiarare l’uso di prodotti a indicazione geografica nei menu. In questo modo sarà anche possibile effettuare controlli da parte delle autorità». Ma usare il Parmigiano non può certo essere un “obbligo”. Si tratta ovviamente di un’opportunità, per questo il Consorzio intende collaborare con i cuochi organizzando occasioni di aggiornamento e formazione. «Il buon cibo migliora la qualità della vita - precisa il presidente - ed è interesse di tutti valorizzare questa realtà per sostenere tutto il mondo legato all’enogastronomia, che è un altro dei pilastri del progetto che vogliamo condividere con i ristoratori.
La cucina di qualità sarà sempre più legata alla materia prima italiana di qualità e da qui deve partire la rinascita di questo mondo, in cui noi siamo fra i protagonisti».
Nicola Bertinelli Ma a questo punto nasce un interrogativo: come mai il Consorzio del Parmigiano Reggiano, il principe dei prodotti alimentari italiani, sente la necessità di un rapporto più stretto con la ristorazione?
Tutto nasce dalla pandemia - spiega Bertinelli -
il 2020 è stato un anno veramente particolare e abbiamo venduto 3 milioni 940mila forme (+9% a livello mondiale), la produzione più alta nella storia del Parmigiano Reggiano. Poiché il Parmigiano Reggiano viene venduto mediamente dopo 22 mesi di stagionatura, di fatto abbiamo collocato sul mercato la produzione del 2018, che era 3.700.000 forme. È stato un
anno straordinario perché le attese a causa dei
dazi di Trump,
della Brexit e del Covid erano per un crollo dei consumi, ma in realtà i consumi sono esplosi. Di fatto ha chiuso la ristorazione per decreto e i cittadini sono andati a comprare in negozio quello che volevano mangiare a casa... ed è così che è esploso il consumo di Parmigiano Reggiano.
Pur con i ristoranti chiusi, il Parmigiano cresce nelle vendite. Come è possibile?
Il mercato del fuori casa si è ridotto lo scorso anno per noi al 2% del totale, anche se i consumatori, che riconoscono la qualità superiore del nostro prodotto, lo chiedono espressamente per il 65% al ristorante, ma probabilmente non sempre alla domanda corrisponde l’offerta (
per dirla tutta, non sempre viene portato in tavola quel che si dice, ndr). Da qui l’idea del patto con la ristorazione e la trasparenza per non creare più dubbi ai clienti e contribuire a valorizzare la Cucina. In fondo, per 10 grammi in più di Parmigiano Reggiano sulla pasta, un ristorante ha solo 10 centesimi di food cost, ma il valore che garantisce al piatto vale molto di più... Anche per questo
vogliamo aiutare tutti i gestori e i cuochi ad avere consapevolezza del valore aggiunto assicurato dall’uso di materie prime di qualità.
Come simbolo a un tempo di qualità al top e di territorialità, sembra quasi che il Parmigiano voglia porsi rispetto alla filiera agroalimentare un po’ come lo Champagne per il vino...
Nei fatti il consumatore in tutto il mondo ci considera al vertice del nostro settore. E del resto
il Parmigiano Reggiano è una Dop, i prodotti Dop sono quelli le cui caratteristiche dipendono dal luogo dove il prodotto viene fatto. Le sue caratteristiche organolettiche sono dovute ad alcune componenti tipiche, come tre lattobacilli buoni che crescono sulle foraggere di questo piccolo territorio che si basa su una filiera garantita che permette il passaggio dai foraggi al latte, dal latte al formaggio. Questo è il Dna del Parmigiano Reggiano e della Dop, dei suoi aromi e sapori. E questo ci rende unici al mondo.
Magari non è sempre facile trasferire al consumatore, o anche al cuoco, questa caratteristica di “unicità”.
