La guerra tra Russia e Ucraina colpisce il vino italiano: a rischio 400 milioni
Nel 2021 l'export vinicolo italiano ha fatto registrare +18% in Russia ma non solo. In Ucraina è in crescita costante, +200% in cinque anni. Così il conflitto rischia di abbattersi duramente sul settore
L’invasione russa ai danni dell’Ucraina sta generando effetti pesanti sulle imprese agroalimentari italiane. Non ci sono solo i gravi problemi di approvvigionamento legati ai cereali o ai semi oleosi (girasole in primis), ma anche sul fronte dell’export si registrano impatti che finiscono con il colpire alcuni settori trainanti il made in Italy, come il vino. L’Italia rappresenta il primo fornitore di vino in Russia e Ucraina: nel 2021, gli acquisti di vino italiano da parte di questi due paesi è stato di circa 400 milioni di euro, quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese.
Russia e Ucraina comprano il vino italiano
Nel 2021 la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% rispetto all’anno precedente), facendo del nostro Paese il suo primo fornitore. Più ridotti ma fortemente in crescita (+200% negli ultimi cinque anni) gli acquisti dall’Ucraina: 56 milioni di euro, per un valore aggregato di circa 400 milioni di euro.
Per Francia e Spagna, gli altri top exporter che vendono vino a questi due mercati, il “danno emergente” derivante dal conflitto è più ridotto: 217 milioni di euro per i francesi, 146 milioni per gli spagnoli, vale a dire rispettivamente il 2% e 5% dell’export totale di vino.
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Asti Spumante, a rischio un quarto dell'export
«Al di là degli impatti aggregati, i danni più consistenti legati a questa tragica guerra sono riconducibili ad alcune denominazioni e categorie di vini italiani. Nel caso dell’Asti Spumante parliamo della potenziale perdita di un quarto del proprio export, così come del 20% delle vendite oltre frontiera di spumanti generici italiani o del 13% di vini frizzanti», dichiara Denis Pantini, responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.
È infatti risaputo come i consumatori russi e dell’est Europa prediligano vini frizzanti e spumanti dolci e con prezzi competitivi. Un gradimento che finisce inevitabilmente per colpire i produttori specializzati in queste tipologie, Italia in primis.
«Andando a vedere gli impatti sulle altre denominazioni o tipologie di vini francesi e spagnoli non si riscontrano infatti analogie simili a quelle italiane: Cava spagnolo, Cremant francesi o spumanti generici di entrambi i paesi vendono in questi due mercati meno del 2% del relativo export di categoria e lo stesso si evince per i vini fermi Dop come Bordeaux, Borgogna, Rioja dove l’incidenza è inferiore all’1%», conclude Pantini.
L'effetto della guerra sui vini fermi Dop
Anche per i vini fermi Dop italiani, Russia e Ucraina presentano fortunatamente incidenze marginali sulle relative esportazioni. Quelle più alte si riscontrano per i vini fermi siciliani Dop (8%) e per i vini bianchi Dop veneti (4%). Nel caso del Prosecco, prima denominazione italiana esportata nel mondo, il peso di Russia e Ucraina per le relative esportazioni è inferiore al 5%, anche se va detto che negli ultimi tre anni (in piena pandemia) le vendite della nostra più famosa “bollicina” in questi due mercati erano raddoppiate.
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Alberto Lupini
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