Il tagliere che proponiamo questa volta, composto da tre formaggi Dop, ha per due di essi la pecora come “madre” (origine del latte), mentre per il terzo la vacca. Per uno di essi il “padre” (territorio di provenienza) è il Lazio, per un altro la Sicilia e per il terzo la Lombardia. Età misurabile in mesi per tutti e tre. Scopriamoli insieme e cominciamo con il Pecorino Romano Dop.
Pecorino Romano Dop
Il Pecorino Romano Dop è un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto con latte ovino intero proveniente da greggi allevate allo stato brado e alimentate su pascoli naturali. La zona di produzione comprende l’intero territorio delle regioni Lazio e Sardegna e la provincia di Grosseto. Alla denominazione Pecorino Romano Dop si può aggiungere una delle tre menzioni aggiuntive “Lazio”, “Sardegna” e “Grosseto”, a condizione che l’intero ciclo produttivo si compia nel territorio geografico indicato. Ognuno dei tre territori possiede un logo che può essere esposto insieme a quello della denominazione.
Pecorino Romano Dop
Il Pecorino Romano Dop può essere immesso sul mercato come formaggio da tavola dopo 5 mesi e come formaggio da utilizzarsi grattugiato dopo 8 mesi. L’aroma è caratteristico, il sapore aromatico e lievemente piccante per il formaggio da tavola (stagionato 5 mesi), piccante, intenso e gradevole a stagionatura avanzata nel formaggio da grattugia (stagionato 8 mesi). Ha forma cilindrica a facce piane con diametro compreso tra 25 e 35 cm e altezza compresa tra 25 e 40 cm; peso variabile da 20 a 35 kg in relazione alle dimensioni della forma.
Le origini risalgono all’epoca dell’Impero Romano. Il metodo di lavorazione, molto simile a quello attuale, fu descritto da Columella nel suo “De re rustica”. A partire dal 227 a.C. si diffuse anche in Sardegna, dove sussistevano identiche condizioni ambientali e di allevamento.
Il Pecorino Romano Dop si conserva in un ambiente fresco e asciutto, ancora avvolto nel proprio incarto d’acquisto. È commercializzato Fresco, Semistagionato o Stagionato, in forme intere, a tranci, porzionato, preconfezionato e grattugiato. Sul tagliere, di cui costituisce chicca golosa, porremo lo Stagionato 5 mesi.
Dopo gli 8 mesi di stagionatura, lo utilizzeremo come formaggio da grattugia per insaporire i piatti caratteristici laziali, dagli spaghetti all’amatriciana agli spaghetti cacio e pepe. Una variante della classica cacio e pepe è fatta con la golosa aggiunta delle favette novelle, quando vi è disponibilità.
Cacio e pepe con favette novelle
Ingredienti per 4 persone: 330 g di spaghettoni, 80 g di Pecorino Romano Dop grattugiato, 500 g di favette novelle, 1 cipollotto fresco, sale e pepe qb, un filo d’olio extravergine di oliva, qualche fogliolina di menta
Preparazione: estrarre le favette dal baccello e immergerle in acqua bollente per 10 secondi. Pulire dalla pellicina, soffriggere con poco olio il cipollotto tritato, unire le favette pulite e coprire con acqua a filo; regolare di sale e pepe e profumarlo a piacere con foglioline di menta. Cuocere alcuni minuti e poi frullare il tutto, ottenendo una crema verde, liscia e omogenea. Cuocere gli spaghettoni come di regola in acqua poco salata e scolarli al dente conservando un po’ di acqua di cottura. In una padella mantecare con il Pecorino Romano Dop, poca acqua di cottura e pepe sino a ottenere una consistenza cremosa della salsa così lavorata. Porre in una fondina calda la crema di fave e porzionare gli spaghettoni, spolverare con Pecorino Romano Dop e pepe.
La versione originale della cacio e pepe richiede minor tempo e la preparazione è la stessa al netto delle operazioni inerenti alle favette.
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Pecorino Siciliano Dop
Il secondo formaggio che posizioniamo sul tagliere è anch’esso un pecorino. Il Pecorino Siciliano Dop è un formaggio a pasta semicotta e dura, prodotto con latte ovino intero e crudo, proveniente da animali allevati nella zona di produzione. È immesso in commercio tutto l’anno nelle tre tipologie Fresco (maturazione da 20 a 30 giorni), Semistagionato (maturazione da 60 a 90 giorni) e Stagionato (maturazione di almeno 120 giorni). La zona di produzione interessa l’intero territorio della Sicilia. Le origini del Pecorino Siciliano, o “picurinu”, come viene chiamato in Sicilia, risalgono al periodo classico, benché di fatto si accenni già a formaggi di latte di pecora nell’Odissea di Omero. Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia classificò i formaggi nazionali ed esteri dell’epoca classica e a proposito del cacio siciliano lo definì uno dei migliori formaggi.
