La pesca, frutto dalle molte virtù Insuperabile se usata nei dessert

19 luglio 2015 | 17:26
di Piera Genta
Carnosa, succosa, zuccherina e vellutata, è una tipica drupa, frutto del Prunus persica, un albero originario della Cina, dove se ne hanno notizie fin dal 2000 a.C.; introdotto nel bacino mediterraneo a seguito delle spedizioni di Alessandro Magno. All’inizio venne coltivato in Grecia, arrivò poi in Italia e venne portato in Messico dagli Spagnoli. In Oriente vantava la definizione di “frutto dell’immortalità” mentre la superstizione dice che i mobili costruiti con questo legno proteggono la casa e la famiglia dai fantasmi e da diversi pericoli. In Egitto, la pesca era sacra ad Arpocrate, dio del silenzio e dell’infanzia, tanto che ancora oggi le guance dei bambini vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza e carnosità.

In Europa fu invece apprezzato in un primo tempo come pianta medicinale, mentre si diffidava del frutto, che si riteneva tossico. Oggi sappiamo che la mandorla contenuta nel nocciolo della pesca contiene l’amigdalina, un glicoside dell’acido cianidrico, estremamente velenoso. I primi pescheti specializzati in Italia risalgono alla fine dell’800 e sono stati realizzati in provincia di Ravenna. A livello mondiale i maggiori produttori sono gli Stati Uniti, seguiti dall’Italia, Spagna, Grecia, Cina, Francia e Argentina. In Italia le regioni maggiori produttrici sono l’Emilia-Romagna, Campania, Veneto e Lazio.



Possiamo dividere le pesche in tre categorie principali: la pesca comune, caratterizzata da una buccia sottile e vellutata, fornita di sottilissima peluria e che può avere la polpa bianca o gialla; la pesca noce o nettarina dalla buccia liscia e la polpa è generalmente gialla e più soda. Più particolari la percoca, molto simile alla pesca bianca, adatta all’industria conserviera, la pesca tabacchiera, dalla peculiare forma schiacciata, e la merendella calabrese, dal colore biancoverde.

Il frutto è composto per il 90% da acqua, in piccola percentuale da diversi minerali tra cui il più abbondante è il potassio; presenti le vitamine A, B, C; molto basse le calorie, contiene zuccheri che sono facilmente assimilabili dal nostro organismo e molti acidi organici, tra cui l’acido tartarico, malico e citrico. Una pesca di buona qualità deve risultare di colore brillante, soda al tatto ma non eccessivamente dura e non deve presentare ammaccature o aree molli.

Oltre ad essere consumata come frutta fresca, ottima anche affettata nel vino, la pesca viene utilizzata per fare marmellate ed altre preparazioni tra le quali succhi di frutta, sciroppi e liquori, conserve, gelati e moltissimi dessert. Tra i dolci uno dei più noti è la pesca Melba, creata da Escoffier, uno dei più celebri chef di tutti i tempi, dedicata al soprano australiano Nellie Melba e servita per la prima volta a Londra oltre un secolo fa.

In quasi tutte le regioni si trovano delle vecchie cultivar di pesche, una di queste diffusa soprattutto nell’Italia centro settentrionale è la pesca di vigna, nata da seme e da sempre in coltura promiscua nei vigneti che matura nello stesso periodo dell’uva con le quali si prepara uno dei più tipici dessert piemontesi, le pesche ripiene. Nell’elenco del ministero delle Politiche agricole troviamo tre Igp: la Pesca di Leonforte in Sicilia, quella di Verona e la Nettarina di Romagna.

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Alberto Lupini


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