Il Parmigiano Reggiano è un prodotto noto come nome, ma quando si chiede perché è diverso... allora iniziano le difficoltà. Per questo
destineremo risorse importanti per comunicare ai consumatori, non solo in Italia ma anche all’estero (che assorbe il 44% della produzione), le ragioni per le quali il Parmigiano Reggiano non può essere sostituito da nessun altro tipo di formaggio. Ed oltre a spiegare la nostra distintività andremo anche a rafforzarne le caratteristiche attraverso modifiche del disciplinare di produzione che legano ancora di più il prodotto al territorio. Cerchiamo di essere uno strumento per la crescita e lo sviluppo di questo territorio, perché quando ami un prodotto vuoi andare a vedere dove viene fatto e come viene fatto. Siamo convinti che il Parmigiano Reggiano possa essere uno strumento di crescita anche per i luoghi dove viene fatto e quindi essere un volano in più per il turismo, che già può contare su tante eccellenze alimentari dalle nostre parti. Per questo
ci poniamo come cabina di regia per il comparto del turismo enogastronomico.
In pratica puntate a fare da “marca guida” di un’importante fetta del comparto agroalimentare.
Il Parmigiano Reggiano non è la marca di un’azienda, non è Apple, è la marca di un territorio e in questo territorio abbiamo 2.520 produttori di latte che fanno latte certificato per produrre un formaggio unico al mondo. 307 caseifici trasformano quel latte in formaggio, 10 imprese di stagionatura, e di porzionatura, oltre alle catene distributive sono il resto della nostra filiera. E infine c’è il consumatore. Il Consorzio ha un grande obiettivo: quello di
unire tutti questi player in un grande progetto che si chiama valorizzazione del Parmigiano Reggiano. Il Consorzio sta diventando da consorzio di prodotto a consorzio di filiera affiancando i vari player. Faccio un esempio: i produttori di latte vedono nel Consorzio un alleato perché se il latte viene prodotto in allevamenti dove non c’è un livello di benessere, di rispetto degli animali, di sostenibilità che noi riteniamo adeguato, il Consorzio interviene anche con risorse economiche per permettere a questo produttore di latte di fare un passettino in avanti.
Il Parmigiano Reggiano non deve essere solo il formaggio più buono, deve essere anche quello con maggior valore. Quindi deve avere anche questi valori, rispetto dei diritti degli animali e sostenibilità, che oggi sono fondamentali per l’acquisto di un prodotto.
Sostenibilità, ma anche salute...
Certo, abbiamo come primo obiettivo la salute dei cittadini, perché il cibo, che non è medicinale, sicuramente è un mezzo attraverso il quale migliorare la qualità della vita e allungare la vita stessa. Il Parmigiano Reggiano può essere un
grande alleato e oggi ci stiamo orientando anche sui
giovani, dicendo loro che il Parmigiano Reggiano può avere delle occasioni di consumo che vanno oltre al grattugiarlo sulla pasta o sulla pizza. È ad esempio un
grande alleato per chi fa sport, come integratore naturale dopo l’attività sportiva. Ecco perché abbiamo testimonial giovani, penso a Jannik Sinner, che non solo sono dei campioni che utilizzano il Parmigiano Reggiano nella loro preparazione, ma sono anche persone che impersonificano i valori del Parmigiano Reggiano. Quindi persone che si danno da fare, persone leali e oneste. E il nostro, non dimentichiamolo, è un
prodotto assolutamente senza additivi.
Territorio, sostenibilità, salute e ristorazione. Quali sono le altre strategie commerciali? Così come vogliamo offrire nuove opportunità ai cuochi dei ristoranti, così collaboriamo anche con l’industria alimentare per il miglioramento dei loro prodotti. Barilla produce oggi un pesto in cui il Parmigiano è l’unico formaggio; siamo partner di Rana per kit speciali che contengono pasta, sugo e formaggio; nei 400 punti vendita di Autogrill saremo l’unico formaggio, della nostra categoria, in vendita; saremo in vendita nella rete delle librerie Feltrinelli dotate di bar. Tutte situazioni per rafforzare il prestigio e la credibilità di un prodotto che ha mille anni di lavorazione artigianale alle spalle.
Sul fronte della pubblicità ci sono novità in arrivo?
Anche qui vogliamo marcare la differenza. Non abbiamo in programma spot tv ma
realizzeremo una serie su Netflix in cui il nostro formaggio sarà protagonista, coi suoi valori e la sua tipicità.
Per concludere, qualche notizia sui mercati esteri. Dopo la crisi dei dazi di Trump come va l’export?
