Castello di Fonterutoli, ecco il Concerto 2020. Nasce da una “vendemmia perfetta”

La famiglia Mazzei produce vino da 24 generazioni e con questa etichetta, nata per caso, trascina tutta la propria produzione. Una storia che parte da lontano e che ogni anno piace sempre di più

18 novembre 2022 | 05:00
di Mariella Morosi

Entra in commercio in queste settimane, come da tradizione, il "Concerto" del Castello di Fonterutoli della vendemmia 2020. Un rosso rubino intenso, elegante blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon, che si esprime in note di sottobosco e frutti neri, con finale di liquirizia e un retrogusto potente ma fine. A renderlo speciale è anche la sua storia: dal 1981 è stato prima precursore e poi uno dei primi Super Tuscan che hanno innovato lo stile e l’immagine dell’enologia toscana nel mondo, perpetuando il progetto di viticoltura dal potenziale inespresso, che sperimentava forme di allevamento e nuovi uvaggi con varietà non autoctone.

Filippo e Francesco Mazzei, rispettivamente presidente e vicepresidente dell'azienda del Chianti Classico attiva dal 1435 attraverso 24 generazioni, sono andati a presentare questo iconico vino a Roma, al ristorante "Per me" di Giulio Terrinoni, con un menu abbinato anche a Concerto 2018 e 2019 e ad altre etichette Chianti Classico Docg Gran Selezione, il top della denominazione: Vicoregio 36, il Castello Fonterutoli e Badiòla, tutte del 2019. «Quell'anno - ha detto Francesco Mazzei - abbiamo avuto una vendemia perfetta e ne valutiamo i suoi vini eccezionali grazie alle condizioni climatiche buone che hanno permesso di intervenire il minimo necessario». 

La storia di un brand affermato

L'azienda appartiene all'Historical Super Tuscans che riunisce le aziende produttrici nel Chianti Classico prima del 1994, quando fu creata la denominazione Igt per vini di eccellenza e almeno un Super Tuscan riconosciuto come tale dal mercato e dalla critica, un particolare anglosassone, che ne ha coniò l’appellativo. A ispirare la scelta di 40 anni fa fu un'impostazione concettuale ispirata a quella dei vigneron francesi che sui cru e sui village hanno costruito il prestigio dei loro vini. Solo così, con una viticoltura "estrema", fuori dai canoni, un brand può davvero legarsi alla terra e alle sue differenze trasferendone al calice le specificità organolettiche, e ancora più preziose se diverse. 

L'azienda di Fonterutoli, borgo di Castellina in Chianti, ha 110 ettari vitati su un'area complessiva di 650 ed è frazionata in sette zone: Fonterutoli, Siepi, Belvedere, Badiola, Vicoregio, Cornia e Gaggiolo. All'interno di queste aree si trovano 114 parcelle ricche di scheletro tanto che le etichette furono definite "vini dei sassi". Solo di Sangiovese sono stati identificati 36 tipi che forniscono espressioni diverse: un potenziale qualitativo con profumi ed eleganza in alcune zone, con struttura e potenza in altre. Una frammentarietà che esige operazioni separate, inclusa la vendemmia. Filippo e Francesco Mazzei, hanno raccontato come all'inizio, la creazione del Concerto fu un esperimento destinato a restare tra le mura della cantina: solo 15 barriques, custodite per 18 mesi e non senza qualche perplessità.

E poi, al primo assaggio, la scoperta di un equilibrio sorprendente, quasi un accordo di strumenti sinfonici tra il Cabenet Sauvignon e il Sangiovese con note in perfetta sintonia. Fu la Marchesa Carla Mazzei a darle il nome e un' identità destinata a restare. Prevale nel blend all'80% il Sangiovese invecchiato 18 mesi in tonneaux di rovere francese mentre il Cabernet Sauvignon, al 20%, matura in barrique. Le uve vengono raccolte a Castellina in Chianti nei vigneti Scassi e Brotine, due tra le 114 parcelle, ognuna con un proprio distinto terroir, a 340-350 metri su terreni arricchiti dal disfacimento di rocce. 

Ottimi auspici quindi per questa annata 2020 del Concerto, prodotta in 35mila bottiglie che come le migliori che l’hanno preceduta, premiate con punteggi altissimi dal Gotha della critica, andranno nelle cantine degli appassionati. Si tratta anche di uno dei pochi vini italiani distribuito attraverso la Place di Bordeaux accanto ai grandi bordolesi e alla selezione dei migliori vini al mondo.  

Riconoscimenti che si intrecciano con la storia

Molti i riconoscimenti ricevuti da quest'azienda nel cuore storico del Chianti per la qualità di una produzione che valorizza i vitigni autoctoni, espressione dell’identità di un territorio, nel rispetto della diversità e della natura, con un’agricoltura sostenibile e attenzione al delicato equilibrio idrogeologico e alla prevenzione dell'erosione dei suoli.

