“Langhe (not) for sale”: futuro con (o senza) investitori esterni?

Al convegno di apertura di Grandi Langhe 2024 in scena il "sentiment" delle cantine langarole sulle attenzioni degli investitori del settore e finanziari, a caccia di nuove opportunità di acquisizioni nelle terre del vino

29 gennaio 2024 | 16:31
di Davide Bortone

«Non è possibile pensare a uno sviluppo e una crescita che non passi da un mantenimento dei valori distintivi e della qualità che hanno reso le Langhe, nel corso dei decenni, un'eccellenza». Così Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani durante il suo intervento al convegno “Changes” 2024 sul tema “Langhe (not) for sale”, in scena in mattinata alle OGR di Torino, in apertura di evento Grandi Langhe 2024.

«Se penso al domani - ha aggiunto Ascheri - immagino più che una crescita, in termini di produzione, un incremento della qualità, fatta dalle persone, dalle cantine e dai valori. Non è possibile fare paragoni con altri territori in termini di modello di sviluppo. Contano le persone, le loro tradizioni e le loro storie. È questo il patrimonio che dobbiamo passare alle future generazioni per poter garantire loro un domani di prosperità».

Gli investitori e la reazione delle cantine: questione generazionale

L'incontro è stato anche utile per sondare il “sentiment” delle cantine delle Langhe in merito alle attenzioni di investitori del settore e finanziari, sempre più alla ricerca di nuove opportunità di immissione di capitali e acquisizioni nelle terre del vino, in Italia come all'estero. Interessante il dato emerso sul diverso approccio generazionale al fenomeno. Presentati infatti i risultati dello studio condotto dal Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (Cerisvico) dell'Università Cattolica di Milano e Brescia, coordinata dalla professoressa Maura Pozzi e dal ricercatore Adriano Mauro Ellena.

Se i “Junior” - gli intervistati under 40 della survey - considerano gli investitori esterni «in un'ottica complessa e strutturata, non monolitica, ma differenziata rispetto alle varie tipologie (fondi di investimento, multinazionali, grandi gruppi, singoli investitori), portatori di progetti industriali e forti dotazioni di capitali», i “Senior”, al contrario, hanno una visione più univoca e si focalizzano sui «fini speculativi degli investimenti, mossi da pure logiche di tendenza e di finanza». Per entrambi i cluster si attivano «processi psicologici differenti a seconda che gli investitori appartengano, o meno, al settore vitivinicolo».

La posizione rispetto alla vendita dell'azienda dei “Junior” diverge da quella dei “Senior”. I primi la considerano «una questione comunitaria, che incide sul patrimonio identitario e valoriale del territorio e per questo va ponderata e valutata in un'ottica collettiva e di forte attaccamento alle radici delle Langhe». I secondi ne fanno, invece, «una questione aziendale perché in essa si identificano al punto tale da connettere la vendita dell'azienda alla vendita di parte di sé».

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Alberto Lupini


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