Lo Chardonnay è un vitigno che non tradisce mai. Si adatta a diversi tipi di terreno e climi ed è una varietà particolarmente costante sia nelle rese che nella qualità. Ed è proprio questa sua grande capacità di adattamento che lo ha reso il vitigno più diffuso nel mondo: dal Cile alla Nuova Zelanda, dagli Usa all’Europa, lo Chardonnay si coltiva con successo praticamente ovunque (si stimano oltre 160 milioni di ettari), regalando un’incredibile varietà di componenti aromatiche e di sapori nel bicchiere che sono espressione dei diversi terroir.
Originario della Borgogna, da dove provengono gli Chardonnay più pregiati e famosi, in Italia è stato a lungo confuso con il Pinot Bianco, e solo dal 1978 è iscritto al “Registro nazionale delle varietà di vite”. Il primo ad ottenere la Doc è stato l’Alto Adige Chardonnay nel 1984; da allora si è gradualmente diffuso su gran parte del territorio nazionale. Oggi si producono ottimi vini a base di Chardonnay in tutto il Nord Italia, soprattutto in Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta e Piemonte. Ma anche nel centro-sud ci sono alcune espressioni particolarmente interessanti: penso, per esempio, alla Sicilia che, negli anni ’90, grazie alla lungimiranza dell’azienda Planeta, ha lanciato nel mondo Chardonnay siciliani di grande pregio favorendo la diffusione del vitigno in tutta l’isola.

Italia 4ª al mondo per superficie coltivata a Chardonnay
In Italia sono circa
20mila gli ettari coltivati a Chardonnay, una superficie di poco inferiore a quella occupata da un altro vitigno internazionale molto diffuso nel nostro Paese, il Merlot, che copre circa 24mila ettari. Con questi numeri,
l’Italia risulta essere quarta al mondo, subito dopo l’Australia (21mila ettari), gli Usa (43mila ettari) e la Francia che, con 50mila ettari, guida la classifica (
dati: rapporto Oiv 2017).
Un vitigno estremamente versatile
Lo Chardonnay è un vitigno precoce che può soffrire le gelate primaverili. Inoltre, la compattezza dei suoi grappoli, nelle annate più umide, lo rende soggetto agli attacchi della muffa grigia. È un’uva che si presta bene anche alla raccolta meccanica, oltre che manuale, con dei risultati più che soddisfacenti.
L’estrema versatilità dello Chardonnay risiede nelle sue svariate possibilità d’impiego: è, infatti, alla base dei più grandi
Champagne e dei migliori
spumanti al mondo, compresi gli italiani
Trento Doc, Franciacorta Docg e Alta Langa Docg, ma anche di ottimi
vini fermi che, se vinificati correttamente e con la giusta acidità, si prestano ad affinamenti in bottiglia decennali.
Il tratto caratteristico degli spumanti a base di Chardonnay è un’acidità elevata e quel profumo di mela non matura che spesso prevale. Nei vini fermi, invece, dove l’acidità è comunque importante, lo spettro dei profumi e dei sapori è ancora più ampio e spazia dai sentori di fiori bianchi alla frutta matura, come la mela gialla, fino alla frutta esotica (soprattutto negli Chardonnay coltivati nelle aree più calde) a cui si possono aggiungere sentori di crosta di pane, pasticceria e brioche alla crema, nel caso di affinamento in legno.
Valle dei Laghi, zona molto vocata tra Trento e il Lago di Garda
La lista dei grandi vini italiani a base di Chardonnay è lunga e attraversa tutto lo Stivale. Uno dei terroir dove questo vitigno si esprime al meglio è, senza dubbio, il Trentino-Alto Adige. In particolare, tra Trento e il Lago di Garda c’è una zona molto vocata: è la
Valle dei Laghi, situata ai piedi delle Dolomiti, che grazie ai suoi terreni alluvionali e alle forti escursioni termiche consente di ottenere Chardonnay di grande qualità. A rendere fresco e ventilato il microclima è il soffio incessante e leggero dell’Ora del Garda, la brezza più famosa dell’alto Garda che spira da sud prima del tramonto contribuendo ad una perfetta maturazione dell’uva.
Un esempio di Chardonnay in purezza che esprime tutte le peculiarità di questo terroir è il
Foll Chardonnay Trentino Doc Bio di Cantina Toblino. Un vino intensamente profumato, fragrante e fruttato con ricordi di mela golden matura, fiori bianchi e con una leggera nota minerale (sulfurea). Un vino di struttura, rotondo, ricco, che sviluppa sentori delicati di agrumi e pasticceria. Tutto questo amplificato da un affinamento sui lieviti fini in acciaio e in barili di rovere.
Chardonnay in Valle d’Aosta, viticoltura in un territorio estremo
Un altro Chardonnay di montagna che ha delle peculiarità straordinarie è quello dell’azienda valdostana
Rosset Terroir che è riuscita a praticare la viticoltura in un territorio estremo. Ci troviamo, infatti, alle pendici delle Alpi, e qui la vite si coltiva nei terreni di origine glaciale, poveri di argilla, che beneficiano delle correnti fredde notturne provenienti dalla catena del Monte Bianco. Quella di Rosset Terroir è una produzione di grande qualità di cui fa parte lo
Chardonnay 770 (dove per 770 si intende l’altitudine dei vigneti sul livello del mare): un vino, con una spiccata sapidità e verticalità, dai profumi persistenti ed equilibrati che al naso rivelano note floreali e agrumate di buccia d’arancia e zagara.
Lo Chardonnay è uno di quei vitigni che, anche quando le produzioni raggiungono numeri consistenti, permette di ottenere vini gradevoli. Se invece si sceglie di mantenere basse le rese, allora è possibile ottenere
vini di grandissima caratura. Spesso si tratta di bianchi capaci di invecchiare bene, proprio come i migliori rossi, acquisendo nel tempo
complessità, rotondità e morbidezza. Insomma degli autentici tesori da custodire gelosamente in cantina.