Lazio, quando la diversità è la forza del vino
La superficie vitata regionale è di circa 25.500 ettari con suoli di diversa composizione, spesso vulcanici, soprattutto nei Castelli Romani e nei Colli Albani. La denominazione più piccola è Roma Doc
Archiviata la leggenda delle fontane dei Castelli Romani che davano quel vinello bianco frizzantino, quasi più abbondante dell'acqua, il brand del vino laziale si è imposto da qualche decennio presidiando i mercati con la sfida del valore. I vini, di una vasta area articolata nelle cinque province - Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo - raccontano storie legate al mondo antico e alla tradizione vitinicola degli antichi romani. Per ricordarne la connotazione da qualche anno sul Colle Palatino, nel Parco Archeologico del Colosseo, prospera la Vigna Barberini impiantata, in collaborazione della Cantina Cincinnato, con la varietà Bellone, che Plinio chiamava Uva Pantastica.
Grande storia, ma anche momenti meno brillanti per i vini laziali, come tanti altri apprezzati più per quantità che per la qualità, considerati fonte di energia e di nutrimento. Negli ultimi decenni c'è stata la svolta con l'attribuzione al prodotto-vino di nuovi valori, grazie all'impegno sia delle cooperative nate da realtà territoriali frazionate sia dei singoli produttori, spesso di terza o di quarta generazione. Pioniere nella via della qualità sono state alcune grandi aziende storiche come Casale del Giglio della famiglia Santarelli che nel 1967 comprese che l'Agro Pontino poteva diventare un luogo tutto da esplorare dal punto di vista vitivinicolo, oppure Falesco della Famiglia Cotarella nella Tuscia che valorizzarono vini locali come l'Aleatico e quell'Est!Est!!Est!! di Montefiascone che incantò i Papi.
La superficie vitata regionale è di circa 25.500 ettari
Oggi i nuovi vignaioli, con tecniche agronomiche ed enologiche, con visione condivisa e interazione con il territorio, sanno proporre etichette eleganti e competitive. La superficie vitata regionale è di circa 25.500 ettari, soprattutto collinare con suoli di diversa composizione, spesso vulcanici, soprattutto nei Castelli Romani e nei Colli Albani. L'enologia si è fatta scienza e si fanno sempre nuovi passi verso l'innovazione e la sostenibilità anche sul fronte dell'enoturismo e dell'accoglienza.
La Regione vanta tre Docg, Frascati Superiore, Cannellino e Cesanese del Piglio, 27 Doc e 6 Igt, per il 76% bianchi e 24 rossi e la provincia che produce di più è quella della Capitale. La denominazione più piccola è Roma Doc, nata nel 2011 per iniziativa dell'Associazione Produttori e comprende appena 175 ettari vitati. I vini, poco più di un milione e mezzo di bottiglie, nascono in un’area del centro Lazio su territori litoranei: Sabina romana, Colli Albani, Colli Prenestini e parte a ridosso di Roma. Nel 2018 è stato costituito un Consorzio di Tutela presieduto da Tullio Galassini, il quinto a ottenere il riconoscimento, dopo quelli di Frascati, Cesanese del Piglio, Marino e Atina.
I riconoscimenti non mancano
Secondo la guida Vini d'Italia 2023 del Gambero Rosso, sono tante le cantine delle cinque province che hanno raggiunto vertici qualitativi, sia con vitigni autoctoni sia internazionali, introdotti e ben ambientati nei decenni passati. Lo dimostrano i massimi riconoscimenti, i Tre Bicchieri, che sono andati al Fiorano Bianco, Grechetto e Viogner di Tenuta di Fiorano, cantina alle porte di Roma, alla Biancolella delle Isole Pontine di Antiche Cantine Migliaccio, all'Anthium Bellone di Casale del Giglio, al Grechetto Poggio della Costa di Sergio Mottura, nato tra i calanchi viterbesi, e ancora nei Castelli Romani al Baccarossa di Poggio Le Volpi, all'Ars Magna Viognier di Ômina Romana, al Donna Adriana di Castel de Paolis, alle Colline della Tuscia col Merlot Montiano di Falesco e all'Habemus di San Giovenale, un blend di Grenache, Syrah, Carignan, Tempranillo.
