Da anni UniCeves e Ovse, fondati alla Università Cattolica di Piacenza nel 1991 con Mario Fregoni e altri docenti ed economisti, studiano e commentano mercati e consumi, distretti consortili, degustando vini per committenze. Nelle ultime settimane molte testate ed esperti nazionali indicano nella crisi economica generale la causa principale e primaria di cali nei consumi dei vini nell’anno 2022, soprattutto nei Paesi più importatori di vini italiani (Usa, Uk, Germania), ma anche nei primi Paesi produttori (Italia, Francia, Spagna, Australia, Cile, Argentina). Un malessere generale. Eppure l’export dell’agroalimentare italiano fa segnare un record, in percentuale il migliore fra tutti: 60 miliardi euro di valore di cui 7,9 di vino, 7,1 cereali lavorati, 5,6 di frutta e verdura.
Siamo convinti (numeri e cifre incrociati, testimonianze indagini, sondaggi, interviste) che il chiaro-scuro o i minori consumi di vino (ma non generalizzabili) non dipendano dalla situazione di crisi economica generale, soprattutto sul mercato e fra i consumatori nazionali. Lasciamo stare l’estero. La riduzione del consumo di vino (e di alcuni cibi o alimenti non quotidiani e non indispensabili) appare, andando oltre l'astrazione e l'estrapolazione di numeri statistici, determinato dal rapporto fra singoli e collettivi, fra ex modello di vita e cambiamento attuale a livello sociale e civile, instauratosi dopo la pandemia, con carenza di disponibilità di spesa, accentuazione delle diversificate e diffuse precarietà in molti ambienti di lavoro e non e da una maggiore forbice e difformità sociale, dettata anche da leggi che hanno indebolito o modificato equilibri, hanno eroso più che i depositi bancari la voglia di crescere e di crederci.
Negli ultimi tre anni sono avvenuti cambiamenti in tutte le fasce di età dei consumatori
È cambiato ciò che influenza l'intenzione di spesa
Abbiamo constato negli ultimi tre anni che, direttamente e indirettamente, sono avvenuti cambiamenti “mentali” in tutte le fasce di età, sia fra chi aveva anche piccole certezze sia tra chi non ne aveva nessuna. Questo sta contribuendo enormemente alla capacità, voglia e intenzione di spendere. Non c’è nessuna correlazione diretta con il più o il meno davanti al Pil. Oggi certe spese e certi mercati si attivano più per sensazioni, per passaparola, per imitazione, per comunione di intenti: saracinesche abbassate, strade deserte, cinema vuoti, capannelli isolati di giovanissimi per strada, servizi pubblici carenti, minore sicurezza, bassa empatia e sfiducia nel futuro incidono.
Le nuove esigenze dei clienti stanno contribuendo enormemente alla capacità, voglia e intenzione di spendere
Per questo che certi eventi, certe considerazioni allarmistiche, dichiarazioni per fare audience sui social da parte di personaggi Tv, indipendentemente se esperti o no, foto per attrarre follower e balletti su TikTok incidono molto di più, distraggono, e creano più miti eccessivamente negativi e positivi, piuttosto che non una guida di vini.
Mercato e consumi si sono evoluti negli ultimi anni
Il mercato e il consumo del vino sono fortemente cambiati negli ultimi tempi. Purtroppo pochi, soprattutto le piccole imprese ed enti, hanno intrapreso nuove strade. Il mercato non è più solo un incrocio di domanda e offerta, il consumo non segue il rapporto costi e servizi. E questo riguarda anche il pane, le moto, i viaggi. Anche le istituzioni pubbliche e private devono adeguarsi. Anche i consorzi di tutela urgono un restyling nelle rappresentanze, nell’indirizzo del territorio-distretto, nella difesa e nella scelta di una nuova vitivinicoltura climatico-ambientale. Il mercato e il consumo nei Paesi produttori “maturi” è sempre più appannaggio di un binario qualitativo-tipologico e di due linee di valore e identità. Nei Paesi neofiti, o semi tali, vive ancora un modello “aperto” di identità-tipologia e di valore-qualità, in cui il famoso rapporto qualità-prezzo (secondo me ottimo 50-60 anni fa, poi diventato negli ultimi 20 anni un boomerang e un autogol; sono due approcci economici diversi, pensateci) risolve molti contratti e assolve al compito di soddisfare esigenze di un mercato-consumo in divenire.
