I salamini alla cacciatora fanno il giro del mondo. Questo il filo conduttore della serata del 19 settembre presso l’Accademia del Panino Italiano (Mi), nata per far conoscere le eccellenze della salumeria italiana.
L'evento ha voluto anche rendere noto il loro posizionamento sui mercati internazionali, dovuto alle caratteristiche nutrizionali ma anche alla versatilità negli abbinamenti culinari.

Che il classico “cacciatorino” stia diventando un altro dei simboli della gastronomia italiana nel mondo lo dicono i dati, come nel corso dell’evento ha ribadito
Lorenzo Beretta, presidente del
Consorzio Cacciatore Italiano.
«Nei primi sette mesi del 2018, sul totale delle vendite, il 68% di Salamini Italiani alla Cacciatora Dop è andato al mercato interno, mentre il 32% è stato destinato all’export. Di questo 32%, il 90% è andato in Europa - di cui Germania, Francia e Belgio si confermano i principali partner - e il rimanente 10% ai Paesi Extra Ue. Nello stesso periodo, sono stati prodotti e certificati quasi due milioni di kg di salamini, con una crescita dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Si tratta di un meritato successo che affonda le radici nelle nostre migliori tradizioni, sin da quando i cacciatori portavano con sé questo salume, assieme al pane, durante le battute di caccia. Un alimento con una giusta dose di grasso fornitore d’energia; di proteine nobili ricche d’aminoacidi ramificati; sufficientemente salato per sopperire alle perdite di sale, conseguenza di lunghe ed intense sudate per inseguire la selvaggina».
«Avendo alle spalle una storia avventurosa come questa, che potrebbe partire adddirittura dalla civiltà etrusca, il Consorzio Cacciatore Italiano non può che impegnarsi alla ricerca di livelli qualitativi sempre più elevati: è per questo che il nostro disciplinare impone l’uso di carne esclusivamente italiana. I suini, in particolare, sono gli stessi utilizzati per la preparazione dei prosciutti Dop di Parma e di San Daniele. Appartengono a razze ben precise, sono allevati in aree specifiche del centro-nord Italia e seguono rigide regole di alimentazione. I tagli di carne derivano solo dalla parte più nobile della carcassa. Il disciplinare prevede inoltre una forte limitazione nell’uso di ingredienti non carnei e di additivi. L’uso di tali composti è, infatti, riconducibile essenzialmente a esigenze di sicurezza».
Lorenzo Beretta
Ma la demonizzazione dei salumi, così insistentemente praticata da media e nutrizionisti di ogni provenienza negli ultimi anni, non dovrebbe scoraggiare il consumo dei cacciatorini e di qualsiasi altra eccellenza dell’arte salumiera italiana?
«Bisogna ricordare - afferma
Annamaria Acquaviva, dietista nutrizionista nonché animatrice della serata - che il modo di produrre questo tipo di insaccati è cambiato. Rispetto al passato, ad esempio, in questi prodotti è stato ridotto il contenuto in grassi e in sodio; inoltre l’utilizzazione di conservanti è limitata allo stretto necessario per garantirne la sicurezza d’uso. I dati di composizione dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, mettono in luce i seguenti valori nutritivi:
- proteine di elevato valore biologico, in buona quantità, caratteristica condivisa da tutti gli alimenti di origine animale;
- grassi, giusti come quantità, e nutrizionalmente validi come qualità in quanto prevalgono gli insaturi sui saturi;
- colesterolo, in limiti più che ragionevoli e, se si tiene presente che una porzione di salame è di 50 g, non è questo un alimento da considerare ‘pericoloso’;
- micronutrienti, buona fonte di vit. B1 (tiamina) e di vit. B12, di ferro e di selenio».

In altre parole le persecuzioni mediatiche non hanno senso né valore scientifico, e se capita di eccedere di tanto in tanto nel consumo di qualche alimento più sostanzioso (come ad esempio il salamino), ci si può regolare limitando l’apporto di altri alimenti che contengono gli stessi principi nutritivi.
Di sicuro le demonizzazioni non hanno fermato la crescita del salamino alla cacciatora perfino in terre dove i salumi erano totalmente sconosciuti, come il Giappone. Ne è testimone il cuoco Hirohiko Shoda, collaboratore per 8 anni del tristellato Massimiliano Alajmo de “Le Calandre” a Padova. Nel corso dell’evento milanese, il maestro nipponico ha voluto rivestire di nuovo le fettine rubiconde con l’aiuto della tempura, la croccantissima pastella orientale che trasforma ogni frittura in qualcosa di speciale, e ha cercato allo stesso tempo di far passare la ‘summa’ del suo pensiero: l’amore per la natura e per la purezza dei suoi frutti, il contatto diretto con gli ingredienti freschi e di stagione.
Si adatta alla fantasia alata degli artisti giapponesi, si presta alle creazioni ardite dei giovani maestri della panineria italiana, come il modenese Daniele Reponi, altro ospite della serata: il cacciatorino, insomma, ha tutte le carte in regola per conquistare mercati sempre più lontani ed entusiasti, aggiungendosi alla schiera delle golosità che costituiscono la storia contemporanea della cucina italiana.
Per informazioni:
www.salamecacciatore.it