Un solo Tre Bicchieri al Nero d'Avola? Difficile comprendere il giudizio del Gambero
Il Nero d'Avola è da sempre considerato un'eccellenza siciliana, spesso riconosciuta in diversi concorsi... eppure nella Guida Vini d'Italia del Gambero Rosso di quest'anno, il posto riservatole è davvero scarso
03 ottobre 2017 | 12:29
Scorrendo infatti le pagine di Italia a Tavola online mi cade l’occhio sull’articolo che riporta i vini che hanno conseguito i tre bicchieri della Guida dei Vini d’Italia 2018 del Gambero Rosso. Da buon siciliano cerco curioso l’elenco dei vini isolani. I massimi riconoscimenti sono 22, scorro l’elenco: tanta Etna, solo 2 dolci, alcuni vini sparsi. Salto dalla sedia: dove sono i Nero d’Avola? Rileggo con più attenzione e finalmente ne vedo uno, uno solo. Rimango perplesso. Mi viene il dubbio che le cantine che fanno Nero d’Avola eccellenti non abbiano inviato i campioni, solo così potrei spiegarmelo. Faccio qualche telefonata e ancor più la meraviglia mi pervade. Certo che li hanno inviati e come avrebbero potuto trascurare i vini che considerano la loro punta di diamante?
Se chiediamo a qualsiasi persona che abbia anche una minima conoscenza dei vini quale vitigno si identifica con la Sicilia sicuramente risponderà: il Nero d’Avola. È stato il vitigno che ha fatto conoscere la Sicilia enologica al mondo intero, ed un merito dobbiamo ricordarlo a Giacomo Tachis l’enologo che è stato il principale artefice di questo successo. Do uno sguardo all’edizione scorsa di un’altra guida dei vini e noto con mio piacere che sono tanti i Nero d’Avola che hanno ottenuto i massimi punteggi.
A questo punto consulto i risultati del Concours Mondial de Bruxelles, più di 8mila vini giudicati da 300 giurati, di cui da 4 anni mi onoro di esserne uno, e che, nonostante la mia modesta presenza, reputo autorevole e serio, anche perché i vini sono giudicati assolutamente alla cieca da una giuria internazionale composta da enologi, giornalisti, distributori ed esperti del vino, che quindi ha nella sua eterogeneità un fattore più universale. Altra mia meraviglia, questa volta in positivo: i Nero d’Avola hanno ottenuto ben 5 delle 6 medaglie Grande Oro, e su 18 Oro ne hanno presi addirittura 10. Significa che ancora le cantine siciliane il Nero d’Avola lo sanno coltivare, vinificare e far apprezzare.
Come mai allora ai curatori della guida questi rossi non sono piaciuti? Non discuto assolutamente sulla loro condotta morale, ma devo pensare che si fanno condizionare dal loro gusto personale se non dalle mode del momento che vedono in auge in questi anni i vini dell’Etna e comunque quelli che hanno una notevole espressione di acidità e freschezza. Ne è risultata comunque una forte penalizzazione del lavoro e della passione dei nostri vignaioli che per fortuna, nonostante il Gambero Rosso, credono, a ragione, nei loro Nero d’Avola.
Se chiediamo a qualsiasi persona che abbia anche una minima conoscenza dei vini quale vitigno si identifica con la Sicilia sicuramente risponderà: il Nero d’Avola. È stato il vitigno che ha fatto conoscere la Sicilia enologica al mondo intero, ed un merito dobbiamo ricordarlo a Giacomo Tachis l’enologo che è stato il principale artefice di questo successo. Do uno sguardo all’edizione scorsa di un’altra guida dei vini e noto con mio piacere che sono tanti i Nero d’Avola che hanno ottenuto i massimi punteggi.
A questo punto consulto i risultati del Concours Mondial de Bruxelles, più di 8mila vini giudicati da 300 giurati, di cui da 4 anni mi onoro di esserne uno, e che, nonostante la mia modesta presenza, reputo autorevole e serio, anche perché i vini sono giudicati assolutamente alla cieca da una giuria internazionale composta da enologi, giornalisti, distributori ed esperti del vino, che quindi ha nella sua eterogeneità un fattore più universale. Altra mia meraviglia, questa volta in positivo: i Nero d’Avola hanno ottenuto ben 5 delle 6 medaglie Grande Oro, e su 18 Oro ne hanno presi addirittura 10. Significa che ancora le cantine siciliane il Nero d’Avola lo sanno coltivare, vinificare e far apprezzare.
Come mai allora ai curatori della guida questi rossi non sono piaciuti? Non discuto assolutamente sulla loro condotta morale, ma devo pensare che si fanno condizionare dal loro gusto personale se non dalle mode del momento che vedono in auge in questi anni i vini dell’Etna e comunque quelli che hanno una notevole espressione di acidità e freschezza. Ne è risultata comunque una forte penalizzazione del lavoro e della passione dei nostri vignaioli che per fortuna, nonostante il Gambero Rosso, credono, a ragione, nei loro Nero d’Avola.
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Alberto Lupini
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