Anche i consorzi di tutela urgono oggi una revisione
Oggi senza un piano strategico privato-pubblico sul tema mercato-consumo del vino italiano in patria e all’estero (ma lo stesso bisogno vale per Spagna, Germania e Francia che ha già attivato cambi interessanti, anche per Argentina, Australia, Cile) il rischio è un continuo calo di consumi, un'ccentuata competizione fra vini di territorio e vini varietali, un sempre maggiore dualismo al consumo, un aumento del gap fra canali distributivi e un antagonismo dei termini, dei modi, dei luoghi e delle opinioni fra veri e pseudo esperti virtuali. A tutto questo aggiungiamo tre aspetti metodologici-produttivi di macro economia, in questo caso estremamente influenti, come la resilienza-resistenza alle fitopatie di varietà di Vitis Vinifera, gli abbandoni umani di territori vocati causa cambio clima e la carenza di personale che causa lavori precari, reddito e crollo dei servizi: ecco che il quadro in premessa prende una forma-sostanza che non è solo frutto di una crisi pandemica, bellica, inflazionistica e speculativa temporanea, ma necessita di affrontare l’intero “sistema di filiere agroalimentari” in modo strategico e non con interventi palliativi, rattoppi, battaglie antagoniste, arroccamenti di potere e di inutile rappresentatività sindacale e organizzativa.
Quali sono le necessità delle imprese del comparto del vino?
In sintesi, le imprese devono poter produrre in condizioni sempre migliori, a costi accessibili di capacità imprenditoriale e con una riduzione dei costi accessori fissi. Devono anche anticipare con scelte interne il mercato-consumi, avere sostegni mirati su territorio e soluzioni ai problemi tecnici-operativi e non contributi elargiti dalla Regione di turno, senza sapere cosa faccia questo ente o la zona viticola confinante, avere sostegni sulla corretta formazione e informazione ai comunicatori e consumatori e avere sostegni di indirizzi strategici. Per sostegni non intendo solo soldi, bastano quelli drenati da Ue e Stato, se ben impiegati in tempi prospettici e non brevi. Certo che inflazione, speculazione e alti costi incidono, ma se i vini rossi tranquilli in primis, anche alcune etichette di bianchi, non parliamo dei vini troppo amabili e dolci, stanno calando nei consumi, è perché c’è un cambiamento anche nei gusti in atto e nella domanda. Un trend che vedremo anche nel 2023 e anni seguenti. Qualche eccezione significativa viene da alcune nicchie di prodotto, come per esempio i vini passiti naturali (non liquorosi industriali a basso prezzo, 4 euro conto 25 a bottiglia), oppure quei vini che hanno un inscindibile unico autentico legame tipologia-metodo-denominazione-vitigno-valore-distretto. Ecco la “trend key”.
La ristorazione ha ripreso a ben performare
È il caso del Prosecco spumante e del Franciacorta, Barolo e Amarone, dello Zibibbo di Pantelleria o Brunello di Montalcino. Poi ci sono denominazioni, invece, come Chianti e Lambrusco, in fase riflessiva, percorsi favorevoli per Lugana e Friulano, ma anche scommesse del futuro come Barbera e Malvasia. Un patrimonio nazionale, fra vitigni e distretti autonomi e tipologici, fortunatamente diversificato. Ci sono identità forti sia nei prezzi premium sia nei low, e questo aumenterà ancor più negli anni futuri, a parità di alta qualità e di identità geografica. Sicuramente i vini più richiesti e gettonati, tenendo conto che le fasce principali di prezzo, sono due, quelle della Gd e quelle dell’Horeca, anche indipendentemente da altre sigle o bollini.
Il vino nella ristorazione ha ripreso a crescere nel 2022
La ristorazione ha ripreso a correre, ma sull’onda anche di un listino alla fonte e a valle in continua crescita, forse leggermente gonfiato. Nel 2022 nella Gdo francese il bio ha perso la funzione alternativa e di competitor con i vini naturali normali (non ha retto il prezzo medio di 6 euro di una bottiglia bio contro i 3,80 euro). Oggi l’e-commerce, con tutte le precauzioni del caso, è un raffronto pubblico, soprattutto per i portali con logistica autonoma. Un altro aspetto importante da tenere in considerazione come produttore e come operatore della mescita: il successo crescente del mercato dei vignaioli indipendenti.
