Confusione sulla vendita di bevande dopo le 18. Perché no alle enoteche e sì ai supermercati?

La norma vieta ai negozi specializzati la vendita da asporto delle bevande dopo le 18 mentre la consente a tutti gli altri creando una discriminazione. Andrea Terraneo, presidente dell'associazione Vinarius, scrive al premier Conte

16 gennaio 2021 | 18:14

Supermercati sì, enoteche no. Nel caos del nuovo dpcm tra giallo seconde case e aperura alle crociere ma non ai ristoranti e bar, c’è anche un altro punto che non quadra. Il decreto, infatti, vieta espressamente la vendita per asporto di qualsiasi bevanda alcolica e analcolica da parte di tutti i negozi specializzati con codici Ateco 47.25 dalle ore 18, lasciando invece libertà di vendita di tali bevande a tutti gli altri negozi commerciali.

Per chiedere chiarimenti, Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, l’Associazione delle enoteche italiane, ha scritto una lettera aperta per il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte a fronte della pubblicazione del nuovo dpcm.

Andrea Terraneo


Terraneo: Le enoteche così perdono il 30% del fatturato giornaliero
Scrive nella lettera il Presidente Terraneo «comprendiamo il momento di forte difficoltà che sta attraversando il nostro Paese a causa della pandemia e il complesso contesto con cui vengono prese le relative decisioni incorrendo in possibili errori nella indicazione dei codici Ateco, ma chiediamo un sollecito chiarimento in merito affinché non vengano discriminati attività e operatori professionali appartenenti al settore del commercio di bevande alcoliche e analcoliche. La preoccupazione deriva dal fatto che inibire l’apertura dopo le 18 toglie all’enoteca il 30% del fatturato giornaliero in un quadro economico generale che ci vede già penalizzati».

Supermercati sì, enoteche no
Non appare infatti chiaro il criterio utilizzato dal nuovo dpcm su questo tema, che non inserisce nel divieto di vendita per asporto dopo le ore 18 anche tutte quelle attività previste dal codice Ateco 47.1 e relativi sottogruppi che comunque commerciano prevalentemente in bevande e alimentari. «Appare evidente - continua Terraneo – che lo spirito che anima tale divieto non è demonizzatorio nei confronti delle bevande alcoliche in sé ma è invece quello sanitario volto a evitare assembramenti, fattore di primaria importanza per tutti noi in questo difficile momento. Non comprendiamo però il motivo per cui viene impedito a centinaia di enoteche sparse sul territorio nazionale di operare lasciando invece libertà di farlo alla grande distribuzione organizzata incorrendo maggiormente nel rischio di assembramenti. Le chiediamo pertanto la cancellazione di questa misura affinché non vengano penalizzate tutte quelle attività comprese nel divieto che stanno operando da mesi con massimo rigore e attenzione alla tutela della clientela e nel rispetto delle normative».

«Siamo certi - conclude Terraneo – che le ragioni da noi esposte possano portare ad un pronto accoglimento della nostra richiesta basandosi essa stessa su criteri di ragionevolezza e coerenza con lo spirito di tutela della salute pubblica e di salvaguardia delle attività commerciali che stanno a cuore a tutti quanti noi».

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Alberto Lupini


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