Guerra del Montepulciano: Cordisco nel registro dei sinonimi

Il provvedimento del ministero dell'Agricoltura va nella direzione indicata dal consorzio vini d'Abruzzo, presieduto da Alessandro Nicodemi. Ma le Marche non ci stanno. Michele Bernetti (IMT): «Non cambia nulla»

15 dicembre 2023 | 13:21
di Davide Bortone

La "Guerra del Montepulciano" continua a tenere banco in Italia. Il ministero dell'Agricoltura ha infatti accolto la richiesta di reintroduzione del sinonimo Cordisco nel Registro nazionale della vite. Il decreto sembra supportare la rivendicazione del consorzio tutela vini d'Abruzzo di potere usare il termine "Montepulciano" solo per i vini prodotti all'interno della regione. Vietandolo, invece, a regioni come le Marche, dove il vitigno è molto coltivato storicamente e in cui tuttora sono presenti circa 2.200 ettari. Secondo l'ente abruzzese, l'utilizzo del sinonimo Cordisco in etichetta, così come su tutto il materiale pubblicitario e di marketing delle cantine, consentirà ai produttori di altre regioni di «indicare comunque correttamente i vini ottenuti da quest'uva», senza riferimenti al vitigno simbolo dell’Abruzzo. Ma la decisione non accontenta tutti, dal momento che nessun consumatore italiano o straniero conosce il termine Cordisco, le cui origini risalgono al Medioevo e si sono ormai perse nel linguaggio comune.

 

Montepulciano: le origini del sinonimo "Cordisco"

Come evidenziano noti produttori marchigiani come Velenosi, per il quale il Montepulciano rappresenta senza dubbio l’uva più importante, «in virtù del suo fedele, inequivocabile aggancio al territorio e alle tradizioni più radicate», la scoperta che Montepulciano e Sangiovese fossero due distinti vitigni risale a studi ampelografici del 1853. Solo in quell'anno le due uve furono considerate diverse. Da allora "Primaticcio" iniziò a indicare il Sangiovese (l’uva di origine toscana matura ben "prima") e "Cordisco" il Montepulciano.

Ed è proprio questo sinonimo a cui si appellano oggi i produttori abruzzesi e il ministero dell’Agricoltura. Il presidente del consorzio vini d'Abruzzo, Alessandro Nicodemi, è soddisfatto e al contempo molto duro nei confronti dei vicini delle Marche (e non solo): «Applicando il sinonimo, gli altri territori potranno ottemperare al nuovo Decreto sull’Etichettatura e al principio della corretta informazione, evitando illeciti utilizzi e usurpazione delle Dop in etichetta o nella pubblicità dei vini, che a nostro avviso ha il solo risultato di confondere il consumatore finale».

Il termine Cordisco come sinonimo di Montepulciano, in passato presente nel Registro Nazionale della Vite, sarebbe «scomparso nella trascrizione dal registro cartaceo a quello informatizzato», alla fine degli anni Ottanta. Si avvia dunque a tornare a poter essere utilizzato nella designazione di vini a base Montepulciano, come già accade per il Calabrese e il suo sinonimo Nero d'Avola, in altre due regioni del Sud Italia come Calabria e Sicilia.

Le Marche non ci stanno. E l'Abruzzo fa rete

«Stiamo approfondendo i dettagli del decreto - commenta Michele Bernetti, presidente dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, IMT - che ci ha un po' colto di sorpresa. Di fatto cambia poco, dal momento che i vitigni italiani hanno centinaia di sinonimi presenti nel Registro nazionale, ma l’opportunità di utilizzarli è a discrezione dei produttori. Siamo certi che il nuovo Testo Unico confermerà che ai consumatori vadano date informazioni veritiere e chiare e, tra queste, c'è anche quello del nome dell'uva con cui un vino viene prodotto. Il sinonimo Cordisco è antico e in disuso, risale a centinaia di anni fa e, per questo, non lo consideriamo una soluzione utile per i consumatori». Il decreto del ministero dell’Agricoltura è tuttavia un primo successo del consorzio guidato da Alessandro Nicodemi, che nel frattempo sta lavorando per compattare tutte le compagini vitivinicole regionali.

Nelle scorse settimane, infatti, il consorzio tutela vini Colline Teramane - responsabile della produzione e promozione dell’unica Docg regionale prodotta con uve Montepulciano - è stato inglobato all'interno del consorzio Tutela Vini d’Abruzzo. «Crediamo fermamente che questa sia la direzione giusta - spiega l’ex numero uno dell'ente delle Colline Teramane, Enrico Cerulli Irelli - e si dimostrerà lungimirante. Con oltre 600 mila bottiglie prodotte, un incremento del 50% negli ultimi due anni e 172 ettari di vigneto, il nostro Montepulciano d'Abruzzo si è fatto interprete di un terroir unico, incastonato tra il Mare Adriatico e le maestose montagne del Gran Sasso e dei Monti della Laga».

«Unirsi al consorzio Tutela Vini d’Abruzzo - continua il patron di Tenuta Cerulli Spinozzi - significa credere nella collaborazione tra i diversi attori della produzione vitivinicola abruzzese, ciò che in un passato non troppo lontano sarebbe stato inimmaginabile. Una mossa che testimonia l'unità e la visione condivisa tra i produttori della regione». Una produzione relativamente "di nicchia" che andrà a sommarsi a quella,  ben più cospicua, del Montepulciano d’Abruzzo Doc, che con i suoi oltre 100 milioni di bottiglie è tra i vini più amati venduti nei supermercati italiani e tra le denominazioni italiane più riconosciute all'estero.

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Alberto Lupini


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