Un anno ancora complesso da affrontare
Il 2023 si preannuncia ancora un anno difficile, specchio del passato recente, ma in un'ottica di almeno 10-15 anni. Partiamo dalle vigne e vitigni: più fondi e piani interregionali per dare alla Vitis Vinifera un futuro, salvando gusti, sapori e valori Docg-Doc, per le stesse cultivar resistenti, senza alterare il dna; un utilizzo anche scientifico e innovativo delle Igt di grandi territori, per rispondere al clima e per diversificare tipologie e valori con occhio al mercato; portare le vigne in zone svantaggiate e difficili nazionali. E poi i vini: serve diversificare tipologie, prezzi, formazione, istruzione e identità, in base a maturità, mercati e consumatore nazionale ed estero, etichette leggibili chiare e con meno panegirici e marchietti indecifrabili, impegno mirato delle misure e azioni pubbliche e promozioni collettive, concentrate insieme su un mercato per volta, in base alla domanda e non offerta.
La domanda del consumatore per il vino oggi è orientata, infedele, stagionalizzata e attenta
Banalità già dette? Forse, ma non messe in pratica da anni. In attesa che la parte pubblica e politica non perdano il treno e tentennino ancora per una nuova politica alimentare nazionale, da asset, integrata multilaterale e polifunzionale, che comprenda la revisione del modello “consorzi, tutela, filiera, certificazione”, che oggi ha costi importanti per le piccole aziende vitivinicole. Il mondo del commercio nazionale – cioè il riferimento per l’84% del consumatore finale fra Horeca, Gdo ed e-commerce – quali vini deve avere in cantina? Quale consumatore si presenta alla porta di un bar, pizzeria, ristorante commerciale, osteria e grande cucina? Sempre dai dati UniCeves, semplificando al massimo, abbiamo di fronte una domanda in calo, una domanda orientata, una domanda infedele, stagionalizzata e attenta e pronta a rinunciare. Ecco questa multilateralità sposa perfettamente anche la figura del consumatore di vini.
Quali sono le scelte che deve fare oggi un locale per avere successo?
Quindi, un locale deve avere una enoteca che unisca etichette locali e nazionali, la prossimità è molto richiesta, un prezzo accessibile per molti con tipologie diverse di gradazione contenuta e profumi, sia a Do e Ig, con evidente e chiaro il nome del vitigno se trattasi di origine non storica-tradizionale. Il mondo Horeca ha ripeso alla grande nel 2022, dopo il tracollo pandemico, e continuerà sia per pranzi tecnici di lavoro che di convivialità, ovviamente con un occhio di riguardo a fasce e menu, anche stagionali e in base alla location. Il mercato di vini nei locali di mescita e consumo diretto, soprattutto se si vuole che vi sia una spinta a ordinare, risponde a tutti i fattori che abbiamo evidenziato in premessa: una enoteca varia, ma che non metta a disagio il consumatore.
Un bar o ristorante oggi deve avere un'offerta che unisca etichette locali e nazionali
Allo stesso tempo deve essere ricca di informazioni sull’etichetta, offrire una scelta delle tipologie prodotte nel raggio di 150 km, avere una lista sempre con prezzi, un carnet diviso per geografia Docg e Doc, per tipologia di caratteristiche primarie, grandi e piccole cantine, avere qualche etichetta arcinota, sempre più Do e/o Ig con identità unica distinta, sottolineare i vitigni soprattutto se autoctoni e avere sempre qualche brand di moda, ma senza strafare e ricercare cose impossibili. Oggi e domani ci sarà meno destagionalizzazione, più attenzione a servizi e costi, necessità che l’operatore in sala conosca bene la lista dei vini per rispondere alle domande anche fuori luogo del commensale. Con attenzione anche gli aspetti salutistici, al titolo alcolico, all'annata della vendemmia anche dei vini bianchi, al soddisfare esigenze di un non classico abbinamento: tutto ciò forma un target di elementi necessari per costruire un'enoteca al passo con la domanda che non sia da guinness dei primati, ma domestica e differenziata che invogli a bere, ma con misura e con attenzione, come un buon gestore di locale deve sempre fare.