Come la trippa diventa un piatto nobile: il menu della cena speciale a Quinto Arco

L'evento "A Tutta Trippa" ha trasformato il Quinto Arco B&B di alta fascia in un tempio del gusto con il menu di ricette creative a base di trippa, abbinate a vini pregiati dell'Etna, curato dalla chef Lina Castorina

27 luglio 2024 | 18:31
di Marcella Ruggeri

La trippa come non l’avete mai mangiata, se non altro per il vero ardore della ricercatezza, per la definizione dei piatti tra prove e azzardi di almeno un mese e mezzo, in un tradizionale evento che si compie da tredici anni per il gruppo dell’Osteria 4 Archi, in quel di Milo, un luogo talmente familiare che ci vuoi tornare almeno quattro volte l’anno (una per stagione) e che quest’anno ha ceduto lo scettro alla nuova location per eventi degli storici Grasso “Quinto Arco – locanda” a Zafferana Etnea (Ct), solo per l’organizzazione delle due cene intitolate “A tutta trippa”. Due appuntamenti con un non so che di provocante e quasi di “rischioso” per l’incontro ravvicinato del “quinto tipo” che si ha di fronte ad un piatto di trippa e, figurarsi, con un menu di sei portate + dessert, di estrazione “titanica”, che vanno a passeggio dal Basso Medioevo, infiltrandosi nella gastronomia romana e peruviana, fino a quella dei pittoreschi siciliani.

La scelta del luogo è caduta, in questa tredicesima replica, sul “Quinto Arco” che è la bellezza di un ex palmento, ripristinato come B&B di alta fascia, in un’altra Contrada dellEtna, con vista sul vigneto di circa un ettaro e mezzo, su un grande e rifinito giardino con tanto di roseto e su una piscina a sfioro che va a lambire i filari sottostanti. L’edificio e l’attività sono un “dono” del titolare di “Osteria 4 Archi”, Saro Grasso, alla figlia venticinquenne Martina che, nel frattempo, ha generato il suo primo vino rosso “Quinto Arco” da 90% Nerello Mascalese e 10% Nerello Cappuccio (entrambi a cordone speronato).

Il progetto di Quinto Arco e la storia dell’ex palmento

La freschissima amministratrice è agli sgoccioli per conseguire la laurea in Storia dell’arte e beni culturali e mostra il suo amore per l’estetica figurativa nella grazia del design interno ed esterno della tenuta, tra pietra lavica, legno e pezzi di botte. L’adesione al “Programma di sviluppo Regionale” della Sicilia ha permesso a Martina Grasso di usufruire dei Fondi Europei per la Coesione, oltre ai sacrifici del papà. I lavori erano iniziati nel 2019 e la prima cena di “A Tutta Trippa” ha inaugurato questo magico spazio, carico di storia, con una pavimentazione nel primo livello, fatta con doghe di legno di castagno, con un lampadario ricavato dai cerchi delle botti e sulle pareti le coperture delle botti, appese a mo’ di quadro e arricchite con dipinti d’autore e qualche installazione con tronchi di vite. Gli altri due livelli sopraelevati, tra pavimenti trasparenti che svelano le sale del piano inferiore, usate come vetrina per arnesi di vendemmia e pigiatura e tra soffitti alti di legno, sono destinati a locali conviviali, come il più ampio all’ingresso, con lunghe tavolate fabbricate da artigiani del territorio.

Perché la Trippa? Da piatto povero a nobile con i vini da “A’ Muntagna”  

Ad avere l’idea di queste cene “a tema trippa” è stato il direttore artistico Salvo Bonaccorso, amico ventennale del patron, durante una mangiata confidenziale di gruppo. E chi ha assecondato ed esercitato questa rielaborazione delicata della trippa è la madame chef Lina Castorina, accanto a Grasso da ben 29 anni all’Osteria 4 Archi.

