«La prima cosa che possiamo fare per valorizzare il naso elettronico è toglierci dalla testa bufale che sono molto carine, ma che tali sono, come quella che possa sostituire un sommelier». Non usa giri di parole Luigi Odello, enologo, professore in diverse Università italiane e straniere e presidente del Centro Studi Assaggiatori e dell'Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, nel descrivere gli ultimi progressi della tecnologia che potrebbero sostituire la figura del professionista del vino nei ristoranti o nell'industria alimentare.
«Se vogliamo entrare nella fantascienza - continua Odello - lo possiamo fare: domani abbiniamo il naso elettronico a una intelligenza artificiale dedicata e da un vino scopriremo il sesso chi ha raccolto le uve. Fantastico, ma non esiste. Come non esiste un naso elettronico che possa dirci se un vino è sofisticato prima di definire di quale sofisticazione è affetto, così come per la contraffazione». Come annunciato dall'Ansa, la ricercatrice Sonia Freddi avrebbe realizzato nei laboratori del Dipartimento di Fisica dell'Università Cattolica di Brescia «un “naso elettronico” per studiare i vini sul mercato».
La scoperta della ricercatrice Sonia Freddi
Uno strumento «in grado di riconoscere la freschezza del prodotto e la sua origine«, che aprirebbe la strada «a test per i controlli sulla qualità». Tutto si baserebbe sulle particolari molecole di gas emessi da cibi e bevande, che possono indicare se un prodotto è fresco o deteriorato. Il naso rileverebbe queste “molecole biomarcatori” grazie all'analisi delle componenti volatili e potrebbe essere potenzialmente applicato in svariati campi come il controllo della qualità, della freschezza e dell'origine dei prodotti. Il vino, in particolare, è caratterizzato da particolari componenti organolettiche e volatili, circa 800 diverse, che identificano non soltanto la sua composizione chimica o la tipologia d'uva utilizzata ma anche la provenienza. Negli ultimi anni, l'industria vinicola ha cercato tecniche sempre più rapide e affidabili per controllare l'origine di vini Docg o Doc.
L'utilizzo di un naso elettronico, grazie alla sensibilità elevata dei sensori è una tecnica che, sempre secondo quanto riferito dall'Ansa, starebbe prendendo sempre più piede. Lo strumento sarebbe stato testato in laboratorio su varie sostanze campione come ammoniaca, acetone e acido acetico, «indicatori dell'adulterazione del vino». Successivamente è stata la volta dei test veri e propri di svariati vini, sia per verificarne la freschezza - in particolare di un generico vino bianco da cucina - sia per il riconoscimento di diverse tipologie di vino. Sono stati testati svariati vini, bianchi e rossi, prodotti in Lombardia e in Veneto (Pinot grigio, Pinot nero vinificato in rosso, Lugana, Chardonnay, Sauvignon, Prosecco). Il naso elettronico si sarebbe dimostrato in grado «sia di riconoscere la freschezza e l'adulterazione di un generico vino bianco, sia di riconoscere con buona precisione i vari vini testati».
La differenza sostanziale tra naso umano e naso elettronico secondo Luigi Odello
Qualcosa di poco credibile, secondo Luigi Odello. «Nel corso dei decenni e fin dall'inizio del nuovo millennio - spiega il professore - abbiamo lavorato molto con l'analisi sensoriale per addestrare i nasi elettronici, che si sono evoluti passando da quelli a polimeri ai più sensibili su ossidi metallici su film sottile, per arrivare poi al quarzo. In realtà è sbagliato vederli in una successione cronologica, perché i diversi tipi hanno continuato in parallelo, ognuno con limiti e vantaggi. I nasi elettronici su ossidi metallici, per esempio, si ubriacavano, quelli al quarzo no. Poi non di rado vengono confusi con i nasi elettronici i piccoli gascromatografi dedicati, che però lavorano su altri principi e quindi nasi elettronici non sono, salvo per il fatto che operano sulla medesima frazione di prodotto». Strumentazioni sofisticate, che non possono sostituire però la sensibilità umana.
«Come l'epitelio olfattivo - precisa ancora Luigi Odello - il naso elettronico è sensibile a molecole volatili, con la differenza che nel primo troviamo dai 180 ai 300 milioni di sensori, mentre nel secondo lavoriamo con una decina o poco più. Inoltre, l'olfatto umano è collegato al cervello, mentre un naso elettronico a numeri che noi andiamo a interpretare attraverso la statistica, a volte con tecniche appariscenti, ma ben poco precise. Il primo problema sorto con il naso elettronico è stato quello di attribuirgli compiti che non è in grado di svolgere, come quello di emulare il naso umano, giungendo a definire la freschezza di un vino. Un elemento in parte dettato dal tipo di profumo percepito, ma per buona parte attribuibile a composti fissi non rilevabili dal naso elettronico, bensì dalla mente umana, attraverso quel fenomeno meraviglioso chiamato sinestesia».
Il sommelier Marco Spini: «Esperienza sul vino non replicabile da una macchina»
Regna lo scettiscismo anche nella sommellerie italiana. Come conferma Marco Spini, head sommelier del Ba restaurant, tra i ristoranti di alta cucina cinese più apprezzati di Milano, il “naso elettronico” non è uno degli argomenti all'ordine del giorno: «Tra noi sommelier non se ne discute ancora. In generale, sono abbastanza scettico su tutto ciò che concerne l'intelligenza artificiale, pur non essendo contrario al progresso e alla tecnologia. Il contraccolpo maggiore potrebbe esserci in quegli ambienti in cui lavoro è meramente intellettuale, come dimostrano le proteste degli sceneggiatori cinematografici negli Usa, a fronte di sceneggiature interamente create dall'intelligenza artificiale. Il naso elettronico mi pare fuori da questa dinamica».
«È chiaro - continua Spini - che se un giorno si riuscirà a interfacciarlo con l'intelligenza artificiale, sarà possibile elaborare informazioni sul vino in tempi più brevi rispetto a quelli del cervello umano. Ma in cantina è il naso dell'enologo che fa tutto. Basti pensare a quanto accade nella Champagne, con i “nasi” degli chef de cave che riescono a replicare, di anno in anno, la stessa cuvée anche su tirature di milioni di bottiglie. Una persona che assaggia i vini, come noi sommelier o gli altri professionisti del settore, ha sempre il “bicchiere in mano” e matura giorno dopo giorno un'esperienza che questi progressi tecnologici difficilmente riusciranno mai a condensare”. Insomma, l'epoca dei robot sommelier è ancora lontana: la categoria può (e deve) dormire sonni tranquilli.
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Alberto Lupini
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