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Vino italiano in rosso? Analisi del possibile “crash del sistema”

Il mercato del vino italiano nell’ultimo anno è fermo ad un -0,4% e benché la vendemmia 2023 sia stata la più scarsa dal 1961, il mercato ha visto un eccesso di oltre 19 milioni di ettolitri di vino invendutiA questo quadro contribuiscono i cambiamenti dei consumi, il climate- change, l’inflazione e le guerre

18 maggio 2024 | 08:30
Vino italiano [in rosso]? Analisi del possibile “crash del sistema”
Vino italiano [in rosso]? Analisi del possibile “crash del sistema”

Vino italiano in rosso? Analisi del possibile “crash del sistema”

Il mercato del vino italiano nell’ultimo anno è fermo ad un -0,4% e benché la vendemmia 2023 sia stata la più scarsa dal 1961, il mercato ha visto un eccesso di oltre 19 milioni di ettolitri di vino invendutiA questo quadro contribuiscono i cambiamenti dei consumi, il climate- change, l’inflazione e le guerre

18 maggio 2024 | 08:30
 

Con questo articolo parte il nuovo progetto editoriale di Italia e Tavola e 5-Hats intitolato “Face to Wine”. Il format è basato sui confronti tra vari player italiani ed internazionali del mondo vino con la volontà di affrontare spinosi temi commerciali per identificare le più corrette strategie business da applicare nei mercati mondiali. In questo primo numero il focus centrale è il possibile “crash del sistema” in quanto Vinitaly ha chiuso il trittico delle più importanti fiere al mondo del vino come Parigi, Düsseldorf e Verona e ci sono tutti gli elementi per avere un quadro completo.

Vino italiano: siamo al crash del sistema?

Partiamo da un dato certo: il mercato del vino italiano nell’ultimo anno è fermo ad un -0,4% grazie ad un gennaio 2024 particolarmente fruttifero, altrimenti sarebbe stato un -1% secco nei volumi dove le defezioni provengono proprio dai mercati internazionali più maturi. Se allarghiamo la visione a livello mondiale, con un -2,6% sui consumi registriamo per il 2023 il terzo anno consecutivo di numeri in calo che si traducono in un -6% nei volumi delle esportazioni tra nazioni. A questo aggiungiamo che, benché la vendemmia 2023 sia stata la più scarsa dal 1961, il mercato ha visto un eccesso di oltre 19 milioni di ettolitri di vino invenduti.

Vino italiano, i fattori che potrebbero portare al crash del sistema

A questo quadro ben complesso contribuiscono i cambiamenti dei consumi, il climate-change, l’inflazione (anche per i prodotti europei), il valore dell’euro, la perdita del potere d’acquisto, le guerre e possiamo aggiungere la distanza “culturale” sempre più profonda tra chi vende e chi acquista.

Vino italiano [in rosso]? Analisi del possibile “crash del sistema”

Vino italiano, sono diversi i fattori che potrebbero portare al crash del sistema

Non è facile districarsi in un ginepraio di questa dimensione e non è reale pensare a ricette mirabolanti da applicare in modo sparso e confuso. L’obiettivo, se mai, è capire meglio ciò che ha prodotto tutto questo e identificare le aree di svolta che come in ogni crisi esistono, anche se sono ben nascoste. Resta evidente che è un intero sistema, o almeno parte di esso, che deve rimodulare i processi di vendita e applicare nuovi modelli operativi, iniziando proprio dal confronto con i vari player.

Vino italiano, si è consapevoli del possibile crash del sistema?

Per avere una visione più profonda del sentimento dei produttori diversi attori del comparto raccontano esperienze, impressioni e previsioni.

Crash del vino italiano? Scanù: «Ragionare fuori dagli schemi, ma con i piedi per terra»

Il primo è Antonio Scanù, direttore commerciale di Tenuta Cesaroni, azienda produttrice marchigiana