La trippa da piatto “povero” si trasforma nelle sue mani in piatto “nobile” anche perché il requisito è quello di adottare sì una delle frattaglie dell’animale ovvero diversi segmenti dei prestomaci che appartengono al “quinto quarto” ma esclusivamente del vitello (e non ai quattro tagli principali della carne). Ci volevano due cantine coi fiocchi per sostenere l’accostamento con la trippa e il vino della tenuta ospitante, per cui come scudiera dell’evento inaugurale è giunta la storica Azienda “Marco De Bartoli” (vincitrice del “Best in Sicily” 2024) di Marsala e Pantelleria, con Renato De Bartoli che porta avanti la “Linea del vulcano - DBE”; mentre, per la seconda serata in programma, a giostrare le referenze è stata la coppia padre – figlio di Terra Costantino di Viagrande, alias Cav. Dino e Fabio Costantino.

Trippa, le varianti del piatto conduttore nella tradizione del Belpaese   

Le varietà di trippa sono molteplici e di carattere regionale, per esempio con la maggior popolarità ci sono la fiorentina Lampredotto, la milanese Busecca (cotta nel sugo di pomodoro, fagioli e Grana grattugiato e differenti aromi quali la salvia), la Romagnola che viene soffritta e tanto aromatizzata con cannella e chiodi di garofano, fino alla Zuppa Marescialla napoletana, dove si integrano altre interiora come la pancia e il “Morzeddhu alla Catanzarisi”, da consumarsi nella pitta, un tipico pane casereccio a ciambella che sostituiva, tra il 1800 e il 1970, la colazione della classe operaia. Visto che la Trippa veniva evocata in occasioni ragguardevoli di vita contadina, la sua diffusione nelle osterie trova risposta anche nella birra che smorza il sapore dolciastro e persistente delle frattaglie. Perciò, è stata invitata anche l’Accademia Italiana della birra per concordare nuove angolazioni di food pairing al Quinto Arco.

Il menu a base di trippa da Quinto Arco

Madame chef Castorina ha usato delle accortezze per le due cene: ha cotto la trippa tagliata a striscioline nel latte, limone, vino bianco e cipolla per ammorbidire il tessuto connettivo (che è quello che la rende poco digeribile) e per eliminare il profumo troppo pungente. A fare scrosciare il primo boato di stupore per “A tutta birra” è stato il “Cous Cous con trippa e verdure”, piatto che esplora la tradizione magrebina e trapanese e si immerge nel lato vegetale con melanzane, carote, piselli, peperoni, zucchine, ceci, sedano, pomodorini ciliegino, cipolla nuova, mandorle tostate e maionese al curry. L’esponente della dimensione brassicola Venero Battiato ha presentato la prima sera la birra Engel Weiss, la cui punta acida aiuta a sgrassare e invece, per il secondo appuntamento, ha abbinato una Bock - tedesca, bionda non filtrata.

Alla seconda portata denominata "Calcatum e... Trunzu", il vocabolo in latino significa “trippa”, una specialità che si evince da un ricettario tra il XIII e il XIV secolo - il "Liber de Coquina" mentre il “Trunzu” è il cavolo rapa rosso della zona di Aci, che è Presidio Slow Food, per l'esattezza del produttore Enzo Pennisi. È una sorta di zuppa medievale più fave, patate, finocchietto selvatico, spezie e pane tostato. Il Metodo Classico DBE 2021 Blanc De Noir Pas Dosè, di Tenuta Solisciaro, l’ha accompagnata nella prima iniziativa, arrivando dritto con freschezza e cremosità al sorso, con note floreali, fruttate, salmastre e minerali al naso mentre Terra Costantino ha intercalato, la sera della settimana successiva, il primo vino Rosato “Rasola” 2022, costituito da sette vitigni con metodo ancestrale.  

