Appena sei mesi per passare dagli ori delle guide allo stop produttivo. Per riassumere la vicenda non ancora conclusa di Moncaro, quella che era fino a pochi mesi fa la più grande azienda vinicola delle Marche, bisogna partire dalla situazione attuale, che a seconda di come la si guardi, assume sfaccettature diverse: una fine per l’opinione di alcuni, un nuovo inizio per la speranza di altri.
Moncaro, c’è il commissario
Il punto fermo ad oggi è la presenza in azienda di un “super-commissario” con pieni poteri nominato dal tribunale: il Dott. Marcello Pollio, considerato unanimemente un luminare del salvataggio di aziende in crisi, che in passato è stato coinvolto per la sua professionalità in crisi ben più grandi, come ad esempio quella della società di autostrade a seguito del crollo del ponte Morandi, o quella della Sampdoria, salvata per poi essere ceduta con successo a degli investitori.
Il compito del super-commissario? L’impresa titanica di rimettere in piedi un’azienda che in pochi mesi è passata dall’eccellenza vinicola italiana, al trovarsi sull’orlo del baratro, con il conto alla rovescia di un’istanza fallimentare che pende sulla testa dei soci e degli amministratori e che scade il 5 settembre, giorno dell’udienza già fissata. Una bomba ad orologeria che il Dott. Pollio con la sua nuova squadra dovrà disinnescare entro quella data, riavviando un motore fermo ormai da troppo tempo e rimettendo insieme i cocci di un vaso preziosissimo per l’economia regionale. Si parla infatti di indotto e di prezzi delle materie prime, uve e vino, soprattutto Verdicchio, messi sotto pressione dalla mancanza della forza produttiva e distributiva di Moncaro, che era una sorta di “mano invisibile” che fungeva da bilanciamento per la sostenibilità delle aziende agricole locali.
La crisi di Moncaro: come si è arrivati a questa situazione?
Ma come si è arrivati a questo punto? Come è stato possibile che un’azienda che veniva spesso citata da media e guide per i suoi successi, sia stata invece per mesi al centro dell’attenzione per una crisi finanziaria e gestionale che ha avuto come epilogo l’arrivo di un custode giudiziario di altissimo profilo nominato dal tribunale? Si potrebbe partire con il flash-back delle prime chiusure dovute al covid. Il 2020, quel periodo inedito e ormai quasi dimenticato che ha segnato marcatamente le vite di tutti. Mentre i ristoratori protestavano per le chiusure che avevano messo in ginocchio oltre al loro, settori interi dell’economia, i cittadini si riversavano nei supermercati, con la logica conseguenza che i consumi si spostavano dal cosiddetto fuori-casa (bar, ristoranti, luoghi pubblici) concentrandosi intorno al focolare casalingo.
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E mentre si tornava a fare il pane in casa, silenziosamente il consumo di vino acquistato nella grande distribuzione era arrivato a picchi mai visti prima, con crescite annuali a doppia cifra. E Moncaro, che era presente da sempre sugli scaffali delle insegne più distribuite, ne aveva giovato inaspettatamente. Abilmente era stata in grado di mantenere la presenza sul mercato anche dopo le riaperture, sia in Italia che all’estero, consolidando una crescita che le aveva permesso di entrare definitivamente nel gotha delle più grandi cantine vinicole italiane di qualità.
Moncaro, l’investimento in Abruzzo che ha fatto traboccare il vaso
Da qui forse l’idea di crescere ancora, in un periodo storico in cui anche le aziende vinicole sono passate dall’attenzione unicamente volta alla produzione di qualità, ormai acquisita, all’odore della finanza, con i grandi fondi che sono entrati nel business della bottiglia . Acquisizioni e incorporazioni che hanno portato negli ultimi anni a concentrazioni di potere economico sempre più marcate, con una forbice tra il grande e il piccolo sempre più ampia, in linea con l’andamento generale dell’economia. E se il mondo del vino era ancorato alla terra e meno prono allo spirito del tempo che passa sopra le teste degli agricoltori, storicamente più attenti al clima meteorologico piuttosto che a quello economico, anche in questo ci si è dovuti piegare. E quindi l’opportunità di allargare gli orizzonti in altre regioni, in particolare l’Abruzzo, come avevano già fatto altre aziende marchigiane, che con questa regione confinante hanno da sempre un rapporto privilegiato.
E a finire sotto la lente è Villamedoro, una piccola cantina in provincia di Pescara, valutata inizialmente 8,75 milioni di euro. L’acquisizione viene impostata con la partecipazione di banche e fondi, ma anche con il supporto di Ismea, ente pubblico nazionale, che con la firma del contratto in pompa magna davanti alla stampa a Vinitaly 2023, mette sul tavolo 2,4 milioni di euro. Scelta ratificata dall’assemblea di Moncaro a Maggio 2023, che nel contesto dell’acquisizione modifica anche il proprio cda, ampliandone il numero dei componenti per fare spazio a un rappresentante di Ismea e alla proprietaria di Villamedoro, Federica Morricone, che con un 1,5 milioni di euro immessi nel capitale di Moncaro (derivanti dalla vendita della cantina), diventa anche socio finanziatore della cooperativa.
Moncaro, un anno movimentato
Poco si sa di quello che è successo tra maggio 2023 e febbraio 2024, mese ultimo in cui lo storico presidente e general manager di Moncaro, Doriano Marchetti, dopo decenni viene letteralmente fatto fuori dal cda che lui stesso aveva creato, in un consiglio così infuocato da richiedere l’intervento dei Carabinieri (non sarà l’ultima volta che verranno interpellate le forze dell’ordine per portare calma in azienda). Si sa solo che l’azienda aveva già iniziato ad avere delle difficoltà, tant’è che i dipendenti avevano scioperato durante un’estate molto calda, per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi, e che già alcuni dipendenti avevano dato il via a quello che poi con il passare dei mesi sarebbe diventato un vero e proprio esodo di manovalanza specializzata e storica professionalità.
