Bellanova: No al Primitivo siciliano Ma le uve possono essere coltivate
La ministra delle Politiche agricole è intervenuta a difesa delle denominazioni di origine, dopo il timore tutto pugliese per un’iniziativa della Regione Sicilia, che ha dato il via libera alla coltivazione
02 maggio 2020 | 18:00
Un Primitivo Doc coltivato in Sicilia? Il via libera della Regione autonoma siciliana alla coltivazione di questa varietà su tutto il territorio isolano, ha creato un certo (comprensibile) allarme in Puglia, che del Primitivo è la “patria”. Sulla qustione è intervenuta la ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, che ha sgombrato il campo da possibili equivoci e interpretazioni: «Mai consentirò che una bottiglia di vino siciliano Dop o Igp possa chiamarsi “Primitivo” – ha detto – esattamente come solo le op Igp Siciliane possono utilizzare il nome del vitigno “Nero d’Avola”, e questo nonostante quel vitigno possa essere coltivato in altre regioni che lo hanno inserito nell’elenco delle varietà raccomandate e autorizzate».
La legislazione Europea e i corrispondenti Decreti nazionali proteggono i riferimenti territoriali, le cosiddette indicazioni geografiche, ma non creano la protezione giuridica delle varietà né impediscono che quelle uve possano essere coltivate anche altrove. Da qui il distinguo della ministra: «Purtroppo questa è un’epoca in cui nessuno più studia o semplicemente si documenta ed è ben triste una politica che cavalca qualsiasi cosa pur di guadagnare un po’ di visibilità, ingenerando confusione e peraltro legittimando aspettative di tutti i generi – ha aggiunto Bellanova – Eppure anche sul sito del Ministero è possibile reperire tutte le indicazioni necessarie proprio sulle Indicazioni geografiche che rappresentano una eccellenza indiscussa della nostra filiera alimentare e il legame inscindibile tra territori e eccellenze produttive, soprattutto nel caso del vini e delle oltre 500 cultivar che fanno del nostro Paese un unicuum».
«In Sicilia, come in altre regioni italiane – ha detto ancora la ministra - non si può impedire, dopo necessaria sperimentazione, l’impianto di viti Primitivo ma i vini DOP e IGP ottenuti non potranno mai essere etichettati con l’indicazione in etichetta del nome del vitigno “Primitivo”. Nel DM del 13 agosto 2012 è infatti indicato senza equivoci come quella varietà “Primitivo” possa essere solo usata nell’etichetta di vini DOP o IGP della Puglia e delle regioni: Basilicata, Campania, Abruzzo, Umbria, Lazio e Sardegna».
Pertanto nulla vieta che anche la Sicilia, dopo adeguata sperimentazione, lo classifichi prima in osservazione e poi lo dichiari eventualmente idoneo alla coltivazione. «Resta il fatto – ha concluso la Bellanova – che la coltivazione del vitigno Primitivo non consente in aree diverse dalle DOP e IGP indicate nel DM 13 agosto 2012, l’uso del termine varietale sulla bottiglia di Primitivo. Una accortezza maggiore sarebbe consigliata anche in questo caso perché non si ingenerino allarmi ingiustificati e conflitti tra Regioni, soprattutto del Mezzogiorno che, anzi, dovrebbero e potrebbero fare della qualità e della valorizzazione delle loro eccellenze una battaglia comune e una strategia di posizionamento globale».
Teresa Bellanova
La legislazione Europea e i corrispondenti Decreti nazionali proteggono i riferimenti territoriali, le cosiddette indicazioni geografiche, ma non creano la protezione giuridica delle varietà né impediscono che quelle uve possano essere coltivate anche altrove. Da qui il distinguo della ministra: «Purtroppo questa è un’epoca in cui nessuno più studia o semplicemente si documenta ed è ben triste una politica che cavalca qualsiasi cosa pur di guadagnare un po’ di visibilità, ingenerando confusione e peraltro legittimando aspettative di tutti i generi – ha aggiunto Bellanova – Eppure anche sul sito del Ministero è possibile reperire tutte le indicazioni necessarie proprio sulle Indicazioni geografiche che rappresentano una eccellenza indiscussa della nostra filiera alimentare e il legame inscindibile tra territori e eccellenze produttive, soprattutto nel caso del vini e delle oltre 500 cultivar che fanno del nostro Paese un unicuum».
«In Sicilia, come in altre regioni italiane – ha detto ancora la ministra - non si può impedire, dopo necessaria sperimentazione, l’impianto di viti Primitivo ma i vini DOP e IGP ottenuti non potranno mai essere etichettati con l’indicazione in etichetta del nome del vitigno “Primitivo”. Nel DM del 13 agosto 2012 è infatti indicato senza equivoci come quella varietà “Primitivo” possa essere solo usata nell’etichetta di vini DOP o IGP della Puglia e delle regioni: Basilicata, Campania, Abruzzo, Umbria, Lazio e Sardegna».
Pertanto nulla vieta che anche la Sicilia, dopo adeguata sperimentazione, lo classifichi prima in osservazione e poi lo dichiari eventualmente idoneo alla coltivazione. «Resta il fatto – ha concluso la Bellanova – che la coltivazione del vitigno Primitivo non consente in aree diverse dalle DOP e IGP indicate nel DM 13 agosto 2012, l’uso del termine varietale sulla bottiglia di Primitivo. Una accortezza maggiore sarebbe consigliata anche in questo caso perché non si ingenerino allarmi ingiustificati e conflitti tra Regioni, soprattutto del Mezzogiorno che, anzi, dovrebbero e potrebbero fare della qualità e della valorizzazione delle loro eccellenze una battaglia comune e una strategia di posizionamento globale».
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