Un'area ideale per varietà tradizionali
I terreni vulcanici ricchi di minerali, il clima temperato, la numerosa presenza di laghi rendono questa vasta area regionale ideale soprattutto per le varietà tradizionali come la Malvasia del Lazio, lunga e di Candia, il Bombino, il Bellone il Cesanese d’Affile e di Olevano Romano, il Trebbiano il Nero Buono, Pampanaro, l'Olivella Nera e altri. Per il vino più noto, il Frascati, è stata l'azione del Consorzio di Tutela Frascati, nato nel 1949 con la rigorosa è la definizione territoriale della denominazione Doc e Docg : Frascati, Grottaferrata e Monte Porzio Catone, il VII Municipio di Roma e una superficie limitata a Montecompatri.
La Doc, una delle prime quattro in Italia, fu riconosciuta nel 1966 e nel 2011 arrivò la Docg. Oggi conta oltre 400 iscritti tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori. Tra le aziende storiche, Casal Pilozzo di Antonio Pulcini, vignaiolo audace e un po' visionario già 35 anni fa creò vini diversi per personalità, contaminazione di metodi e di vitigni. Tra i primi si dedicò a vini longevi bianchi e rossi per farne emergere i tratti distintivi, carattere e complessità con Malvasia del Lazio, Grechetto Antico e Chardonnay per i vini bianchi, Pinot Nero, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah per i rossi.
Vino laziale, tra tradizione e innovazione
Tradizione e innovazione sono i tratti distintivi dell'azienda biologica Luigi De Sanctis di Grottaferrata, attiva dal 1816. Francesco, ultima generazione, diplomato in enologia in Friuli, vi ha impresso un nuovo valore etico e sostenibile, dando forza alla vocazione territoriale vulcanica dello scomparso antico Lago Regillo, dove nel 496 a.C. fu combattuta la battaglia tra i romani e la Lega Latina. Vi prosperano le Malvasie di Candia e del Lazio, il Trebbiano Toscano, il Bombino e il Cabernet Franc.
L’impianto geotermico a sonde orizzontali interrate, scambiando calore con il sottosuolo riduce drasticamente le emissioni di CO2. Un altro esempio di innovativa conduzione di un'azienda di Grottaferrata, datata 1870, è Gabriele Magno, 5 ettari vitati. Oggi al timone ci sono Gabriele, che fa il pilota e il socio Luigi Fragiotta attivo nella distribuzione. Le antiche vigne di Malvasia Puntinata e di Trebbiano sono tutte a conduzione biologica. Siamo nel versante ovest dei Castelli Romani che degrada verso il Tirreno e i suoli ricchi di lave e arenaria danno carattere al Frascati Superiore e alla Riserva Vigneto La Torretta di Valle Marciana Docg, blend dei due vitigni, e a un Cesanese in purezza.
Vitigni internazionali nel Basso Lazio e nella provincia di Latina
Nel Basso Lazio e nella provincia di Latina trovano spazio soprattutto i vitigni internazionali come Syrah, Merlot, Cabernet Franc, Petit Verdot e Chardonnay spesso con grandi risultati, esenti dai vincoli dei disciplinari di produzione. Non a caso è la prima provincia del Lazio per produzione di vini Igt. Tra i pochi vitigni autoctoni della zona spiccano il Bellone, il Nero Buono, originario di Cori, ed il Moscato di Terracina. Quest’ultimo è una varietà bianca originaria del Lazio, molto simile allo Zibibbo. Tra le grandi cantine storiche le cantine Casale del Giglio, Marco Carpineti e la cantina sociale Borgo S.Maria Terre d'Astura. La più grande Cooperativa è Cincinnato, nata nel 1947 e presieduta da Nazzareno Milita, che della ricerca ha fatto da decenni una priorità. Privilegiati gli autoctoni più rappresentativi del Lazio: Bellone, Cesanese e Nero Buono.
Quest'ultimo è registrato ufficialmente nel Catalogo Nazionale Varietà di Vite dal 1971. Molte anche le aziende familiari, esempi di quell'imprenditorialità agricola che sa di poter puntare solo sulle proprie forze, guidati da una passione innata per chi vive per e dalla terra, come Roberto Palombelli, titolare dell'azienda agricola “I Lori” che prosegue il lavoro cominciato dal padre contadino e che spera sarà proseguito dal maggiore dei tre figli, 17 anni, studente di agraria. Tra Aprilia, Sabaudia e Campo Soriano c' è un'altra famiglia che da un inizio durissimo, emigranti di ritorno dalla Tunisia, ha creato una florida struttura anche agrituristica e un ristorante di altissimo livello. Un successo portato avanti dalle 4 generazioni dei Pandolfo fino all'energica conduzione di Gabriele e del figlio Andrea, laureato in Economia alla Bocconi con una tesi sul vino, frutto di un tour tra 25 tra le migliori aziende vitivinicole italiane, da Angelo Gaja in Piemonte alla siciliana Planeta. Tra le 15 etichette prodotte l’Oppidum di grande complessità e freschezza, 100% Moscato di Terracina Doc, vitigno che prospera nell'argilla rossa di Campo Soriano insieme al Cesanese di Terracina, l’Aleatico e l’Abbuoto (o Cecubo). Si produce anche vino kasher, sotto stretto controllo rabbinico in vigna e in cantina.