Come dicevo, l’inizio dello scorso anno si era presentato molto difficile. I dazi negli Usa (che pesano per il 20% del nostro export con 11mila tonnellate) erano passati dal 15% al 40% in valore. In più crollava il mercato interno italiano, insieme ai prezzi, per il Covid. Ma poi c’è stata l’esplosione dei consumi, anche all’estero, ed ora in più abbiamo la
decisione di Biden di ridurre nuovamente i dazi, con la speranza che ciò possa durare nel tempo. Per noi è importante perché su quel mercato c’è ad esempio la forte concorrenza sleale del “Parmesan”. Negli Stati Uniti avvieremo una forte campagna promozionale digital per sostenere la domanda in crescita. Faremo iniziative di marketing importanti anche su altri mercati, tipo Germania e Francia, con l’acquisto di spazi tabellari sulle televisioni.
I numeri del Parmigiano Reggiano nel 2020
- 3.940.000 forme prodotte (3.754.193 nel 2019, variazione del 4,9%) pari a circa 160.000 tonnellate
- 5 provincedella zona di origine (Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova destra fiume Po, Bologna sinistra fiume Reno) dove avviene la produzione dei foraggi, la produzione di latte, la trasformazione in Parmigiano Reggiano, la stagionatura e il confezionamento
- ZEROinsilati (divieto di uso di foraggi fermentati nell’alimentazione delle bovine)
- ZERO additivi e conservanti in tutte le fasi di produzione
- 13,5 litri di latte per la produzione di 1 kg di formaggio
- 520 litri di latte necessari per produrre una forma
- 39,9 kg peso medio di una forma a 12 mesi
- 2.609 allevatori/conferenti latte ai caseifici
- 267.000 bovine di oltre 24 mesi di età per la produzione di latte
- 2,18 milioni ditonnellate di latte prodotto
- 20,6% della produzione nazionale di latte
- 321 caseifici produttori
- 1,35 miliardi di euro giro d’affari alla produzione
- 2,35 miliardi di euro giro d’affari al consumo
- 50.000 persone coinvolte nella filiera produttiva
- 59.524 tonnellate esportate (53.785 nel 2019, +10,7%)
- 44% quota export
Chi è Nicola Bertinelli
Nicola Bertinelli, 48 anni, è ceo dell’Azienda Agricola Bertinelli che opera dal 1895 a Medesano, sulle colline parmensi, producendo Parmigiano Reggiano Dop. Ha un background formativo singolare: dopo le lauree in Scienze Agrarie e in Economia e Commercio conseguite all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Bertinelli si è infatti trasferito in Canada per frequentare un master in Business Administration (MBA) presso la prestigiosa Facoltà di Agraria dell’Università di Guelph. In Nord America è rimasto oltre tre anni, lavorando come
professor assistant. Al ritorno in Italia, ha assunto le redini dell’azienda di famiglia, affiancando il padre Gianni. In pochissimi anni, ha trasformato profondamente l’Azienda Agricola Bertinelli, inventandosi un modello di business totalmente nuovo.
La sua filosofia imprenditoriale si basa su alcuni concetti chiave. Innanzitutto la
filiera, perché l’Azienda Agricola Bertinelli gestisce in proprio tutta la catena del Parmigiano Reggiano Dop, dalla produzione dei foraggi all’allevamento delle bovine, dalla produzione del latte alla lavorazione dello stesso in caseificio, dalla stagionatura alla distribuzione. Poi “
distintività”, intesa come volontà di valorizzare e promuovere il Parmigiano Reggiano Dop, con un’offerta per consumatori moderni ed evoluti, che tenga conto delle esigenze di mercato e delle specificità culturali dei vari Paesi, così da crescere anche in termini di export. Ne sono un esempio prodotti come il Parmigiano Reggiano Dop Millesimato, il Parmigiano Reggiano Dop Kosher e il recente ottenimento della certificazione Halal (dall’arabo “lecito”).
L’8 aprile 2017 è stato eletto per la prima volta presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano; il 17 aprile 2021 è stato rieletto ed ha iniziato il suo secondo mandato.
PER APPROFONDIRE:
Per informazioni:
www.parmigianoreggiano.com