Il terzo piatto che è il “Risotto acquerello con ragù di trippa alla romana”, mentuccia fresca e pecorino, rigorosamente siciliano dell'azienda "Etna formaggi" ha fatto una digressione sulla ricetta laziale che inserisce anche il grasso del prosciutto crudo e la mentuccia essiccata. In questo tipo di riso, la gemma viene staccata dal chicco durante la lavorazione per conservare buona percentuale di vitamine e microelementi. Ad avvolgersi alla pietanza è stato il rosato DBE 2022, sempre da vitigno Nerello Mascalese. Macerazione di 48 ore a temperatura controllata. La vinificazione avviene in acciaio e affina 6 mesi per imprimere la preziosità dell'Etna. Nella 2° tappa su questa vivanda, abbiamo Contrada Piraino - Etna Bianco Superiore Doc 2022 - dei vigneti di Terra Costantino a Milo, impiantati 5 anni fa. Questo vino è comparso per la prima volta quest’anno al Vinitaly.

La quarta portata è la Sasizza "quinto quarto" con due tipi di Sasizza: quella più tradizionale e quella a base di trippa e cavoliceddi. In degustazione, il “Quinto Arco” 2018 dell'Azienda Quinto Arco per entrambe le serate. Martina ha spiegato la sua etichetta che è stata anche disegnata da lei. Adesso, il terreno si prepara a fare nascere (forse entro il 2024) il Carricante, impiantato a piede franco tre anni fa.

Per usanza di tutte le edizioni di “A Tutta trippa”, almeno un piatto deve essere internazionale. Si approda alla quinta portata, il "Mondongo a La Italiana", tratta da ricetta peruviana, di cui abbiamo testimonianza del poeta Arturo De Montoya che argomenta il suo testo in versi del 1934, "Romancero de Las Calles de Lima". La ricetta utilizza una trippa cucinata con funghi porcini, carote e piselli, il tutto guarnito da chips di patate fritte, come se fosse parmigiano. In origine, c'era anche il riso secondo De Montoya. Questo flash aulico è stato abbinato ad un'altra poesia che è stata “personificata”, nel primo step dei due, dall'Etna rosso Doc DBE 2021, contenente 100% Nerello Mascalese dal versante nord vulcanico, da viti coltivate a 700/750 metri di altitudine e di oltre 20 anni. Nella seconda serata, con questa tipicità, Fabio Costantino ha preferito attingere nel suo “daAetna” Etna rosso Doc 2022 (90% Nerello Mascalese e 10% N. Cappuccio da uvaggi a 450-550 metri s.l.m.), un vino elegante, sapido e strutturato del versante sud – est che si affina in acciaio e in tonneau di rovere e in ultimo in bottiglia. De Montoya recita così: "La trippa all'italiana è un piatto che entusiasma quantunque uno sia demoralizzato dalle pene della vita quotidiana".

La sesta ed ultima pietanza è “Trippa 'ncasciata”, come la pasta al forno, accostata sempre all’Etna rosso Doc, espresso dagli imprenditori, ospiti nelle singole cene. Qui, abbiamo una trippa stratificata con melanzane fritte, cacio ragusano, provola dei Nebrodi e uovo sodo. Per ripulire il palato dai sapori dirompenti ma attenuati dalla lavorazione studiata da chef Castorina, si propone sua maestà la “Granita al limone e brioscia co’ tuppu”, preparate dall’artista della cucina. A salutare queste cene, si è rimasti fedeli al Marsala Superiore Oro Riserva “Vigna La Miccia” - 2018 di Marco De Bartoli che ha esaltato lo sfizio dolce e secco dei “Biscotti di Lina”. Questo vino Marsala semi - secco, realizzato unicamente da uve Grillo, è scolpito nella sapienza e nel “friccico” anni Ottanta, in Contrada Samperi, delineati da Marco De Bartoli, dalla sua parafrasi creativa e dal suo modo di sentire verso questo nettare “ingentilito” perché vinificato a freddo. Tutti questi attori (tra produttori e materie prime) di spessore hanno conciliato la sceneggiatura di due cene indimenticabili, con la regia di Saro Grasso e con un teatro come “Quinto Arco” che si appresta ad essere un riferimento per gli eventi del territorio.

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Alberto Lupini


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