Scanù, come state vivendo questo periodo storico?
«Ti rispondo con un piccolo slogan mantra che mi frulla in testa da alcuni mesi : “ All’erta sto…. pensando, inventando, programmando”. Questo è un po' il senso di come stiamo vivendo gli ultimi mesi ed è quello che sto cercando di trasmettere ai miei collaboratori ed alla proprietà della cantina. Stare sempre all’erta, un punto fondamentale; perdere il contatto con la realtà e con quello che il panorama nazionale ed internazionale ha da offrirci sarebbe un peccato originale che non possiamo permetterci soprattutto in questi momenti di contrazione o meglio di crash del sistema, quindi occhio attento e proiettato ad ogni possibile opportunità. Sento molti colleghi e collaboratori dire affranti: “c’è la crisi, dobbiamo tener botta”, potrò sembrare un visionario ma le mie risposte sono “c’è la crisi, dobbiamo osare ed investire” e“ tu cosa fai per combattere questa crisi ?” non è un luogo comune dire che dietro ogni criticità si nasconde un’ opportunità ed io per la mia azienda ho l’obbligo di pensare ed inventare nuovi scenari, partner e nuove strategie commerciali, anche inusuali o considerate improponibili ed immaginifiche fino a pochi anni\mesi fa ed a supporto interviene poi la programmazione che aiuta a mettere il tutto “a terra” ed a rendere concreto tutto quello che abbiamo pensato ed elaborato. Credo fortemente che il ragionare fuori dagli schemi convenzionali possa portare a risultati inaspettati e sorprendenti».  

Cosa ti aspetti quando vedi entrare un importatore presso il tuo stand in fiera?
«Nel mondo dei desideri mi aspetto: pronti partenza e via e che mi ordini 3 bancali di vino che ha già venduto ed è pronto a fare il riordino…..(ride di gusto n.d.r.) ma qui siamo nel campo dei sogni e delle speranze a dir il vero poco vane se si lavora con progettualità e con metodo. Più realisticamente mi approccio alla visita di un importatore con questa filosofia “Expect the unexpected and you will never be surprised”. Prima cosa conoscersi, cercare di capire in cosa, con cosa e per cosa posso io produttore essere utile all’importatore, come possiamo fare team insieme per arrivare allo scopo comune: vendere noi azienda e far vendere a loro importatori… i magazzini pieni non servono a nessuno. Poi certo il business si fa in due ma io sarò certo di non potermi recriminare niente».

Credi che ci siano valori ancora inespressi da parte del produttore italiano quando va all’estero?
«Considerando che siamo qui amabilmente a parlare di vino posso iniziare con un “j’accuse” rivolto a noi produttori per rispondere a questa domanda? Per anni abbiamo considerato il mercato estero come mero territorio di conquista ci siamo approcciati ai mercati esteri come novelli colonizzatori, dove l’interesse fondamentale era quello di inviare container su container con una quotazione meno “dolorosa” possibile nei paesi stranieri senza poi occuparci di quello che accade ai nostri importatori, anche questo ha contribuito a mandare il crash il sistema saturando il mercato di prodotto. Abbiamo tantissimi valori inespressi o parzialmente espressi, raccontiamo poco e male le nostre storie delle nostre cantine e dei nostri vini, viaggiamo poco per essere di supporto ai nostri partner commerciali e soprattutto investiamo poco per creare dei progetti organici e funzionali con i nostri partner. Lancio una provocazione se quando andiamo all’estero provassimo a vendere molto più la nostra persona, la nostra storia la nostra cantina ed il nostro modo di fare il vino siamo così sicuri di non ottenere risultati migliori? Io credo che potrebbe essere un approccio più lungo in termini temporali ma totalmente fidelizzante e che sul lungo termine darà sicuramente molti più risultati che esulano sicuramente dalla mera questione del price par bottle».

Crash del vino italiano? Gennari e il mercato inglese

Lorenzo Gennari, imprenditore del Wine Bar 89 Socialondon, offre una piena visione del mercato del Regno Unito

Quali feedback sta fornendo il consumatore inglese?
«Negli ultimi anni abbiamo visto cambiare il taste dei consumatori del Regno Unito. Piano piano è stato avviato un grande incremento dell'apprezzamento ai vini non convenzionali e autoctoni, mentre per le grandi uve internazionali e le piccole denominazioni ciò che attira l’attenzione sono produttori del nuovo millennio quelli che hanno un approccio più naturale e più rispettosi del Green, il mercato inglese è affamato di questi nuovi metodi».

Quali sono le tue aspettative quando incontri un produttore?
«Quando mi trovo in un azienda o alle varie fiere in giro per l'Europa mi aspetto sempre di relazionarmi con persone speciali, un po' "grulle" come diciamo a Firenze, che conoscono molto bene il loro territorio, e hanno un'idea precisa e dettagliata di quello che vogliono mettere in bottiglia, offrendomi la sensazione di tornare a scuola e avere un interlocutore del territorio in quanto considero il lavoro con la natura una missione per ogni produttore di vino, che lo renda specifico, personale e romantico».

