Ecco i risultati del progetto di recupero del Peperone di Voghera
il progetto Recupevo, iniziato quasi vent'anni fa, per la tutela e valorizzazione dell'ortaggio pavese, presenta i suoi risultati portando alla luce le caratteristiche organolttiche particolari di questo prodotto
Peperone di Voghera, benvenuto! Esperti, tecnici, agricoltori e studenti si sono ritrovati presso la sala conferenza dell’Istituto Agrario Gallini di Voghera (Pv), dove tutto era iniziato quasi vent’anni fa, per trarre le conclusioni di Recupevo, il progetto di recupero e valorizzazione dell’ecotipo lombardo Peperone di Voghera. Un lavoro durato anni che ha visto la partecipazione di enti pubblici e privati, che ha permesso di riportare sulle tavole e nelle cucine uno dei prodotti più identificativi del territorio oltrepadano.
Un progetto finanziato dal piano di sviluppo rurale di Regione Lombardia e realizzato con la collaborazione tecnica e scientifica del Crea (sezioni di orticoltura, ortifrutticoltura e valorizzazione industriale), dell’Università degli Studi di Pavia (gruppi di ricerca di biotecnologie vegetali e della banca del germoplasma vegetali), del Cnr (istituto di biologia e biotecnologia agraria), dell’istituto agrario Gallini e dell’azienda agricola Olezza.
Il prodotto è stato studiato a fondo dimostrando scientificamente che si tratta di un ortaggio dalla caratteristiche organolettiche davvero particolari (è dolce oppure piccante a seconda della sua trasformazione), che reagisce allo stress in campo mutando le sue qualità, è un prodotto ricco di proprietà antiossidanti, ha effetti positivi sulla popolazione anziana, è particolarmente digeribile e non rinviene come tanti altri sui “fratelli”.
Peperone di Voghera, un progetto di recupero durato quasi vent'anni
Oggi il Peperone di Voghera è una realtà, ma soltanto a metà del secolo scorso era pressoché scomparso dalla tavole dei vogheresi. «Negli anni Cinquanta - ha spiegato Mario Zefilippo, professore del Gallini - malattie fungine, rotazioni strette, residui non bruciati dopo la raccolta, l’arrivo di ibridi, il miglioramento genetico e quindi l’introduzione di nuove varietà hanno dato il colpo di grazia ad un prodotto storico citato in documenti già a partire dal 1890. Nel 2005 ci siamo chiesti che fine aveva fatto il Peperone di Voghera dando il via ad una ricerca del seme tra i pochissimi produttori locali che ne avevano perpetuato la coltivazione per consumarlo prevalentemente sotto aceto. Nel 2008 abbiamo fondato Pepe Vo, l’associazione di produttori ed oggi siamo qui con la certezza di avere tra le mani un prodotto d’eccellenza, studiato a fondo e pronto per essere coltivato da un gruppo di agricoltori sempre più ampio».
La coordinatrice del progetto Recupevo, Laura Toppino del Crea ha spiegato il recupero in purezza del Peperone di Voghera: «Il progetto era indirizzato al recupero in purezza del peperone di Voghera, alla sua caratterizzazione morfologica, agronomica, biochimica e molecolare, alla sua conservazione in banche del seme e messa a disposizione degli agricoltori. Con particolare attenzione al carattere della piccantezza e quindi sul contenuto dei capsaicinoidi. È emerso che si tratta di un prodotto che reagisce allo stress in campo cambiando, di volta in volta, le proprie caratteristiche».
Questo aspetto è al centro del dibattito tra gli esperti: per molti è un problema; per tanti altri, specialmente trasformatori e chef, è una delle peculiarità più apprezzate. Il fatto di essere dolce o piccante a seconda della lavorazione e a seconda dell’eliminazione della membrana interna bianca è un punto di forza che difficilmente si trova in altri prodotti simili. «Questa sua peculiarità - spiega la professoressa Alma Balestrazzi dell’Università degli Studi di Pavia - è dettata dalla concentrazione delle capsaicine. La sua duttilità ci ha portato a riflettere sul fatto che il Peperone di Voghera è un ottimo modello per studiare le orticole anche in ottica di cambiamento climatico».
Peperone di Voghera «iscrizione all'anagrafe nazionale per completare la tutela»
Per essere a tutti gli effetti un prodotto “tutelato” è necessaria la sua iscrizione all’anagrafe nazionale. A confermarlo è il professore dell’Università degli Studi di Pavia, Graziano Rossi: «Lo ritengo un passaggio obbligato. L’Associazione di Produttori oppure altri protagonisti di questo recupero dovranno portare a termine questo iter perché solo così il seme potrà essere sotto controllo pubblico e a disposizione degli agricoltori».
Non tutti sanno che la consumazione periodica del Paperone di Voghera porta importanti giovamenti alla salute. A confermarlo è stato il ricercatore dell’ateneo pavese, Fabrizio De Luca: «Le sue proprietà antiossidanti vanno ad incidere positivamente sullo stress ossidativo del nostro corpo. Ha un alto valore di vitamina C, superiore di molto ad altri prodotti simili. Ha un effetto positivo sugli anziani e potrebbe aiutarci a vivere più a lungo».
A chiudere i lavori è stato Teresio Nardi della condotta Oltrepò Pavese di Slow Food, tra i primi ad aver “scommesso” sul recupero del Peperone di Voghera: «Da settembre è diventato un prezioso presidio Slow Food e siamo coscienti che l’iscrizione all’anagrafe nazionale sia un passo da effettuare. L’obiettivo è farlo conoscere ai consumatori, produrne sempre di più, anche trasformato, aumentandone la qualità. L’insieme di queste attività attirerà sicuramente nuovi produttori. Insomma, dobbiamo educare al consumo del Peperone di Voghera».
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Alberto Lupini