Frosinone, la patria della denominazione del Cesanese del Piglio Docg
La provincia di Frosinone invece è la patria della denominazione del Cesanese del Piglio Docg, un vino rosso ottenuto da uve Cesanese comune e/o Cesanese di Affile, dotato di grande struttura e pienezza di corpo. Questa zona di produzione è caratterizzata da grandi vallate con terreni rossi particolarmente drenanti e clima ventilato, come accade nell’alta valle del Sacco in cui nascono i migliori Cesanese. Un altro storico vino è la Passerina del Frusinate IGT, le cui uve vengono coltivate in tutta la Ciociaria. Tra le aziende produttrici per l'impegno verso la qualità sono da segnalare, tra le altre, la Cominium, la Terenzi, la Cantina Sociale Cesanese del Piglio e l'Antica Tenuta Palumbo. La denominazione Doc Atina va dalla Val di Comuno alle alture che la circondano. Quattro le sue tipologie: Rosso, Rosso Riserva, Cabermet e Riserva Cabernet e un bianco, l'Atina Samillon.
Una sola denominazione per la provincia di Rieti
La provincia di Rieti con il suo clima continentale caratterizzato da umidità elevate e inverni rigidi vanta una sola denominazione: Colli della Sabina Doc, tra la provincia di Rieti e la provincia di Roma. Si ottengono sia rossi sia bianchi da Sangiovese e Violone per i rossi e Malvasia del Lazio, il Trebbiano Toscano e Trebbiano Giallo per i bianchi. A Castefranco di Rieti, nel cuore della Sabina, la Cantina Le Macchie può essere considerata una realtà produttiva d’eccellenza.
Tra le varietà locali il Cesanese nero dà ottimi risultati. Il vitigno un tempo era diffuso in tutta la provincia e la sua esistenza è documentata dal 1879 nell’annuario del Consorzio Agrario di Rieti. Un esemplare di 150 anni che continua a fornire cloni per i nuovi impianti di barbatelle.I vigneti si trovano tra i 610 e i 650 metri tra la conca reatina e il Monte Terminillo, che li proteggono dalle correnti fredde che arrivano dal Nord a Sud. Il terreno inoltre è ricco di minerali che danno ai vini freschezza e sapidità e la vicinanza del fiume Velino ne garantisce l’equilibrio idrico.
La produzione nella zona di Bolsena
Nella provincia di Viterbo, nota anche come Vulsinia o Tuscia, le principali zone di produzione si collocano nei pressi del Lago di Bolsena, di origine vulcanica. Vengono quindi per lo più coltivate varietà a bacca bianca come il Trebbiano Toscano (localmente noto come ‘’procanico’’), il Trebbiano Giallo (Roscetto), la Malvasia del Lazio ed il Grechetto. Per i rossi nella punta Nord del lago, intorno Gradoli, nasce la Doc Aleatico di Gradoli, in cui l’Aleatico incontra un territorio d’elezione. Altri vitigni rossi gettonati nella Tuscia Viterbese sono il Canaiolo, il Montepulciano (Violone), il Sangiovese e il Merlot.
Tra le tante aziende con produzioni di livello oltre Falesco, ci sono Muscari Tomajoli, Paolo e Noemia D'Amico, Tenuta La Pazzaglia, Pira, la Dama del Lago. Il successo di un Merlot, il Montiano di Falesco, di Renzo e Riccardo Cotarella, segna dal 1993 la potenzialità della Tuscia e altri la rafforzarono come il Marciliano, blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet France il Tellus, 100% Syrah. Il vino, come in tutte le altre regioni, si impone nella promozione del territorio anche per la sua diversità, anche tra vigneti contigui. Ma ora per imporre all'attenzione il brand Lazio si punta anche al dialogo costruttivo tra eccellenze vitivinicole e alimentari.
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Alberto Lupini