Il tagliere che qui proponiamo, composto da tre formaggi Dop, ha per due di essi la vacca come “madre” (origine del latte), per il terzo la madre è la pecora. Per due di essi il “padre” (territorio di provenienza) è il Nord, mentre per il terzo è il Sud, precisamente la Basilicata. Età misurabile in mesi per tutti e tre. Scopriamoli insieme e cominciamo con il Montasio Mezzano Dop.
Montasio Dop
Il Montasio Dop è vanto caseario del Friuli-Venezia Giulia. Lodevole l'attività svolta dal Consorzio per garantire il benessere animale preservando sempre la massima qualità in un’ottica di sostenibilità ambientale. L'obiettivo è tutelare la tipicità, accrescere la qualità del prodotto e rafforzare i fondamentali economici di tutta la filiera. Il totale annuo (anno 2022) di forme vendute è di circa 820mila. A dimostrazione della tipicità e storicità del Montasio, sono trascorsi 250 anni da quando il nome Montasio comparve per la prima volta in un prezzario della Serenissima, nel 1773. Era prodotto pregiato già all'epoca.
Montasio Dop
Il Montasio Dop è un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto esclusivamente con latte vaccino. A seconda del periodo di stagionatura si distingue in quattro tipologie: Fresco, Mezzano, Stagionato e Stravecchio. La zona di produzione del Montasio Dop comprende l’intero territorio del Friuli-Venezia-Giulia, delle province di Belluno e Treviso e parte di quelle di Padova e Venezia. Il Montasio Dop Fresco ha sapore lattico, morbido e delicato, il Mezzano ha sapore più deciso; lo Stagionato ha sapore sapido e aromatico, infine lo Stravecchio ha sapore particolarmente corposo, con leggera piccantezza. Il Mezzano è stagionato tra i cinque e i dieci mesi. Un modo ghiotto di presentarlo in tagliere consiste nell'approntare il Tortino di spinaci e Montasio Dop Mezzano. L'accortezza è servirlo caldo.
Fontina Dop
E passiamo all'altro formaggio di madre vacca e di padre “Nord”: la Fontina Dop. I primi cenni alla Fontina risalgono al 1270, mentre in letteratura una prima citazione del formaggio valdostano risale al 1477, nella Summa Lacticinorum del medico vercellese Pantaleone di Confienza, sebbene la sua storia abbia origini ancora più antiche, tramandate da generazione a generazione. La prima testimonianza visiva risale a qualche anno prima del testo di Pantaleone e si trova in un affresco del castello di Issogne. Nel dipinto viene rappresentata una bottega artigianale che sul bancone ospita forme di Fontina come ancora oggi vengono prodotte e vendute. Esistono poi diverse teorie anche riguardo l’origine del suo nome. Secondo alcuni storici, il nome Fontina sembra riferirsi a un alpeggio di produzione valdostano chiamato “Fontin”. Altre fonti, invece, lo collegano al vecchio villaggio di Fontinaz. Alcune altre teorie, poi, lo associano all’antico termine francese “fondis”, che sta a indicare la capacità di questo formaggio di sciogliersi se esposto al calore, a temperature non particolarmente elevate.
Fontina DopLa Fontina Dop è un formaggio a pasta semicotta, ottenuto da latte vaccino intero prodotto da bovine di razza Valdostana. I bovini valdostani appartengono a tre razze particolarmente definite e selezionate, la Valdostana Pezzata Rossa, che discende probabilmente dai bovini pezzati del nord Europa ed è una razza introdotta in Valle d’Aosta dai Burgundi verso la fine del V Secolo. É anche la specie più generosa nella produzione di latte. La Valdostana Pezzata Nera e la Castana sono le altre due razze presenti in regione e si adattano altrettanto bene alle caratteristiche del territorio valdostano. Inoltre, proprio come la Pezzata Rossa sono a loro agio nel pascolare gli alpeggi in quota.
La zona di produzione della Fontina Dop ricade nel territorio della Valle d’Aosta. La stagionatura avviene in grotte naturali, umide e fredde per almeno tre mesi. Nel primo mese di maturazione della Fontina Dop, le forme vengono rivoltate ogni giorno, alternando un giorno di salatura e uno di spazzolatura, operazioni che agevolano lo sviluppo della caratteristica crosta.
La Fontina Dop possiede caratteristiche specifiche che la rendono decisamente riconoscibile, a dispetto dei molti tentativi di imitazione. Presenta una crosta sottile e compatta, di colore arancio-marrone e una forma cilindrica appiattita. La forma ha un peso medio che si aggira intorno ai 9 kg. La Fontina Dop sul tagliere deve starci nella sua preparazione più celebre e caratteristica: la fonduta valdostana. Squisita e semplice, la fonduta viene cucinata con l’utilizzo di quattro ingredienti base: la Fontina Dop, il latte, il burro e le uova fresche. Nel tagliere la valorizziamo inserendola nei tradizionali voul-au-vent.
Pecorino di Filiano Dop
Andiamo al Sud, dalla mucca passiamo alla pecora. Siamo a Filiano e parliamo del Pecorino di Filiano Dop. È un formaggio a pasta dura, prodotto con latte ovino intero proveniente dalle razze Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e loro incroci. La zona di produzione del Pecorino di Filiano Dop comprende 30 comuni in provincia di Potenza. Uno di questi trenta comuni è Filiano, da cui questo pecorino prende il nome. Sin dai tempi degli antichi romani, la zona del potentino fu interessata da una fiorente attività di allevamento di ovini e di produzione casearia. Il Pecorino di Filiano prende il suo nome dall’omonimo comune situato nell’alta valle dell’Ofanto. Lo sviluppo delle produzioni casearie proseguì in età Sveva e Angioina e crebbe ulteriormente nel XVI-XVII secolo con i Doria, feudatari della zona del Vulture, che organizzarono le strutture produttive stabilendo masserie specializzate per gli ovini.
Pecorino di Filiano Dop Dopo la salatura, effettuata a secco o in salamoia,
le forme vengono fatte stagionare per almeno 180 giorni, nelle caratteristiche grotte in tufo o in idonei locali per la stagionatura. A partire dal ventesimo giorno di maturazione la crosta del formaggio può essere trattata con olio extravergine di oliva prodotto in Basilicata e aceto di vino.
Per la produzione del Pecorino di Filiano Dop si utilizzano tutt’oggi strumenti tradizionali, come il tipico bastone in legno recante una protuberanza all’apice, chiamato scuopolo o ruotolo, usato per rompere la cagliata. La cagliata viene rotta in modo energico sino ad ottenere frammenti di dimensioni simili a quelle di un chicco di riso. Dopo averla lasciata riposare la si raccoglie e la si pone in fuscelle di giunco, pressandola con le dita per favorire la fuoriuscita del siero. Dopo la scottatura in siero, che dura circa 15 minuti, si passa alla salatura che avviene a secco o in salamoia. Infine si lasciano asciugare le forme in un locale fresco e asciutto prima di sistemarle su scaffali di legno nei locali di stagionatura per un tempo variabile, da 2 mesi a oltre un anno. Nel tagliere lo lasciamo proprio tal quale: è ottimo.
Composizione del tagliere
Quale vino da suggerire in abbinamento? Lo si ammette sinceramente ! Nel valutare l'abbinamento, si sta pensando particolarmente alla fonduta. E allora, ben ribadendo che è abbinamento ottimo anche per il Montasio Mezzano e per il Pecorino di Filiano, si versi tranquillamente nell'appropriato calice, servito alla corretta temperatura, un gagliardo e sempre elegante Pinot Nero.