Si sa che il clima non fosse più tanto sereno e che i malumori dei dipendenti cominciavano ad essere più di un semplice mal di pancia. Ma il colpo di spugna è comunque improvviso, nonostante le trame fossero evidentemente tessute da tempo. Infatti, lo storico presidente è il solo ad essere escluso con voto unanime di tutti gli altri membri del cda, escluso ovviamente egli stesso come presidente uscente, mentre entra in carica, la precedente vice, Donatella Manetti, anch’essa in consiglio da almeno un decennio.
Moncaro, le battaglie a colpi di stampa e l’emorragia di risorse e soci
Ed è qui che inizia la battaglia interna, sbattuta in prima pagina sui giornali locali e anche nazionali, tra indiscrezioni, supposizioni, ambiguità, e addirittura conferenze stampa contemporanee tenute da parti contrapposte: la presidente Manetti, forte del supporto del nuovo/vecchio cda da una parte a parlare di “rivoluzione”, di un “sistema Moncaro” fatto di “privilegi e incompetenze” da abbattere, come se fosse stata improvvisamente calata in una realtà a lei sconosciuta, e l’ex-presidente Marchetti dall’altra, a respingere le accuse ed esprimere preoccupazione per il futuro, come se durante la sua gestione fosse stato tutto sotto controllo.
In mezzo, Moncaro, che nel turbinio delle polemiche con il passare delle settimane perde fatturati, accumula debiti non pagati ed inizia a subire i primi decreti ingiuntivi, mentre i dipendenti sempre più in difficoltà, sono costretti ad abbandonare la nave, aggiungendo difficoltà pratiche a difficoltà finanziarie. Sullo sfondo i soci, ovvero gli agricoltori, i veri proprietari della cooperativa, che cominciano a preoccuparsi seriamente della situazione in vista di una vendemmia che finalmente sembra essere abbondante e di qualità, e che iniziano con l’aiuto dei loro sindacati rappresentanti ad attivarsi per un nuovo cambio al vertice, raccogliendo e presentando presso il tribunale le firme per un’assemblea straordinaria. Ma l’istanza viene respinta da parte del giudice per insufficienza di firme e molti dei soci firmatari per di più vengono espulsi dalla cooperativa da parte del cda di Moncaro (decisione che verrà impugnata da molti di loro) senza peraltro essere liquidati (molti soci sono possessori di libretto investimenti, in alcuni casi con cifre rilevanti, per un totale di circa 2 milioni di euro).
Entra dunque in campo anche la politica, che fino a quel momento era stata alla finestra, in una questione ormai divenuta di grande interesse e di necessaria risoluzione. Ma la situazione è sempre più complicata, perché oltre ai dipendenti si perdono anche i clienti e l’azienda non produce più. Si saprà poi che il cda aveva dato compito ad un pool di esperti di valutare ed eventualmente vendere l’azienda, ormai svuotata, ma secondo indiscrezioni di stampa, l’acquirente sarebbe potuto essere uno speculatore di dubbia origine, che infatti non ha passato il vaglio del commissario custode. Nel frattempo, l’acquisto di Villamedoro, diventa un vero e proprio giallo. Non è stato ancora finalizzato e secondo la stampa in ballo ci sono 6 milioni di euro già versati alla proprietaria abruzzese: i motivi di questo stallo non si conoscono e aggiungono mistero alla luce delle passate dichiarazioni della proprietaria della cantina, nonché attuale consigliera di Moncaro, la quale aveva dichiarato pubblicamente che Marchetti «voleva comprare l’azienda, ma le aziende si acquistano con i soldi e non con le chiacchiere».
Moncaro, verso una rinascita?
E arriviamo ad oggi, con l’ultima riunione del custode giudiziario che ha riunito i soci nel caldo torrido del 7 agosto, alle porte di una vendemmia anticipata come forse non è mai accaduto, per spronarli a credere in Moncaro, ricordandogli però anche che, nonostante i debiti, è loro obbligo quello di conferire le proprie uve alla cooperativa. Affermando di avere la professionalità e gli strumenti per risollevare la cooperativa e per tentare di ridare una continuità all’azienda, anche grazie agli strumenti della legge che ad esempio rendono l’attuale cda “quiescente”, ovvero senza più alcun potere decisionale né operativo.
Il compito però, come dicevamo all’inizio della nostra storia, è complicato. Riassumere lavoratori per la vendemmia, sia in campo che in azienda, produrre, portare avanti l’attività giornaliera e riempire di nuovo gli scaffali, convincere il sistema che Moncaro può farcela, in particolare banche e istituti di credito nonché fornitori, che sono costretti per legge ad ingoiare il boccone ed a sbloccare i pignoramenti, poiché tutto ciò che è precedente al 25 luglio (giorno della nomina del Custode Giudiziario) non è al momento esigibile in alcun modo. Sperando che l’opera di risanamento abbia successo e che l’azienda mantenga quel valore che permetterà in un futuro non si sa quanto lontano o vicino di ripagare tutti coloro che hanno subito le conseguenze di questa vicenda. Insomma, un taglio netto con un passato recente e remoto, fatto di luci e ombre. Un nuovo carro sul quale in molti sono pronti a saltare. D’altronde, se è stato ricostruito il ponte Morandi, non vediamo perché non possa ripartire anche Moncaro.
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Alberto Lupini
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