Nel panorama vitivinicolo italiano, la Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), guidata dal presidente Lorenzo Cesconi, rappresenta una realtà in forte crescita. Con quasi 1.700 soci, un numero in costante aumento del 10% ogni anno, riunisce piccoli produttori che, con una media di 10 ettari di vigneto ciascuno, si distinguono per la loro dedizione all'artigianalità e alla cura meticolosa in ogni fase della produzione.
La loro passione si traduce in vini unici, espressione genuina del territorio e della cultura locale, e l'attenzione alla qualità e alla sostenibilità è un elemento imprescindibile della loro filosofia: produzione a ciclo chiuso, rispetto per l'ambiente e valorizzazione delle biodiversità viticola sono i principi cardine che guidano il loro operato.
Le caratteristiche dei vini dei vignaioli indipendenti
In un mercato in continua evoluzione, i vini dei vignaioli indipendenti, poi, si distinguono per la loro unicità e capacità di rispondere alle nuove esigenze dei consumatori. Mentre alcuni vini vedono un calo nella grande distribuzione, quelli artigianali continuano a riscuotere grande successo.
Inoltre, per i vignaioli indipendenti il vino rappresenta ben più di una semplice bevanda: è tradizione, cultura e identità. Un patrimonio da tutelare e valorizzare attraverso un consumo consapevole e responsabile, basato sui principi della moderazione. E questo significa anche dire no alla dealcolazione dei vini, nel rispetto della produzione naturale.
L'intervista al presidente di Fivi, Lorenzo Cesconi
In occasione del Vinitaly, abbiamo approfittato per fare due chiacchiere proprio con il presidente Cesconi proprio su tutte queste tematiche. Ecco, di seguito, le sue parole: «Noi di Fivi rappresentiamo sul mercato un sistema identiario di ogni singola denominazione. Siamo produttori a carattere artigianale, di piccole dimensioni e molto fedeli al territorio. Trasformiamo solo le uve prodotte in azienda seguendo un circolo di verticalità. La nostra fedeltà al territorio è indiscutibile e portiamo un discreto successo alle denominazioni dove lavoriamo».
La tipicità è la vostra arma segreta per avere spazi di mercto, perché è quello che la gente cerca...
«Assolutamente sì. C'è un rinnovato interesse per le produzioni artigianali proprio perché offrono una tipicità specifica di ogni singolo territorio. Ogni vigneto ha le sue caratteristiche: la biodiversità è il nostro punto di forza».
Come si traduce questa biodiversità? Non c'è una linea comune, quello che conta alle fine è il territorio che rappresentate e non la metodologia...
«Fivi, per scelta, non entra mai nel metodo che ogni vignaiolo utilizza per produrre i propri vini. Ognuno è libero di fare le proprie scelte, ciò che è importante è mantenere la filosofia del vignaiolo indipendente ossia mantenere la fedeltà al territorio».
E sulla tendenza dei vini "leggeri", quelli low alcol, cosa ne pensate?
«È una fortuna che ci sia questa "moda" perché lascia spazio a numerose varietà tipiche italiane che altrimenti non reggerebbero il confronto con quelle internazionali. Sono vini che hanno il proprio valore intrinseco, sono nati per accompagnati il cibo, come da cultura italiana. Non riteniamo, però, che ricorrere alla dealcolazione dei vini sia una soluzione salutistica».
La Fivi in breve
Nata nel 2008, la Federazione italiana vignaioli indipendenti conta oggi quasi 1.700 soci e ha lo scopo di tutelare il mestiere del vignaiolo, rappresentandolo di fronte alle istituzioni e promuovendone la specificità. La Fivi dialoga con il ministero dell'Agricoltura e con le Regioni partecipando ai tavoli di comparto, nonché con le istituzioni comunitarie a Bruxelles tramite la Cevi - Confederazione europea dei vignaioli indipendenti, in cui confluiscono le associazioni di tutti i principali paesi europei produttori di vino. Partecipa alle politiche di sviluppo rurale a scala locale, nazionale ed europea. Propone misure economiche e norme legislative nell'interesse dei vignaioli e del sistema vitivinicolo italiano.
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Alberto Lupini
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