 Vino italiano [in rosso]? Analisi del possibile “crash del sistema”

Antonio Scanù e Lorenzo Gennari

Quali aspetti del mercato Uk non sono ancora stati ben compresi da noi Italiani? E quali potenzialità non sono ancora state “sfruttate”?
«Secondo il mio punto di vista, da Italiano che vive a Londra da 15 anni, il mercato inglese forse non ha ancora capito la produzione Italiana, dalle piccole alle grandi aziende siamo un paese ancora poco conosciuto nel mondo vino. Grazie al prosecco gli inglesi hanno iniziato ad apprezzarci, nello stesso momento però l'Inghilterra è molto legata al mercato dei vini francesi, perché è aiutato e promosso anche dalle istituzioni. Dovremmo prendere più spunti noi italiani, sia da un punto di vista produttivo fino alla distribuzione, alla promozione, per finire con la logistica».

Crash del vino italiano?  Luongo: «Rimodulare complessivamente la domanda»

Infine Tommaso Luongo, presidente Ais Campania, fa il punto sul momento che vive il comparto.

Il mondo vino italiano è un’istituzione mondiale molto radicata, ma si è accorto di ciò che sta accadendo o preferisce non vedere per non perdere l’equilibrio raggiunto con fatica?
«Arrivano dal mondo del vino italiano segnali discordanti, da una parte c’è tanta consapevolezza della situazione attuale, politica ed economica, con una riflessione profonda anche sugli strumenti da attivare per contrastare il potenziale crash del sistema vino; dall’altra c’è ancora una diffusa tendenza nel continuare a far suonare “l’orchestra del Titanic” come se nulla fosse, disperdendo fondi, energie e risorse che potrebbero essere meglio utilizzate. Un mercato in profonda trasformazione in cui climat change, generale rallentamento degli scambi del vino e segni di flessione dell’export ci pongono di fronte a quesiti di fondamentale, se non epocale, importanza: è ora di pensare, con convinzione, a una rimodulazione complessiva della domanda e a scrivere, tutti assieme, una nuova gerarchia dei terroir del vino italiano in modo da essere più dinamici e competitivi».

Come vive il mondo vino questo momento?   
«Sicuramente ho un osservatorio privilegiato: entrare in contatto con centinaia di aspiranti sommelier in via di formazione mi consente di toccare con mano aspettative e sensibilità di chi si approccia a questo mondo, e mi mette nella condizione di vivere e confrontarmi sul nascere con tendenze e prospettive, e fare valutazioni più ponderate provando a immaginare tutti i possibili scenari futuri. Le interazioni con produttori e operatori di questo settore consentono poi di allargare ulteriormente il campo visivo, per un’analisi più completa e strutturata».

Vino italiano [in rosso]? Analisi del possibile “crash del sistema”

Tommaso Luongo, presidente Ais Campania

Credi che i vari player di questo ex dorato mondo siano pronti a cogliere un cambiamento o cercheranno ancora di utilizzare gli stessi modelli di pensiero che hanno portato a questo “stallo”?
«È questa la sfida che deve essere raccolta, in Campania e in Italia: la vincerà chi riuscirà, con più velocità, a cogliere il cambiamento che è già in mezzo a noi; per difendere rendite di posizione si potrà continuare a utilizzare modelli di pensiero “tradizionali”, ma servirebbe soltanto a galleggiare nel breve periodo. Il futuro sarà invece di chi saprà investire adottando modalità sempre più innovative di business. Il prototipo del consumatore del vino sta cambiando, anzi è già cambiato, con un drastico innalzamento dell’età anagrafica. Le nuove generazioni sembrano più attratte da birre e spirits, per motivi culturali e generazionali. Se poi ci mettiamo anche la demonizzazione del consumo del vino, confuso con l’alcol tout court, ecco che diventa tutto più difficile. Impresa, istituzioni, media e associazioni devono invece far rete per rafforzare l’identità del vino, che è cultura, socialità e convivialità. La tutela del valore economico della filiera collegata a questo mondo passa necessariamente attraverso coerenti strategie di comunicazione, promozione e valorizzazione».

Visioni diverse che formano un prisma di vedute e che ci permettono di cogliere prima di tutto le distanze dell’universo vino. Volendo scegliere una parola da isolare è proprio "distanza”.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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