Olio Evo: dal ristoratore al consumatore, serve un cambio di passo per il 2025
L’olio Evo italiano resta poco valorizzato nei ristoranti e non solo. Serve un impegno maggiore da parte di esercenti e clienti per promuovere qualità, tracciabilità e consapevolezza
Quante volte abbiamo raccontato, ma soprattutto sperato, che il patron, il cuoco, i sommelier di un ristorante, divenissero i veri ambasciatori dei prodotti di qualità e insegnassero ai commensali come riconoscere i veri ingredienti di qualità, rispetto ai prodotti quasi insignificanti. In questi anni, molti ristoratori di fascia medio alta, hanno fatto conoscere, un’artigianalità, magari anche del territorio, facendo passi avanti. È molto più facile portare all’attenzione dell’ospite, che si siede, una pasta trafilata in bronzo con un grano speciale, un pezzo di carne della vallata adiacente, un suino allevato allo stato brado o un formaggio di una malga o di un caseificio, stagionato come dio comanda. Ma per l’olio extravergine di qualità, è tutta un’altra storia.
Olio Evo, come far conoscere la qualità
L’olio extravergine di qualità, però, non si mangia o si beve in copiose quantità, ma si può solo abbinare a certi ingredienti e a taluni piatti. Ma non sazierà le nostre voglie, né la pancia, né ci inebrierà, perché ha la sfortuna di essere un grasso potente e nutriente, ma se fatto bene, troppo amaro e piccante. Possiamo raccontare quanto vogliamo, come siano importanti i polifenoli e i tocoferoli, presenti nell’olio artigianale di qualità, ma se il ristoratore non lo presenta, al massimo delle sue possibilità, non faremo mai passi avanti, che questo nobilissimo condimento necessita.
Il problema è il solito ed è difficile da sconfiggere. Al proprietario del ristorante, non frega nulla investire in uno o più oli da inserire in una carta dell’olio o da mettere in tavola, perché lo trova un costo e quindi troppo oneroso da sobbarcarsi, per far quadrare i conti. Ovviamente sto parlando di quei ristoratori miopi e ottusi, che pensano di raggirare lo sventurato cliente che si vede arrivare una bottiglia di simil olio unta e bisunta, senza annata di produzione, proveniente da un azienda imbottigliatrice, che ha pensato bene di mettere la sede in Toscana o Umbria, giocando sull’italian sounding, ma poi l’olio arriva dalle peggiori regioni del bacino del Mediterraneo, dove gli olivicoltori, non si fanno scrupoli a inviare in cisterne o auto rimorchi, oli inesistenti.
Olio Evo, una battaglia da combattere insieme
Dal 2001 insieme all’immortale Luigi Veronelli, abbiamo camminato intere regioni olivicole, cercando di spronare i saggi contadini a produrre oli di grande qualità, a costo di spendere di più, pur di far assaggiare l’oro verde, nelle tavole della ristorazione italiana. Ma se l’Horeca, nessuno escluso, non fa uno sforzo economico, e anche emozionale e decide di promuovere il vero olio made in Italy, senza difetti, l’olio non vincerà mai. In Italia ci sono ancora 619.000 produttori di cui il 60% ha meno di un ettaro, vale a dire 100/300 piante.
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Di queste aziende, forse mille provano a entrare nel mercato della ristorazione, ma solo la metà ci riesce. Troppo più conveniente, mettere in tavola una bottiglia da 500 ml a 6 euro e chi se ne frega se si perde il tappo e rimane aperta per giorni. Se poi non avesse quel maledetto tappo anti rabbocco, allora si che la bottiglia verrebbe “rincalzata” più volte alle settimana e sai che risparmio per l’esercente.
E il commensale dove lo mettiamo? Allora volete sapere di chi è la colpa, oltre che del ristoratore fraudolento che inganna l’ospite? Del consumatore, che non sa riconoscere un buon olio profumato, da uno nettamente difettoso e maleodorante. Se prima non si riconoscono i difetti di rancido, avvinato, morchia, mosca, metallico, che si annidano dentro gli oli vecchi, o che non sono stati prodotti in maniera attenta e rigorosa, l’olio con cui andrete a condire la pasta, l’insalata, il carpaccio di pesce o la tagliata, rovinerà completamente il piatto, con tanti saluti ai vostri soldi spesi per quel pranzo o la cena a lume di candela.
Olio Evo, buoni propositi per il 2025
Quindi ci auguriamo, che nei buoni propositi del 2025, ci sia davvero una maggiore attenzione da parte del cliente, che deve riconoscere prima ed esigere dopo un grande olio, e speriamo di cuore che la ristorazione tutta, dalle trattorie alle pizzerie, voglia far conoscere il vero olio Evo artigianale italiano meglio se monocultivar, per dare un plus al suo locale e magari aumentare i propri introiti, vendendo l’olio buono, fatto assaggiare pochi minuti prima. Vi auguro uno splendido 2025, ricordandovi sempre, che l’olio è una cosa seria.
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Alberto Lupini