Una passione che si rinnova di generazione in generazione e che negli ultimi 600 anni si è incrociata con la storia. Un antenato, Ser Lapo Mazzei, è l'autore nel dicembre 1398 del primo documento sottoscritto con Francesco Datini, mercante pratese, in cui appare la denominazione "Chianti" e, nel 1435, quando la nipote Madonna Smeralda Mazzei sposa Piero di Agnolo da Fonterutoli, la tenuta diventa patrimonio di famiglia. Un altro Mazzei entra poi nella storia: Philip, nato nel Granducato di Toscana nel 1730, che impiantò in Virginia, negli Stati Uniti, un vigneto per l’amico Thomas Jefferson, poi futuro presidente americano. Sarebbe stato lui - come scrisse John F. Kennedy, nel suo libro A Nation of Immigrants, a ispirare Jefferson l'idea che "Tutti gli uomini sono per natura egualmente liberi e indipendenti". La famiglia gli ha dedicato un'etichetta, "Philiph" Igt, Cabernet Sauvignon in purezza.

La degustazione in abbinata

Questo il menu pensato dallo chef Terrinoni per la degustazione dei vini Mazzei: piccoli assaggi di benvenuto dello chef, tra cui una croccante Tagliatella cruda di scorzonera su funghi e crema di fagioli, Cappellaccio di faraona, patate e pecorino affumicato, Quaglia arrosto con sedano rapa e caffè, Dolce di tutto cioccolato e coccole finali. Anche i tre vini Chianti Classico degustati, tutti della vendemmia 2019 e Gran Selezione, sono frutto di una importante ricerca, a cominciare dal Vicoregio 36 del vigneto-laboratorio di Castelnuovo Berardenga, massima espressione della biodiversità del Sangiovese con 36 biotipi diversi di cui 18 selezioni massali da vecchie vigne. Insieme un cru, un blend e un monovarietale.

Il secondo vino degustato, il Castello Fonterutoli rappresenta l'essenza della tenuta e precursore dal 1995 della Gran Selezione che introdurrà nel disciplinare di produzione del Chianti Classico la denominazione Uga (Unità geografiche aggiuntive), in questo caso Castellina in Chianti.  Passa 18 mesi in barriques e la sua produzione media è di 100mila bottiglie. Infine il Badiòla, che nasce dalle vigne di Radda in Chianti dominate dall'omonima pieve romanica del X secolo, a 570 metri di altitudine, da vigneti che sono tra i più alti del Chianti Classico. Sono tre espressioni diverse di Chianti Classico, che non nascono da lavorazioni differenti ma con la  valorizzazione delle singole caratteristiche dei terroir.

Un'offerta oltre il vino

Se il Castello di Fonterutoli è il cuore dell'azienda, i Mazzei possiedono la tenuta Belguardo in Maremma, sulle colline tra Grosseto e Montiano. Acquisita nel 1997 copre 70 ettari di cui circa la metà destinata a vigneti specializzati con un progetto di reimpianti con scelte varietali e clonali.  

Terza tenuta in Sicilia sud orientale: Zisola, acquisita nel 2003, 50 ettari vitati nella terra del Nero d'Avola. Nella conduzione delle tre aziendale sono impegnati anche il figlio di Filippo, Giovanni (export director) e all’altro nipote Lapo (retail & direct business director).

Agnese Mazzei invece, sorella di Filippo e Francesco è architetto ed ha firmato la cantina di Fonterutoli che fa parte del progetto Toscana Wine Architecture: il circuito di 14 cantine d’autore e di design, firmate dai grandi maestri dell’architettura contemporanea. Un progetto innovativo che la rivista specializzata inglese "Decanter" ha definito il “Tempio del Sangiovese. Si trova a tre profondità, a basso impatto ambientale e coniuga l'aspetto estetico alla funzionalità. La divisione degli spazi permette di valorizzare ogni singola parcella con una vinificazione e una maturazione in legno separata, traducendo la diversità in ampiezza di aromi e complessità.  

La zona di vinificazione, al primo piano interrato, è dotata di 74 vasche da 100 hl a forma tronco-conica che accolgono per caduta dal piano superiore le uve. A fine vinificazione il vino è poi trasferito sempre per caduta al sottostante piano ipogeo nella grande e suggestiva barriccaia che accoglie oltre 3mila barriques, alle quali umidità e temperatura sono garantite in modo naturale. 

Fonterutoli, premiato dal  concorso internazionale “Best od Wine Tourism” 2009 con la medaglia d’oro, offre ai suoi ospiti, la possibilità di soggiornare grazie alle sue 16 tra camere e suites dislocate all’interno di 5 abitazioni del borgo, una sorta di albergo diffuso. C'è anche un ristorante di tradizione, l’Osteria di Fonterutoli che propone solo piatti preparati con ingredienti locali, freschi e di stagione, con un occhio di riguardo alla selvaggina che vive in azienda allo stato del tutto naturale. C'è anche una sala interna in stile country chic con rivisitazioni in chiave moderna e una terrazza esterna in mezzo agli ulivi e ai vigneti con vista su Siena faranno da sfondo a un’autentica esperienza toscana, anche grazie ai vari tour organizzati e ai corsi di cucina con ricette ispirate al vino e alla vendemmia.  

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Alberto Lupini


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