Grano arso, da cibo povero a tipicità ricercata dai grandi cuochi

Un tempo prodotto di scarto recuperato dai campi, oggi il grano arso è diventato un prodotto ricercato dai grandi chef che ne sfruttano le caratteristiche per preparare piatti dall’insolito colore e dall’aroma intenso

21 giugno 2022 | 08:30
di Piera Genta

Nato in Puglia nella zona della Capitanata, un tempo il grano arso era semplicemente l’avanzo della mietitura e per decenni è stato simbolo della tradizione contadina. Infatti era abitudine dei proprietari terrieri lasciare raccogliere ai lavoratori, per uso personale, i chicchi di grano che rimanevano sul terreno dopo che i campi erano stati mietuti e bruciati per prepararli alla successiva coltivazione. La farina ottenuta dai chicchi del grano arso, mischiata a pochissima farina bianca, dava origine ad una farina integrale scura dal gusto amarognolo. Oggi è diventato un prodotto ricercato dai grandi cuochi che ne sfruttano le caratteristiche per preparare piatti dall’insolito colore e dall’aroma intenso e stuzzicante.

Il metodo di produzione è cambiato e il grano non è più bruciato (in quanto il chicco bruciato può contenere sostanze cancerogene), ma deriva dalla tostatura, simile a quella del caffè, di semi sgranati di frumento duro, con metodi controllati al fine di ottenere un colore gradevolmente ambrato, un sapore intenso e sentori d’affumicato. Non ha più il retrogusto amarognolo di una volta, ma note di caffè, aromi d’orzo e nocciola tostata.

Da un punto di vista merceologico non si dovrebbe definire farina, ma è da considerarsi una semola, poiché ha una grana più spessa e non deriva dal grano tenero. In confronto alla farina bianca tradizionale, quella di grano arso ha un maggior contenuto proteico e di ceneri (sali minerali), meno acqua e un basso contenuto di glutine a causa del trattamento termico che subisce. Non si usa puro, ma miscelato con altre farine per preparare pane, focacce, taralli, orecchiate e altre prelibatezze pugliesi.

In panificazione, la farina di grano arso non dovrebbe mai essere presente in quantità superiore al 30%, dove il rimanente 70% è a base di farina di grano crudo. Nella formulazione della pasta alimentare la farina di grano arso può rivestire anche un ruolo di maggiore importanza. La pasta che si ottiene in genere è di tipo fresco, non viene essiccata e, rispetto a quella di grano duro, solitamente tende a sfaldarsi più facilmente, si presta quindi meglio ai formati corti. I condimenti sono quelli consueti: da provare le orecchiette al grano arso con le cime di rapa oppure con pomodorini e burrata o cacioricotta. In ogni caso si consiglia di accompagnare i prodotti a base di grano arso con condimenti leggeri e freschi. Sono anche reperibili paste dal contenuto promiscuo che implicano l’utilizzo di farina di grano arso in miscela a quella normale. Oscar Farinetti, nel suo libro “Serendipity. 50 storie di successi nati per caso”, ha dedicato un intero capitolo a Peppe Zullo, il cuoco che ha riscoperto il grano arso.

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Alberto Lupini


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