Pecorino Siciliano Dop
Tra le peculiarità organolettiche c’è il sapore equilibrato, conferito da un insieme di elementi. Fra questi, riveste un ruolo fondamentale l’alimentazione quasi esclusivamente al pascolo degli ovini da cui è ottenuto il latte utilizzato per la produzione, nonché la quantità di grasso in esso presente. Il latte utilizzato viene fatto coagulare con caglio di agnello. La cagliata ottenuta viene riposta nei tipici canestri di giunco, detti fascedde. La crosta è gialla e molto rugosa. Questo per via dei segni lasciati dalle fascedde. Le modalità di trasformazione del latte incidono significativamente sulla qualità finale e il legno rimane il migliore amico del casaro. Il metodo di produzione prevede che le forme vengano rivoltate più volte nelle fascedde per conferire la caratteristica forma a cilindro.
Il Pecorino Siciliano Dop si conserva in un ambiente fresco oppure in frigorifero, nello scomparto meno freddo, a una temperatura ideale di 4°C. L’ideale è mantenerlo avvolto nell’incarto d’acquisto, in carta da forno o da formaggio. Semistagionato lo poniamo sul tagliere, Stagionato lo utilizziamo come formaggio da grattugia, per insaporire gustosi primi piatti.
Valtellina Casera Dop
E dalla Sicilia si compie balzo in direzione nord e si giunge in Valtellina per conoscere, degustare e apprezzare il Valtellina Casera Dop. È un formaggio di latte vaccino parzialmente scremato prodotto da bovine alimentate prevalentemente con foraggi della zona di produzione. La zona di produzione ricade nel territorio della provincia di Sondrio. Le origini risalgono al XVI secolo e sono legate alla nascita delle prime latterie che si diffusero nel territorio della provincia di Sondrio. Queste raccoglievano il latte per lavorarlo durante la stagione invernale, quando il bestiame veniva messo a riparo nelle stalle del fondovalle. Il Valtellina Casera, infatti, si produceva solo in inverno, dal momento che il latte estivo era destinato alla lavorazione in alpeggio per produrre il Bitto. L’etimologia della parola Casera deriva dal latino “caseus”, a testimonianza dell’influenza che il mondo romano ebbe nell’arte casearia. Il termine indica anche la cantina o il magazzino dove vengono riposti i formaggi per la stagionatura.
Valtellina Casera Dop
Con il Valtellina Casera si è “raccolto” sotto un solo nome il prodotto tipico della lavorazione delle latterie sociali, turnarie o delle singole aziende agricole comunemente chiamata “latteria”. All’interno dei contenitori chiusi in cui si conserva il formaggio Dop può essere inserita qualche zolletta di zucchero per assorbire l’umidità. Il latte utilizzato, proveniente da due o più mungiture, viene parzialmente scremato prima di essere sottoposto a coagulazione, sfruttando lo sviluppo spontaneo della microflora casearia.
Il sapore è dolce e si sposa con i piatti della tradizione valtellinese, ma può diventare un gustoso ingrediente anche di ricette moderne e creative. Con il protrarsi della maturazione diventa più intenso e aromatico e ricorda gli aromi della frutta secca e i profumi dei foraggi affienati.
Il Valtellina Casera Dop è di forma cilindrica regolare, con superfici piane e facce di diametro di 30-45 cm; lo scalzo è dritto, alto 8-10 cm e il peso è variabile da 7 a 12 kg in relazione alle dimensioni. Si conserva bene in luoghi freschi e asciutti e, se riposto in frigorifero, va collocato nello scomparto meno freddo. Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Valtellina Casera Dop. Il fresco lo poniamo sul tagliere, mentre lo stagionato lo usiamo da grattugia per spolverarlo sui tipici Pizzoccheri della Valtellina Igp.
Composizione del tagliere
Quale la successione di degustazione dei tre formaggi Dop posti sul tagliere? E quale vino abbinare alle tre eccellenze casearie? L’ordine è quello inverso alla nostra presentazione: per primo quindi il Valtellina Casera Dop, a seguire il Pecorino Siciliano Dop e buon ultimo il Pecorino Romano Dop. Per il vino in abbinamento, la decisione è ardua, ma il cimento intriga e appassiona. Si azzarda, sapendo di suscitare stupore: Brunello di Montalcino Docg 2017 di Carpineto. Mi raccomando di servirlo tra i 18 e i 20°C, concedendogli almeno un’ora di decantazione. Apprezzeremo il suo colore rosso rubino intenso, i suoi sentori di vaniglia, il suo sapore caldo e morbido, la sua grande struttura.